CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 giugno 2017, n. 15886
Imposte indirette – IVA – Dichiarazione annuale – Omessa presentazione – Riscossione – Cartella di pagamento – Credito d’imposta – Compensazione
Rilevato che
Con sentenza in data 26 ottobre 2015 la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 5207/40/2014 della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso di R.G. contro la cartella di pagamento IVA ed altro 2008. La CTR osservava in particolare che, diversamente da quanto affermato dalla CTP, il recupero IVA portato dalla cartella esattoriale impugnata doveva considerarsi giuridicamente fondato, poiché il credito d’imposta utilizzato in compensazione nell’annualità de qua non risultava dalla dichiarazione dell’annualità precedente in quanto omessa (tardiva), richiamando giurisprudenza di legittimità in questo senso ed anche sulla correttezza procedimentale del recupero stesso a mezzo di procedura automatizzata ex art. 54 bis, d.P.R. 633/1972.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo due motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato che
Con il primo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. il ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione degli artt. 54, 54 bis, d.P.R. 633/1972, poiché la CFR ha convalidato la procedura accertatoria utilizzata dall’Ente impositore.
La censura è infondata.
Va infatti ribadito che «In caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del d.P.R. n. 633 del 1972, fatta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l’eventuale dimostrazione, a cura del contribuente, che la deduzione d’imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili» (Sez. U, Sentenza n. 17758 del 08/09/2016, Rv. 640942 -01).
La sentenza impugnata è conforme a tale principio di diritto e non merita la cassazione per questa ragione di diritto.
Con il secondo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- il ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione degli artt. 19, 30 d.P.R. 633/1972, poiché la CTR ha affermato l’indetraibilità di un credito IVA maturato nell’annualità precedente in caso di omissione della dichiarazione per tale imposta relativa all’annualità medesima.
La censura è fondata.
Vi è infatti da ribadire che «La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili» (Sez. U, Sentenza n. 17757 del 08/09/2016, Rv. 640943 – 01).
La sentenza impugnata è palesemente difforme da tale principio di diritto, risultando in fatto pacifico che nel caso di specie il credito è incontestato ed è stato utilizzato in compensazione nella dichiarazione successiva a quella di maturazione.
Il ricorso va dunque accolto, la sentenza impugnata va cassata e, decidendosi nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va accolto il ricorso originario del contribuente.
Stante l’esito alterno dei due gradi di merito le spese correlative possono essere compensate.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa le spese dei gradi di merito; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300 oltre Euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.
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