La Corte di Giustizia UE con nella sentenza inerente la causa C-715/20 emessa il 20 febbraio 2024 si è soffermata sul potere dei giudici nazionali di disapplicare le norme interne in contrasto con il diritto unionale. In particolare sulle direttive.
Nella sentenza in commento i giudici unionali ricordano, dal paragrafo 68, che “… Per quanto riguarda la questione se il giudice nazionale sia tenuto, nell’ambito di una controversia tra privati, a disapplicare una disposizione nazionale contraria alla clausola 4 dell’accordo quadro, occorre ricordare che, quando i giudici nazionali sono chiamati a dirimere una controversia simile, nella quale la normativa nazionale interessata risulti contraria al diritto dell’Unione, tali giudici devono assicurare ai singoli la tutela giurisdizionale derivante dalle disposizioni del diritto dell’Unione e garantirne la piena efficacia (sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 37, e giurisprudenza ivi citata).
69 Più precisamente, la Corte ha ripetutamente affermato che un giudice nazionale, cui venga sottoposta una controversia intercorrente esclusivamente tra privati, deve, quando applica le norme del diritto interno adottate ai fini della trasposizione degli obblighi previsti da una direttiva, prendere in considerazione l’insieme delle norme di tale diritto nazionale ed interpretarle, per quanto possibile, alla luce del testo e della finalità di tale direttiva per giungere a una soluzione conforme all’obiettivo perseguito da quest’ultima (sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
[…]
72 Qualora non sia possibile procedere a un’interpretazione di una disposizione nazionale che sia conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, il principio del primato di quest’ultimo esige che il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di tale diritto, disapplichi qualsiasi disposizione del diritto nazionale contraria alle disposizioni del diritto dell’Unione aventi effetto diretto.
73 Tuttavia, risulta da una giurisprudenza costante che una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti dinanzi a un giudice nazionale. Infatti, a norma dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, il carattere vincolante di una direttiva, sul quale si fonda la possibilità di invocarla, sussiste solo nei confronti dello «Stato membro cui è rivolta», e che l’Unione ha il potere di sancire, in modo generale e astratto, con effetto immediato, obblighi a carico dei singoli solo ove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti. Pertanto, anche se chiara, precisa e incondizionata, una disposizione di una direttiva non consente al giudice nazionale di disapplicare una disposizione del suo diritto interno ad essa contraria se, in tal modo, venisse imposto un obbligo aggiuntivo a un singolo (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punti da 65 a 67, nonché del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
74 Ne consegue che un giudice nazionale non è tenuto, sulla sola base del diritto dell’Unione, a disapplicare una disposizione del suo diritto interno contraria a una disposizione del diritto dell’Unione, qualora quest’ultima disposizione sia priva di efficacia diretta, ferma restando tuttavia la possibilità, per tale giudice, nonché per qualsiasi autorità amministrativa nazionale competente, di disapplicare, sulla base di tale diritto interno, qualsiasi disposizione di quest’ultimo contraria a una disposizione del diritto dell’Unione priva di tale efficacia (v. sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 33).
75 È vero che la Corte ha riconosciuto l’effetto diretto della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, dichiarando che, sotto il profilo del suo contenuto, tale disposizione appare incondizionata e sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo dinanzi a un giudice nazionale nei confronti dello Stato in senso ampio (v., in tal senso, sentenze del 15 aprile 2008, Impact, C‑268/06, EU:C:2008:223, punto 68, e del 12 dicembre 2013, Carratù, C‑361/12, EU:C:2013:830, punto 28; v. anche sentenza del 10 ottobre 2017, Farrell, C‑413/15, EU:C:2017:745, punti da 33 a 35 e giurisprudenza ivi citata). …”
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