COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE FIRENZE – Sentenza 19 settembre 2013, n. 80
Tributi – Accertamento – Società non operative – Art. 30, co. 4-bis, L. n. 724\94 – Istanza di interpello Art. 37 bis, co. 8, Dpr n. 600\73 – Esigenza – Sussiste
Fatto
In data 3/6/2009 l’Ufficio accertava che la R. S.a.s. di R.C. e C., società esercente l’attività di locazione di immobili, risultava proprietaria di un unico immobile, sito nel Comune di Prato,Via (…), consistenza di n. 13,5 vani.
L’immobile citato risultava locato al Sig. R.C., socio accomandatario della R. S.a.s. di R.C. e C. con una quota di partecipazione dell’81,10%.
Risultava che l’unica attività esercitata dalla società era la locazione dell’unico immobile al socio di maggioranza della R. S.a.s. di R.C. e C., per un canone annuo di € 15.484,00.
L’Ufficio sostiene che il canone di locazione ordinariamente applicato ad immobili analoghi, nella medesima zona, (dati forniti dall’Agenzia del Territorio), era di € 25.000,00 e che pertanto si poteva applicare la disciplina prevista per le società di comodo, con le conseguenze a tal fine previste dalla L. 724/1994.
Avverso gli avvisi di accertamento così motivati proponevano separati ricorsi la società ed i soci, invocando l’annullabilità degli atti impugnati poiché il risultato del test di operatività previsto dall’art. 30 della citata L. 724/94 era stato rispettato.
L’Ufficio di Prato confermava la legittimità degli atti impugnati contestando tutte le obbiezioni dei ricorrenti. In particolare l’Ufficio sosteneva che era possibile non tener conto del risultato del test di operatività a fronte delle irrituali modalità di gestione sociale e ribadiva che la società non aveva mai esercitato l’attività di locazione di beni immobili propri in forma imprenditoriale e commerciale, e si configurava pertanto una società di comodo costituita al solo fine di seguire vantaggi fiscali.
La Commissione Tributaria Provinciale riteneva fondati i ricorsi e in base all’unico presupposto della conformità al risultato del calcolo del test ed accoglieva la richiesta di non considerare la R. S.a.s. di R.C. e C. una “società di comodo”.
Questa Commissione riprende oggi in esame le obbiezioni sollevate in appello dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Prato anche alla luce dei chiarimenti, recentemente intervenuti, sulle norme di applicazione della disciplina sulle cosiddette “società di comodo” di cui alla Legge n. 724/1994.
L’articolo 30 della Legge citata, come modificato dal decreto legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006 n. 248, nonché dalla legge 27 dicembre 2006 n. 296 (c.d. legge finanziaria 2007), avente ad oggetto la disciplina delle società non operative, prevede la possibilità per le società interessate di presentare istanza di interpello ai sensi dell’art. 37-bis, c. 8, del D.P.R. n. 600/1973 al fine di ottenere la disapplicazione della norma in questione.
La disapplicazione della disciplina sulle società non operative, come disposto dall’art. 30, comma 4-bis, della legge n. 724/94, può essere concessa quando il contribuente dimostri l’esistenza di “oggettive situazioni” che hanno reso impossibile il raggiungimento dei proventi minimi previsti dalla legge.
Nel caso di specie, l’istanza di interpello ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/1973, al fine di ottenere la disapplicazione della norma in questione, non è stata presentata dalla società R. S.a.s. di R.C. e C. oggi appellata.
I soggetti di cui all’art. 30, comma 1, della L.724/1994 (società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato) si considerano “non operativi” quando non superino il “test operatività”, ossia quando l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, sia inferiore alla somma degli importi che risultano applicando i coefficienti di cui al primo comma lett. a), b), c) del citato art. 30.
L’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate ha motivato il proprio accertamento fornendo elementi di prova convincenti al fine di scardinare il test di operatività.
In particolare evidenziando che i ricavi dichiarati dalla società risultano conseguiti in massima parte dalle entrate conseguite a seguito riscossione dei canoni di locazione dell’unico bene posseduto in cui i soci della R. S.a.s. di R.C. e C., abitano e risiedono. I canoni di locazione vengono corrisposti dal Sig. C.R. alla società di cui egli risulta titolare e socio di maggioranza con circa l’ottanta per cento delle quote.
Stante la finalità delle norme oggetto della Legge citata, le risultanze del test non possono essere unico elemento di valutazione, in quanto completamente inattendibili poiché ad arte distorte dalle modalità di gestione dell’attività sociale.
I ricavi considerati nel test di operatività, corrispondono a somme che i soci stessi versano alla loro società per la locazione dell’immobile di cui essi stessi usufruiscono.
II contratto di locazione è sottoscritto dal titolare della società Sig. R.C. in veste di amministratore e dallo stesso in quanto locatario dell’immobile, evidentemente costituendo una semplice partita di giro dei ricavi conseguiti dalla società che gestisce un unico immobile soltanto formalmente intestato alla società R. S.a.s. di R.C. e C. e gestito nell’interesse esclusivo dei soci per fini che esulano dall’effettivo oggetto sociale della stessa.
L’Ufficio correttamente rileva, come la fattispecie in esame sia di effettiva rilevanza ai fini della normativa riguardante le cosiddette “società di comodo”, raffigurando esattamente una situazione di interposizione di un soggetto persona giuridica, la società Rea S.a.s. di R.C. e C., tra l’immobile e il proprietario effettivo dello stesso, ossia i Sig.ri C.R. e R.E., per il tramite della partecipazione detenuta dai soci nella società, pertanto configurando un’ipotesi di mantenimento e sfruttamento della veste societaria per la gestione dell’immobile proprio adibito ad abitazione dei coniugi.
Nel caso di specie si realizza perfettamente il disegno elusivo che la normativa vuole evitare e contrastare, e la società si configura come soggetto strumentale alla gestione indiretta degli immobili da parte dell’effettivo proprietario.
Infatti il canone di locazione rappresenta l’esclusivo ricavo per la società appellata, che ha indicato un canone di locazione appena sufficiente a conseguire il superamento del test di operatività, sottraendosi alla presentazione dell’interpello ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600 del 1973, proprio al fine di ottenere la disapplicazione della norma ed all’accertamento, nel caso di provvedimento direttoriale negativo.
L’oggetto sociale della R. S.a.s. di R.C. e C. è la “locazione di beni immobili propri” la sola attività svolta risulta la locazione dell’ unico immobile di proprietà dei soci R.C. ed E.R., coniugi, residenti in Comune di Prato, Via (…).
Alla luce di quanto precisato, appare altresì palese che l’Ufficio abbia fornito elementi di prova convincenti, idonei a disattendere completamente il test di operatività di parte contribuente.
In considerazione delle alterne vicende si compensano le spese di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie l’appello dell’Ufficio.
Spese compensate.
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