CORTE di CASSAZIONE ordinanza n. 12312 depositata il 17 maggio 2017
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
La C. M. S.r.l. proponeva ricorso avverso gli avvisi di accertamento con i quali il Comune di Perugia aveva rettificato ai fini ICI i valori di un’area edificabile di proprietà della società per gli anni 2004-2005. Riuniti i ricorsi, la CTP di Perugia con sentenza del 2 marzo 2011 li rigettava, ma la CTR di Perugia, a seguito di appello interposto dalla società, con la sentenza n. 135/03/2012 del 18 ottobre 2012, accoglieva il gravame.
A tal fine riteneva del tutto assorbente il vizio costituito dal difetto di motivazione degli avvisi impugnati., così come eccepito dalla contribuente.
Rilevava, infatti, che la motivazione adottata era di tipo standardizzato, in quanto basata su affermazioni generiche prive di riferimento al caso concreto, laddove l’unico elemento munito di concretezza, rappresentato dal richiamo al listino della Borsa Immobiliare dell’Umbria, non era stato documentato mediante allegazione al provvedimento impugnato, non potendo a tal fine supplirsi a tale omissione con la successiva produzione in sede giudiziale.
Ne conseguiva che gli avvisi erano invalidi ed andavano quindi dichiarati illegittimi.
Il Comune di Perugia ha chiesto la cassazione della sentenza del giudice di appello con ricorso affidato a due motivi cui l’intimata ha resistito con controricorso.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Il primo motivo denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 co. 5 del D. Lgs. n. 504/1992, dell’art. 7 della legge n. 212/2000, dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art.2697 c.c.
Si deduce che, come si evince dalla lettura degli avvisi, il cui contenuto è riprodotto in ricorso, il provvedimento impositivo recava una precisa indicazione degli elementi che ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. n. 504/1992 concorrono ai fini della determinazione del valore imponibile ai fini ICI, dovendosi escludere quindi che si trattasse di indicazioni standardizzate. Inoltre l’applicazione dell’art. 7 dello statuto del contribuente (legge n. 212/2000) non impone l’allegazione anche degli eventuali listini o mercuriali sulla scorta dei quali si sia proceduto a determinare il valore degli immobili, in quanto non costituiscono atti accertativi pregressi. A ciò deve aggiungersi che tali listini erano da reputarsi conoscibili, in quanto pubblicati presso la locale camera di Commercio, e che i loro elementi essenziali erano puntualmente riportati negli avvisi, in quanto si indicava la forbice di valore ricavabile dalle quotazioni immobiliari ivi sviluppate per gli immobili oggetto di causa.
Il motivo è fondato.
In linea generale, in relazione all’applicazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000, e con specifico riferimento alla disciplina in materia di ICI quale posta dal D. Lgs. n. 504 del 1992, vale richiamare i principi espressi da questa Corte a mente dei quali, in tema di accertamento tributario, l’onere di allegazione, posto a carico dell’amministrazione finanziaria, dall’art 7, comma primo, secondo periodo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dell’altro atto” richiamato nella motivazione dell’avviso di accertamento (nella specie, dell’ICI), ha riferimento agli atti che rappresentano, appunto, la motivazione della pretesa tributaria che deve essere esplicitata nell’avviso (come, ad esempio, una perizia UTE), e non gli atti di carattere normativo o regolamentare che legittimano il potere impositivo e che sono oggetto di conoscenza “legale” da parte del contribuente ( cfr. Cass. n. 22197/2004).
Si è poi specificato ( cfr. Cass. n. 8504/2010) che ancorchè il comma 2-bis dell’art. 11 del d.lgs. n. 504 del 1992, introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 32 del 2001, nel prevedere che gli avvisi di accertamento o liquidazione motivati “per relationem” con rinvio ad altri atti, debbano allegare gli atti richiamati o riprodurne il loro contenuto essenziale, riprenda sostanzialmente il disposto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), in parte attenuandolo, là dove equipara all’allegazione dell’atto richiamato la riproduzione del suo contenuto essenziale, tuttavia deve ritenersi che tale equiparazione poteva, comunque, già essere ricavata dall’art. 7 della citata legge n. 212 del 2000, ove interpretato in conformità alla “ratio” perseguita dal legislatore, consistente nel porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva per consentirgli il pieno esercizio delle sue facoltà difensive (in applicazione di tale principio, è stata quindi cassata con rinvio la sentenza che aveva annullato per difetto di motivazione un avviso di accertamento emesso dopo l’entrata in vigore della legge n. 212 del 2000 ma prima dell’introduzione del comma 2-bis dell’art. 11 del d.lgs. n. 504 del 1992, in quanto ad esso non era stata allegata una relazione di stima, pur essendo nell’avviso di accertamento contenuta la sintesi della relazione medesima).
In senso conforme si veda anche Cass. n. 24948/2011 che ha escluso l’obbligo di allegazione quando l’atto impositivo riproduca il contenuto essenziale dell’atto richiamato.
Orbene, alla luce di tali principi, e nonostante l’intervenuta abrogazione del richiamato comma 2 bis dell’art. 11 del D. Lgs. n. 504/1992 ad opera dell’art. 1 co. 173 lett. d) della legge n. 296/2006, deve ritenersi che risponda alla corretta applicazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000, la conclusione per la quale, in presenza del richiamo ad un atto che giustifichi l’adozione di un provvedimento impositivo, l’obbligo di allegazione ben possa essere adempiuto anche mediante la riproduzione nel provvedimento degli elementi essenziali dell’atto stesso, nella parte in cui assumono una diretta incidenza causale sul contenuto del provvedimento stesso. Nel caso di specie, il provvedimento impugnato nel motivare in merito al maggior valore da assegnare al bene, accanto al richiamo a dati obiettivi dell’immobile o comunque da reputarsi presumibilmente già noti alla contribuente (come l’ubicazione ovvero l’indice di edificabilità sulla scorta dello strumento urbanistico locale) fonda l’accertamento del maggior valore sulla base dei prezzi medi rilevati sul mercato, e come evincibili dal listino della Borsa immobiliare dell’Umbria, così come pubblicato dalla locale camera di Commercio.
Ed, invero, l’atto oltre ad indicare la precisa fonte del dato comparativo utilizzato, che consentiva quindi alla contribuente di poter agevolmente reperirne il contenuto, in ogni caso riporta, in relazione alla zona ove è ubicato il terreno della società ( SPR 32) i valori minimi e massimi individuati nel listino, optando quindi per una stima che si colloca grosso modo in posizione intermedia tra tali valori.
In tal senso risulta evidente come gli avvisi opposti riportino gli elementi fondamentali ricavabili dal listino delle quotazioni immobiliari, e comunque il contenuto avente rilievo essenziale ai fini della giustificazione dell’atto, il che esclude, ad avviso del Collegio, che possa ravvisarsi la loro invalidità per la violazione del menzionato art. 7 della legge n. 212/2000.
La sentenza impugnata non ha quindi fatto corretta applicazione delle norme di cui il ricorrente denunzia la violazione, e deve pertanto essere cassata, con rinvio, per un nuovo esame, ad altra sezione della CTR di Perugia.
L’accoglimento del primo motivo determina poi l’assorbimento del secondo motivo di ricorso con il quale si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990, sul presupposto che l’omessa allegazione del listino costituirebbe un vizio di forma insuscettibile di provocare la caducazione dell’atto impugnato.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, ed assorbito il secondo, cassa il provvedimento impugnato con rinvio alla CTR dell’Umbria in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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