CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 giugno 2017, n. 16169
Fondo pensione – Tassazione degli importi erogati – Legittimità
Rilevato che
1. con l’impugnata sentenza n. 91/12 la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso promosso dal contribuente contro il diniego di rimborso concernente la dedotta illegittima tassazione degli importi erogati dal Fondo pensione per il personale della Banca Commerciale Italiana;
2. il contribuente aveva dedotto l’erronea liquidazione operata dal Fondo Pensione, in quanto nell’importo tassato era stata ricompresa sia la parte dei contributi versati dal lavoratore al fondo stesso, in misura non eccedente il 4% della retribuzione annua, che la quota relativa ai rendimenti finanziari del capitale accumulato, asseritamente già assoggettati ad imposta sostitutiva;
4. avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso articolato in 10 motivi, il contribuente non ha depositato memoria difensiva;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod.proc.civ., la nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del ricorso per “difetto di motivazione dell’istanza di rimborso”;
2. il motivo è infondato; per consolidata giurisprudenza il vizio d’omessa pronuncia, configurabile allorché manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (Cass. 26.1.2016, n. 1360, Rv. 638317); nel caso di specie, risulta dalla narrativa della sentenza impugnata che l’eccezione è stata valutata (pg. 3), pur essendo stata implicitamente ritenuta infondata dalla CTR che confermava la fondatezza del diritto al rimborso richiesto dal contribuente;
3. con il secondo motivo, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 17, comma 2, DPR 22/12/1986, n. 917, sostenendo che la CTR avrebbe erroneamente individuato il criterio impositivo;
4. con il terzo e quarto motivo, l’Agenzia delle Entrate formula una complessa doglianza concernente l’omessa valutazione di un mezzo istruttorio ed il vizio motivazionale, relativamente alla mancata giustificazione delle ragioni per le quali la CTR ha ritenuto di disattendere la certificazione proveniente dal Fondo pensionistico;
5. i motivi sono fondati, stante l’assoluta genericità della motivazione adottata dalla CTR, dalla quale non è dato comprendere con esattezza né il parametro normativo applicato, né la valutazione dei presupposti di fatto relativi alla fattispecie in esame; la CTR si è limitata ad affermare genericamente che “per le somme che derivano da capitalizzazione di pensioni riferibili a prestazioni maturate anteriormente all’anno 2001 il regime fiscale applicabile è quello vigente all’entrata in vigore del decr.l.vo n. 47 del 18.2.2000” facendone derivare la conseguenza che “l’applicazione di tale norma determina un ammontare imponibile al netto dei contributi direttamente versati dal ricorrente nei limiti previsti dalla normativa”;
6. nella motivazione, pertanto, non si dà minimamente conto dell’avvenuta distinzione tra contributi versati dal dipendente e rendimento finanziario, né della conseguente diversa tassazione applicabile;
7. del tutto omessa, inoltre, è la valutazione della certificazione (riprodotta nella parte rilevante nel ricorso per cassazione) con la quale il Fondo pensionistico comunicava che “effettuati gli approfondimenti del caso, si conferma altresì che tali contributi non sono stati dedotti dall’imponibile all’atto dell’erogazione della sua prestazione in conto capitale poiché il Fondo da sempre ha ritenuto che il contributo destinato al Fondo nel precedente periodo 1955-1994, per effetto dell’allora vigente meccanismo di incrocio contributo (c.d. chasse croise) non fosse da considerare come posto sostanzialmente a carico del lavoratore”;
8. la suddetta certificazione – determinante ai fini della decisione – non è stata in alcun modo valutata dalla CTR, in tal modo ritenendo sulla base di un ragionamento del tutto apodittico il versamento diretto dei contributi da parte del lavoratore cui l’art. 17, comma 2, d.p.r. n. 917/86 subordinava l’abbattimento dell’imponibile;
9 con il quinto motivo l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 252/05, mentre con il sesto motivo l’ente lamenta il vizio di motivazione conseguente alla ritenuta produzione dei rendimenti ad un periodo successivo al 2000; il sesto motivo va esaminato preliminarmente, in quanto l’accertamento temporale in ordine al momento in cui i rendimenti sono maturati si riverbera sulla disciplina applicabile ratione temporis;
10. la CTR si è limitata ad affermare che “è dimostrato infine che i rendimenti di cui viene richiesta la detrazione si riferiscono ad un periodo successivo all’anno 2000”, senza fornire alcuna motivazione della conclusione cui perviene ed incorrendo in una palese contraddizione, atteso che nel capoverso precedente si affermava che le somme derivavano da capitalizzazioni riferite a periodi antecedenti al 2000;
11. l’accoglimento del sesto motivo determina l’assorbimento della violazione di legge riferita alla ritenuta applicabilità dell’art. 11 d.lgs. n. 252/05, rispetto alla quale non essendo stati adeguatamente motivati i presupposti applicativi non poteva necessariamente tenersi conto, peraltro, nella motivazione adottata dalla CTR manca un espresso richiamo alla suddetta norma;
12. con il settimo ed ottavo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce l’omessa pronuncia su due questioni espressamente oggetto del giudizio di primo grado: la prima concernente l’intervenuta acquiescenza all’aliquota applicata dal Fondo (30,77% in luogo del 2% indicato nell’istanza di rimborso); la seconda l’infondatezza della richiesta di rivalutazione monetaria ex art. 1224 cod.civ.;
13. i motivi sono entrambi fondati, avendo l’Agenzia delle Entrate riprodotto le parti dell’atto di appello nel quale sollevava le predette eccezioni non accolte dalla CTP, rispetto alle quali la sentenza della CTR non ha fornito alcuna risposta, non potendosi neppure ritenere che le stesse siano state implicitamente esaminate e risolte a favore del contribuente, stante la specificità della stesse cui si contrappone una motivazione apparente adottata dalla CTR;
14. le argomentazioni sopra svolte consentono di ritenere assorbiti gli ultimi due motivi di ricorso, relativi alla falsa applicazione dell’art. 1224 cod.civ. ed alla mancanza di motivazione in ordine ai presupposti della rivalutazione monetaria, trattandosi di questione di cui la CTR ha omesso l’esame, non se può apprezzare la correttezza giuridica ed in punto di fatto;
15. alla cassazione della sentenza deve quindi seguire il giudizio di rinvio per l’accertamento dei fatti indispensabili.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto che in altra composizione dovrà decidere la controversia uniformandosi ai superiori principi e regolare altresì le spese di ogni fase e grado.
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