AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 79 del 18 gennaio 2023
Residenza all’estero – Convenzioni contro le doppie imposizioni – Applicazione delle c.d. ”tie breaker rules”
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il Signor X (di seguito anche l’Istante o il Contribuente) dichiara di essere iscritto all’AIRE e di essere attualmente residente in Francia.
L’Istante ritiene che nell’anno ___ risultava residente in Italia, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 2 del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR del 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR), e dell’articolo 4, paragrafo 2, del Modello OCSE di Convenzione per evitare le doppie imposizioni sui redditi, avendo mantenuto il proprio centro degli interessi vitali (rappresentato da un rapporto di coniugio e dalla residenza in Italia dei figli) nel nostro Paese.
In tale annualità il Contribuente ha svolto un’attività lavorativa a tempo indeterminato nel Regno Unito il cui reddito è stato dichiarato sia nel suddetto Stato che in Italia.
Il Signor X segnala, inoltre, che, relativamente al proprio matrimonio, il tribunale di Alfa ha pronunciato il _________ sentenza di divorzio già passata in giudicato ma non ancora annotata, causa emergenza Covid, nei registri dello stato civile. Ciò posto, l’Istante chiede alla scrivente di pronunciarsi in merito alla residenza dello stesso Contribuente nel nostro Paese nel periodo di riferimento e sul conseguente obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia relativamente a tale annualità.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che la data in cui l’Italia cessa di essere il centro dei suoi interessi vitali coincida con quella in cui è stata pronunciata la sentenza di divorzio.
Il legame personale del contribuente risulta, infatti, cessato da tale data, non rilevando la mancata annotazione della sentenza causata dall’emergenza Covid. Secondo l’Istante, poiché dall’inizio del periodo d’imposta di riferimento alla data della sentenza di divorzio non sono trascorsi più di 183 giorni, lo stesso non potrà essere considerato fiscalmente residente in Italia nell’anno di riferimento e non sarà, pertanto, tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi nel nostro Paese relativamente a tale annualità.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Si rileva preliminarmente che il riscontro sulla residenza fiscale del Contribuente non può essere operato in questa sede, richiedendo la verifica di elementi fattuali che esulano dall’istituto dell’interpello ordinario, la cui funzione consulenziale ne limita l’ambito ai soli casi in cui ricorra un’incertezza interpretativa attinente alla norma tributaria (c.d. ”interpello ordinario puro”), ovvero alla qualificazione giuridico-tributaria della fattispecie (c.d. ”interpello ordinario qualificatorio”).
Infatti, come affermato più volte nei documenti di prassi, sono escluse dall’area dell’interpello tutte quelle ipotesi che, coerentemente alla natura, alle finalità dell’istituto ed alle regole istruttorie di lavorazione delle istanze, sono caratterizzate da una spiccata ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dalla stessa amministrazione finanziaria solo in sede di accertamento, come le questioni involgenti problemi collegati alla residenza delle persone fisiche (Cfr. circolare 1° aprile 2016 n.9/E, e risoluzione 3 dicembre 2008, n. 471/E). Il medesimo principio è stato, peraltro, affermato dalla giurisprudenza di legittimità che, nel sostenere la cedevolezza del requisito formalistico dell’iscrizione anagrafica rispetto all’approccio sostanziale previsto nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, presuppone sempre l’accertamento di situazioni di fatto (Cfr. Cassazione Civile n. 26638 del 10 novembre 2017 e n. 20285 del 23 maggio 2013). Si comunica, pertanto, che, in base alle predette considerazioni, resta in capo al competente Ufficio finanziario l’ordinario potere di verifica e di accertamento della effettiva residenza fiscale dell’Istante.
Tanto premesso, si forniscono alcune indicazioni di carattere interpretativo utili ad inquadrare normativamente la fattispecie rappresentata dal Contribuente. Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del TUIR, si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta, cioè per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Le condizioni sopra indicate sono tra loro alternative e la sussistenza anche di una sola di esse per la maggior parte del periodo d’imposta è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Tanto chiarito sotto il profilo della normativa italiana, occorre, tuttavia, considerare le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall’Italia con gli Stati esteri. Il principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è pacificamente riconosciuto nell’ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del D.P.R. n. 600 del 1973, oltre ad essere stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.
Nel caso in esame si deve far riferimento alla Convenzione tra l’Italia e la Francia per evitare le doppie imposizioni, ratificata con legge del 7 gennaio 1992, n. 20 (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale), il cui articolo 4 stabilisce, al paragrafo 2, le cosiddette tie breaker rules per dirimere eventuali conflitti di residenza tra gli Stati contraenti. Dette regole fanno prevalere il criterio dell’abitazione permanente cui seguono, in ordine gerarchico, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità.
Pertanto, qualora la medesima persona fisica risulti fiscalmente residente, in base alle rispettive normative interne, in ciascuno degli Stati contraenti (nel caso di specie sia in Italia, sia in Francia), il conflitto che potrebbe generare la doppia imposizione è risolto dalle tie breaker rules radicando la residenza fiscale, in primo luogo, nello Stato in cui si trova l’abitazione permanente.
Qualora la stessa persona disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati contraenti, il conflitto è risolto dando prevalenza allo Stato in cui si trova il centro degli interessi vitali, ossia il luogo in cui sono intrattenute le relazioni personali ed economiche e così di seguito con l’applicazione degli altri criteri contenuti nel citato articolo 4, paragrafo 2, della Convenzione. Si ribadisce, tuttavia, che, per le ragioni sopra esposte, i riscontri, sia sulla sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 2, comma 2, del TUIR che sull’eventuale applicazione delle tie breaker rules di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del suddetto Trattato internazionale non possono essere operati in questa sede, richiedendo la verifica di elementi fattuali che esulano dall’istituto dell’interpello ordinario.
Ad ogni modo, come sopra evidenziato, il ricorso ai criteri delle tie breaker rules presuppone un conflitto tra le normative interne dei due Stati contraenti la Convenzione sulla residenza del Contribuente. In altri termini, nell’ipotesi in cui, nella fattispecie in esame, il competente Ufficio finanziario italiano dovesse ritenere il Signor X fiscalmente residente nel nostro Paese nel periodo di riferimento, in quanto sussiste almeno una delle condizioni previste dall’articolo 2, comma 2, del TUIR, per la maggior parte del periodo d’imposta, si potrà accertare la residenza del Contribuente in base ai citati criteri recati dalla Convenzione solo nell’ipotesi in cui anche le competenti Autorità tributarie estere dovessero ritenere l’Istante fiscalmente residente in Francia nel medesimo anno, ai sensi della vigente normativa interna di tale Stato.
In tal caso, qualora in sede di accertamento fosse contestata all’Istante la residenza fiscale in Italia, la stessa dovrebbe essere appurata non solo in virtù delle condizioni previste dall’articolo 2, comma 2, del TUIR ma anche sulla base dei criteri stabiliti nell’articolo 4, paragrafo 2, del suddetto Trattato internazionale, valorizzando i fatti e le circostanze specifiche (come, ad esempio, la disponibilità di un’abitazione permanente, l’assenza di familiari in Italia, le sue relazioni personali ed economiche).
Ciò posto, per quel che concerne il quesito sollevato dall’Istante, si fa presente che la sentenza di divorzio, pronunciata il _____, potrà costituire uno degli elementi (ma non certo l’unico) in base ai quali il competente Ufficio finanziario italiano potrà valutare l’esistenza di un eventuale domicilio (inteso, ai sensi dell’articolo 43 del codice civile, come il luogo in cui l’Istante ha stabilito la sede principale dei suoi affari o interessi) o, eventualmente, del centro degli interessi vitali del Contribuente, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della citata Convenzione tra l’Italia e la Francia.
Si evidenzia, infine, che, qualora l’Istante sia in grado di dimostrare di non essere residente in Italia nell’anno di riferimento in base alle disposizioni contenute nell’articolo 2, comma 2, del TUIR, o in virtù delle c.d. tie breaker rules, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della vigente Convenzione Italia Francia, gli eventuali redditi di fonte estera relativi al periodo di riferimento non verrebbero assoggettati ad imposizione nel nostro Paese nei limiti previsti dal combinato disposto degli articoli 3, comma 1 (il quale prevede che ”l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato”), e 23 del TUIR, nonché dalle disposizioni contenute nelle vigenti Convenzioni per evitare le doppie imposizioni.
In particolare, nell’ipotesi in cui il Signor X dovesse risultare residente in Francia per la maggior parte del periodo d’imposta in esame, gli eventuali redditi percepiti a fronte di un’attività lavorativa a tempo indeterminato svolta all’estero nell’anno di riferimento non saranno assoggettati ad imposizione in Italia e, quindi, non dovranno essere indicati nella dichiarazione dei redditi relativa a tale annualità.
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