CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 novembre 2013, n. 25739
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori – Azione revocatoria fallimentare – Atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie – “Scientia decoctionis” del terzo contraente – Ipoteca giudiziale per rilevante importo iscritta sul bene venduto e menzionata nell’atto – Sufficienza
Svolgimento del processo
1. — Il curatore del fallimento della I.M. & C. S.r.l. convenne in giudizio M.L.P., chiedendo la dichiarazione d’inefficacia, ai sensi dell’art. 67, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dell’atto per notaio E.G. del 29 gennaio 1998, con cui la convenuta aveva acquistato dalla società fallita un’unità immobiliare con posto auto sita in Marsala, al (….), riportata nel NCEU al foglio 409, particelle 681 sub 7 e 681 sub 18.
1.1. — Con sentenza del 22 gennaio 2002, il Tribunale di Marsala rigettò la domanda, ritenendo non provata la conoscenza dello stato d’insolvenza da parte dell’acquirente.
2. — L’impugnazione proposta dal curatore è stata accolta dalla Corte d’Appello di Palermo con sentenza del 12 dicembre 2005.
Premesso che ai fini dell’accertamento della scientia decoctionis occorreva fare riferimento alla data di stipulazione della compravendita, e non già a quella del contratto preliminare, la Corte ha ritenuto che dagli elementi presuntivi acquisiti emergesse univocamente la conoscenza effettiva dello stato d’insolvenza: rilevato infatti che dall’atto risultava l’esistenza di un’ipoteca giudiziale iscritta sull’immobile in virtù di un decreto ingiuntivo emesso per un debito di rilevante importo, la cui cancellazione era rimessa alla volontà della venditrice, ha ritenuto inverosimile che l’acquirente, pur essendone a conoscenza, non avesse verificato la natura e l’ammontare del credito e non avesse accertato se il provvedimento fosse divenuto definitivo, aggiungendo che il suo intento di cautelarsi contro le difficoltà in cui versava la venditrice era evidenziato anche dalla circostanza che il pagamento di una parte del prezzo era subordinato alla cancellazione dell’ipoteca.
3. — Avverso la predetta sentenza la P. propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. Resiste il curatore con controricorso, illustrato anche con memoria.
Motivi della decisione
1. — Con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 67, secondo comma, della legge fall., nonché l’omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, sostenendo che, nell’accertare induttivamente la scientia decoctionis, la Corte di merito si è accontentata di un’astratta conoscibilità oggettiva, collegata ad un dovere di conoscere assolutamente estraneo al nostro ordinamento, avendo omesso di effettuare qualsiasi indagine in ordine all’esistenza di concreti collegamenti tra essa ricorrente ed i sintomi conoscibili dello stato d’insolvenza. Nessun elemento essa ha infatti acquisito in ordine alla consistenza patrimoniale della società fallita, alla considerazione di cui godeva nel suo ambito territoriale ed alla fiducia che riscuoteva tra gli operatori economici, essendosi limitata ad evidenziare la definitività del decreto ingiuntivo e l’ammontare del debito per il quale era stata iscritta ipoteca, non risultanti dall’atto di compravendita, nonché il differimento del saldo del prezzo alla data di cancellazione dell’iscrizione, senza considerare che il versamento era subordinato anche al rilascio del certificato di abitabilità. La Corte ha infine omesso di valutare le condizioni personali e le capacità cognitive di essa ricorrente, nonché l’incidenza del vincolo derivante dalla stipulazione del contratto preliminare.
1.1. — Il motivo è infondato.
Nell’accertare se la ricorrente fosse a conoscenza dello stato d’insolvenza in cui versava la società venditrice, la Corte di merito non si è affatto sottratta all’applicazione del principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui ciò che assume rilievo, ai fini della revocatoria fallimentare, non è la mera conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche della controparte, ma la concreta situazione psicologica della parte nel momento dell’atto impugnato, la quale deve necessariamente consistere in una conoscenza effettiva e non meramente potenziale. L’onere di fornire la prova di tale presupposto incombe al curatore, il quale, com’è noto, può assolverlo anche in via indiretta, mediante il ricorso ad elementi indiziari dotati degli ordinari requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ., tali da indurre a ritenere che il terzo, facendo uso della normale prudenza ed avvedutezza, da valutarsi anche in rapporto alle sue qualità personali e professionali, nonché alle condizioni in cui si è trovato ad operare, non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore (cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. I, 24 ottobre 2012, n. 18196; 23 settembre 2009, n. 20482; 4 maggio 2009, n. 10209)
I predetti elementi sono stati ravvisati dalla sentenza impugnata nell’esistenza di un’ipoteca giudiziale sul bene venduto, menzionata nello stesso atto di compravendita ed iscritta in virtù di un provvedimento ormai definitivo avente ad oggetto la condanna della società venditrice al pagamento di un rilevante importo (Lire 632.769.194), nonché nella clausola contrattuale con cui le parti avevano subordinato il pagamento di una parte del prezzo pattuito alla cancellazione della medesima iscrizione, per la quale non era stato neppure fissato un termine certo. La desumibilità di tali elementi dallo stesso atto assoggettato a revocatoria risulta di per sé sufficiente a garantire quel concreto collegamento tra l’acquirente ed i sintomi del dissesto economico-finanziario che questa Corte ha ritenuto necessario ai fini della configurabilità di un’effettiva conoscenza dello stato d’insolvenza; la sussistenza di tale collegamento non è revocabile in dubbio per effetto della mancanza nell’atto di qualsiasi precisazione in ordine alla definitività del provvedimento ed all’importo dell’iscrizione, non potendo ritenersi illogica, alla stregua della prudenza ed avvedutezza normalmente richieste ai fini della stipulazione di un contratto, la deduzione della Corte di merito secondo cui la ricorrente non poteva non esserne a conoscenza, dal momento che risultava inverosimile che ella non avesse provveduto ai relativi accertamenti. Quanto poi alla subordinazione del saldo del corrispettivo alla cancellazione dell’ipoteca, che la sentenza impugnata ha ritenuto sintomatica dell’intento dell’acquirente di premunirsi contro le conseguenze pregiudizievoli dello stato d’insolvenza della venditrice, l’osservazione secondo cui il pagamento era condizionato anche al rilascio del certificato di abitabilità non è accompagnata neppure dall’indicazione della fase processuale e dell’atto in cui tale circostanza sarebbe stata dedotta, con la conseguenza che la censura risulta, sotto tale profilo, carente di autosufficienza.
In linea più generale, nel criticare il ragionamento induttivo seguito dalla Corte territoriale per giungere all’affermazione della conoscenza dello stato d’insolvenza, la ricorrente si limita ad indicare indizi ulteriori rispetto a quelli presi in considerazione dalla sentenza impugnata, senza tener conto che spettano al giudice di merito, nell’esercizio del potere di valutazione dei mezzi di prova istituzionalmente demandatogli, l’apprezzamento dell’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, l’individuazione dei fatti da porre a fondamento del relativo processo logico ed il controllo della rispondenza degli stessi ai requisiti di legge (cfr. Cass., Sez. IlI, 2 aprile 2009, n. 8023; 11 maggio 2007, n. 10847; Cass., Sez. lav., 21 ottobre 2003, n. 15737). In quanto attinente al merito, tale apprezzamento è censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione, la cui deduzione non può peraltro risolversi, come nella specie, nella mera prospettazione di un convincimento diverso da quello espresso nella sentenza impugnata, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando comunque escluso che la sola mancata valutazione di singoli elementi indiziari possa tradursi nell’omesso esame di un punto decisivo (cfr. Cass., Sez. II, 27 ottobre 2010, n. 21961; Cass., Sez. IlI, 13 novembre 2009, n. 24028; 11 maggio 2007, n. 10847, cit.).
6. — Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, e condanna P.M.L. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00, ivi compresi Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
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