AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 21 aprile 2021, n. 279
Trattamento fiscale relativo alla correzione di errori contabili e corretta determinazione della base imponibile ai fini ACE
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Società – avente come oggetto principale quello della gestione di farmacie – è stata costituita il 27 novembre 2002 per conferimento di azienda da parte dell’Amministrazione Comunale.
In sede di costituzione, “venne iscritto alla voce Avviamento l’importo risultante dalla perizia di conferimento ai sensi dell’articolo 2343 c.c.”.
Tale importo è stato ammortizzato – sia civilisticamente che fiscalmente – in quote costanti per un periodo di quaranta anni, ossia lungo la durata della concessione pubblica di gestione delle farmacie comunali conferita dall’Amministrazione comunale.
Nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2018 era iscritto un importo pari a 25/40 dell’importo iniziale, ossia pari alla quota residua sulla base del piano di ammortamento inizialmente prefissato.
Al riguardo, l’istante evidenzia che “in merito all’avviamento, si è addivenuti alla conclusione che la scelta assunta in passato di ammortizzare l’avviamento sulla base della durata della concessione pubblica di gestione delle farmacie comunali non fosse corretta alla luce dei principi contabili di riferimento. Non risulta, infatti, giustificabile una ripartizione per 40 anni di tale voce di attivo, sia in base ai principi contabili pregressi che in base a quelli attualmente vigenti”.
La Società intende, pertanto, rettificare contabilmente l’avviamento operando una correzione di un errore contabile rilevante, commesso sin dalla prima rilevazione dell’ammortamento sull’avviamento iscritto in sede di conferimento.
Avendo riserve di patrimonio netto capienti, la Società intende utilizzarle per controbilanciare contabilmente la svalutazione dell’avviamento, in misura tale da ricondurne l’importo alla (eventuale) residua vita utile, stimata secondo le indicazioni del principio contabile OIC 24. A livello comparativo verranno rideterminati anche i valori dell’esercizio precedente (2018) e verrà data informativa in Nota integrativa, in conformità al principio contabile OIC 29.
Ciò premesso, la Società chiede chiarimenti in merito agli “effetti fiscali di questa svalutazione” operata nel bilancio riferito all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In via preliminare, l’istante evidenzia che la svalutazione “che si intende operare sull’avviamento” deve essere considerata “una operazione fiscalmente irrilevante per l’esercizio in chiusura”.
In particolare, la Società ritiene che:
– ai fini IRES, a partire dall’esercizio (2019) in cui è operata la svalutazione contabile, possano essere dedotte quote di ammortamento più alte rispetto a quelle imputate al conto economico (che potrebbero essere nulle qualora la svalutazione del valore residuo fosse integrale), effettuando delle variazioni in diminuzione nella dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 109, comma 4, lett. a), del TUIR. Per l’istante, le predette variazioni in diminuzione devono essere determinate nella misura massima pari alla differenza tra la quota di ammortamento fiscale calcolata ai sensi dell’articolo 103 del TUIR (pari a 1/18 dell’importo originario dell’avviamento iscritto) e la quota di ammortamento imputata a conto economico, sino all’integrale assorbimento del residuo costo fiscale non ancora ammortizzato;
– ai fini IRAP, la svalutazione non dedotta va riassorbita in maniera analoga, deducendo in dichiarazione la differenza tra la quota di ammortamento fiscale calcolata secondo la previsione dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 446 del 1997 (pari a 1/18 dell’importo originario dell’avviamento iscritto) e la quota di ammortamento imputata a conto economico.
Di conseguenza, ai fini IRAP, anche l’ammortamento complessivo deducibile è pari ad una quota dedotta per derivazione (in quanto imputata al conto economico) e una quota dedotta attraverso una variazione in diminuzione nella dichiarazione IRAP.
Ai fini della disciplina ACE, infine, la Società evidenzia che “occorre definire come considerare eventuali riserve rilevanti formatesi nel patrimonio netto dal 2011 (ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 201 del 2011), che venissero eliminate a seguito della correzione dell’errore contabile, sia ai fini della base di calcolo dell’incremento patrimoniale rilevante per l’agevolazione, sia ai fini dell’applicazione del limite di patrimonio netto di cui all’articolo 11 del D.M. del 3 agosto 2017”.
Sul punto, l’istante evidenzia due possibili soluzioni finalizzate, rispettivamente, alla “integrale irrilevanza della riduzione patrimoniale effettuata per entrambe le grandezze richiamate” ovvero alla “integrale rilevanza della riduzione patrimoniale, senza in questo caso penalizzare il calcolo futuro”.
La Società “propende per la seconda soluzione: l’ACE verrebbe calcolata dal 2019 penalizzando il patrimonio netto (e l’incremento patrimoniale intervenuto negli anni) della riduzione delle riserve necessaria a correggere l’errore contabile, salvo poi considerare integralmente come incrementi i maggiori utili derivanti dal minor ammortamento (al limite nullo) stanziato per effetto della svalutazione dell’avviamento”.
Parere dell’Agenzia delle entrate
In via preliminare, si fa presente che la risposta al presente interpello è fornita nel presupposto che la Società abbia correttamente applicato i principi contabili nell’operazione oggetto dell’interpello in esame.
Ciò premesso, la Società evidenzia di dover effettuare nell’esercizio 2019 una correzione di errore contabile, poiché l’originario piano di ammortamento dell’avviamento – in quote costanti per un periodo di quaranta anni – non risulta giustificabile sia in base ai principi contabili pregressi che in base a quelli attualmente vigenti.
Sulla base di tale presupposto, non sindacabile dalla scrivente in sede di risposta all’interpello in esame, si evidenzia che da un punto di vista fiscale – come precisato, tra l’altro, nella circolare n. 31/E del 2013 – il principio di competenza risulta, in linea di principio, inderogabile, in quanto risponde all’esigenza di non lasciare il contribuente arbitro dell’imputazione, in un periodo di imposta o in un altro, degli elementi reddituali positivi e negativi.
Nello stesso documento di prassi è stato chiarito che la correzione di un errore contabile comporta per il contribuente la necessità di operare – in sede di dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta in cui registra la correzione dell’errore – una variazione in aumento per sterilizzare sul piano fiscale il componente transitato al conto economico, ovvero astenersi dall’operare una variazione in diminuzione per far concorrere alla determinazione del reddito d’esercizio il predetto componente se imputato al patrimonio netto.
Posta l’impossibilità di dare rilievo fiscale ai componenti negativi, attraverso la cui rilevazione si esplica la correzione degli errori contabili (nel rispetto dei relativi principi contabili), nell’anno in cui sono stati rilevati, la deduzione potrà essere recuperata nel corretto periodo di competenza. Periodo per il quale, con riferimento ai componenti negativi, può ritenersi rispettato il principio di previa imputazione al conto economico disposto dal comma 4, dell’articolo 109 del TUIR, per effetto della rilevazione del componente negativo afferente alla rettifica dell’errore contabile commesso.
In definitiva, la rilevazione dell’errore contabile effettuata dalla Società determina fiscalmente:
1) l’irrilevanza della correzione dell’errore effettuata nell’esercizio 2019 con la svalutazione dell’avviamento;
2) la necessità di dedurre l’ammortamento dell’avviamento nei corretti periodi d’imposta.
In particolare, con riferimento al punto 2), la Società avrebbe dovuto dedurre quote di ammortamento fiscali parametrate alla corretta quota contabile di imputazione a conto economico.
Per i soggetti che redigono il bilancio secondo i criteri del codice civile, infatti, l’articolo 103 del TUIR prevede, nella versione attualmente in vigore, un criterio di deducibilità fiscale delle quote di ammortamento del valore di avviamento – ossia “in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso” – applicabile nei limiti della quota imputata a conto economico.
Considerando che nel caso in esame l’imputazione a conto economico è avvenuta, secondo la rappresentazione dell’istante, per quote di ammortamento più basse rispetto a quelle ritenute ex post corrette dalla Società, anche le quote fiscali sono state dedotte per un importo più basso rispetto a quelle deducibili sulla base di una corretta applicazione del principio di competenza fiscale.
A tal fine la società potrà presentare dichiarazioni integrative ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del DPR n. 322 del 1998 – non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 – secondo la disciplina ordinariamente prevista per rettificare i precedenti periodi d’imposta emendabili, al fine di recuperare la maggiore quota di deduzione fiscale calcolata tenendo presente della corretta imputazione a conto economico.
Resta inteso che per i periodi d’imposta non più emendabili, tale maggiore quota di ammortamento non potrà essere recuperata, considerato che la corretta imputazione nel periodo di competenza rappresenta, come sopra evidenziato, un principio inderogabile, finalizzato ad evitare che il contribuente possa essere arbitro dell’imputazione, in un periodo di imposta o in un altro, degli elementi reddituali positivi e negativi.
A seguito della correzione dell’errore contabile, il residuo valore fiscale – pari al valore originario, decurtato delle quote dedotte e di quelle non più deducibili perché riferite a periodi d’imposta non più emendabili – corrisponderà al valore contabile e potrà essere dedotto secondo il regime ordinario previsto nel predetto articolo 103, comma 3 del TUIR.
Le medesime considerazioni sono applicabili anche ai fini della disciplina IRAP, considerato che la svalutazione operata nel bilancio relativo all’esercizio 2019 non assume rilevanza fiscale, poiché non ricompresa tra i componenti rilevanti nella determinazione della base imponibile (cfr. articolo 5 del decreto legislativo n. 446 del 1997).
A seguito della correzione dell’errore contabile, il residuo valore fiscale – pari al valore originario, decurtato delle quote dedotte e di quelle non più deducibili perché riferite a periodi d’imposta non più emendabili – corrisponderà al valore contabile e potrà essere dedotto secondo il regime ordinario previsto nell’articolo 5, comma 3 del decreto legislativo n. 446 del 1997.
Per quanto concerne la disciplina in materia di ACE, occorre evidenziare che nella Relazione illustrativa del DM 3 agosto 2017 è precisato che “per quanto concerne gli effetti sull’utile derivanti dalla rilevazione degli errori contabili c.d. rilevanti, la determinazione della base Ace è da operare mediante l’utilizzo degli istituti che consentono l’emendabilità della dichiarazione originariamente presentata, con conseguente irrilevanza delle poste di correzione iscritte nello stato patrimoniale o nel conto economico”.
Sulla base di tale precisazione, la Società dovrà rideterminare la base ACE dei periodi precedenti secondo le ordinarie modalità previste per la presentazione della dichiarazione integrativa, tenendo conto della corretta base imponibile.
Ai fini del calcolo del limite del patrimonio netto, si evidenzia, invece, che l’articolo 11 del decreto 3 agosto 2017 stabilisce che “in ciascun esercizio la variazione in aumento non può comunque eccedere il patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, ad esclusione delle riserve per acquisto di azioni proprie”. In tale contesto – considerato che il predetto limite è determinato prendendo a riferimento il patrimonio netto così come risulta dalla contabilità – deve ritenersi che il patrimonio netto da considerare, ai fini del predetto limite, sia quello indicato nel bilancio relativo all’esercizio 2019 oggetto di correzione contabile.