COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Campania sez. 28 sentenza n. 4710 depositata il 26 maggio 2017
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
La Commissione tributaria Provinciale di Benevento, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il ricorso presentato da (omissis) notaio rogante, in data 8 settembre 2014, la costituzione di un trust denominato (——) con i beneficiari (——) avverso l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate di Benevento, avente il fine, sul rilievo che tra i beneficiari del trust non intercorreva rapporto di parentela, di recuperare l’imposta proporzionale di successione e donazione (aliquota dell’8%), come previsto dall’art. 2, comma 49, lettera c) della L. 286/2006, erroneamente liquidata in misura fissa, oltre il recupero imposta di bollo ai sensi dell’art. 1., comma 1 bis, punto 3 della Tariffa allegata al d.P .R. 642172.
La CTP ha ritenuto rilevante, nell’accogliere il ricorso, la fondatezza della primaria eccezione posta a base di esso dal ricorrente, vale a dire il difetto di sottoscrizione dell’atto impugnato ex art. 42 del d.P.R. 600173 e,più in generale,ex art. 21/septies della L. 241/90, in sostanza per l’inidoneità e l’insufficienza del rinvio fatto dall’Ufficio ai fini della conoscenza del conferimento della delega rinvenibile nel proprio sito internet. Più in particolare, i primi giudici, richìamando la giurisprudenza del Supremo Collegio (sentenza n. 22803 del 9 novembre 2015), ha evidenziato che è onere dell’ Amministrazione1che ha immediato e facile accesso ai propri dati, fornire la prova del possesso dei requisiti soggettivi indicati dalla legge, sia del delegante che del delegato, nonché dell’esistenza della delega in capo al delegato.
La CTP ha ritenuto, quindi, assorbite, le rimanenti eccezioni e deduzioni sollevate dal ricorrente che riguardano : a) nullità ab origine dell’atto impugnato per mancanza di idonea motivazione per violazione dell’art. 7 della L. 212/2000, dell’art. 3 della L. 241/90, dell’art. 56 comma 5 del d.P.R.633/1972 e D.lgs n. 32/2001; b) illegittimità dell’avviso impugnato per erroneità nei presupposti, nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 2; commi 47 – 49 del D.L. n. 262/2006, convertito con modifiche in L. n. 286/2006.
In particolare, quanto a quest’ultima eccezione, il ricorrente rappresenta che, avendo il legislatore esteso l’imposta sulle successioni e donazioni alla costituzione di vincoli di destinazione (art. 2 comma 47, DL 262/2006), una corretta e costituzionalmente orientata interpretazione della norma ( in riferimento art. 53, comma 1 Cost.), induce a ritenere che essa sia assoggettabile solo ai trust produttivi di effetti traslativi e non anche a quelli autodichiarati, come quello del caso di specie; diversamente opinando, invece, sulla scia di quanto affermato dalla S.C., si correrebbe il rischio che la nonna, desumibile in via interpretativa dal precipitato disposto legislativo potrebbe essere tacciata di illegittimità costituzionale.
Propone rituale e tempestivo appello l’Agenzia delle Entrate.
Denuncia violazione di legge con riferimento alla ritenuta fondatezza dell’eccezione di parte avversa di mancata esistenza di una valida delega di finna dell’atto impugnato, laddove la CTP ha ritenuto che devono essere considerati nulli gli atti firmati in forza di ma delega che reca la sola qualifica professionale del destinatario della stessa senza alcun riferimento alle· sue generalità. Si deduce che, trattandosi di delega di firma, è irrilevante l’individuazione della persona fisica delegata in quanto l’atto resta comunque riconducibile all’autorità delegante, inoltre, trattandosi di delega conferita al responsabile di una articolazione interna all’Ufficio, è sempre possibile individuare la persona fisica alla quale si intendeva attribuire la delega. La sottoscrizione dell’atto è validamente apposta quando proviene dal preposto al reparto competente; pertanto, nel caso in cui non sia contestata la provenienza dell’atto dall’Ufficio competente, questo deve ritenersi legittimo finchè non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’Ufficio o, comunque, l’usurpazione del potere di emettere l’avviso di accertamento, dovendosi, altrimenti, presumere che l’atto provenga dall’ufficio e nè esprima la volontà e che è onere del
contribuente allegare l’eventuale abusiva posizione del firmatario dell’accertamento e di dimostrare la veridicità di tale preteso assunto.
Nel caso de quo l’Ufficio aveva evidenziato gli estremi della delega e della sua validità facendo rilevare che in calce all’atto impugnato risulta per esteso sia la qualifica che il nominativo del Capo team Gestione e Controllo (——) nonché gli estremi della delega con cui il Direttore lo aveva autorizzato.
Relativamente alle altre eccezioni sollevate dal ricorrente e non oggetto di esame da parte dei primi giudici l’Ufficio si rinvia a quanto controdedotto in primo grado.
Rappresentando, comunque, la infondatezza della seconda eccezione riguardante la eccepita carenza di motivazione dell’atto impugnato.
Per quanto concerne la terza eccezione di cui al ricorso introduttivo, in via preliminare si ricorda che con la disposizione cui all’ art. 2 comma 47 del D.L. 262/2006, convertito con modificazione in L. 286/2006, è stato reintrodotto l’imposta sulle successione e donazioni estendendone l’ambito di applicazione anche alla “costituzione di vincoli di destinazione”; a tale categoria sono riconducibili quei negozi giuridici in virtù dei quali determinati beni sono destinati alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, con effetti segregativi e limitativi della disponibilità dei beni medesimi. Il trust viene annoverato tra i vincoli di destinazione cosi come chiarito dalla Circolare n 3/E del 22 gennaio 2008. La prerogativa che caratterizza l’istituto, strettamente connessa alla sua causa fiduciaria, induce a valorizzare i suoi effetti segregativi sui beni attribuiti in dotazione al trust e consente di individuare il momento impositivo ai fini dell’imposta di successione e donazione.
Nel caso di specie con un unico atto pubblico si è costituita l’istituzione del Trust e contestualmente si è verificata la segregazione ossia l’attribuzione dei beni. Come affermato nella Circolare n. 48 del2007, nell’ipotesi di trust costitutivo di uno o più beneficiari finali il cui rapporto di parentela con il disponente sia determinato, l’aliquota d’imposta si applica con riferimento al rapporto di parentela intercorrente tra disponente e il/i beneficiario/i.
Trattandosi nel caso di specie di un Trust nel quale tra disponente e un beneficiario non intercorre un rapporto di parentela, ai fini del calcolo della suddetta imposta, si applica l’aliquota del1’8 % come previsto dell’art. 2 comma 49 lettera c) del D.L., 262/2006 convertito nella L. 286/2006.
Si è costituito il contribuente con memoria con cui chiede, in via preliminare dichiararsi la inammissibilità dell’appello per genericità e la carenza in esso di alcuni elementi essenziali quali la specificazione dei motivi, eccependo la preclusione processuale di depositare in appello la delega di firma indicata in calce all’atto impugnato, in subordine chiede confermarsi la sentenza impugnata ribadendo, quanto al merito, tutte le eccezioni e deduzioni poste a base del ricorso introduttivo.
All’odierna pubblica udienza, dopo la relazione del giudice designato, ed all’esito della discussione delle parti, la causa è stata decisa come da dispositivo in calce.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello va rigettato ancorché sia da ritenersi fondata l’eccezione posta a base del primo motivo.
Sul punto si osserva che la pronuncia della Cassazione, richiamata in sentenza, la n. 22803/2015 tratta della mancanza di delega, non della mancata allegazione della delega, e dalla stessa sentenza impugnata risulta contestata soltanto la mancanza di valida delega rilasciata dal capo dell’ufficio al funzionario firmatario del provvedimento, mentre non risulta contestata la carenza di poteri del dirigente delegato.
La Suprema Corte ha affermato che “alla sanzione della “nullità” comminata dall’art. 42, comma 3, Dpr n. 600/1973 all’avviso di accertamento privo di sottoscrizione, delle indicazioni e della motivazione di cui al precedente comma 2, o ad al quale non risulti allegata la documentazione non anteriormente conosciuta dal contribuente, al pari delle altre nonne che prevedono analoghe ipotesi di ”nullità” degli atti nelle diverse discipline d’imposta, non è direttamente applicabile il regime innovativo di diritto sostanziale e processuale dei vizi di “nullità” dell’atto amministrativo. che hanno trovato riconoscimento positivo nell’art. 21 septies della legge n. 241/1990 e sistemazione processuale nell’art. 31, comma 4, del Dlgs 2 luglio 2010 n. 104 (CPA) nell’autonoma azione di accertamento della nullità sottoposta a termine di decadenza, e nella attribuzione del potere di rilevazione “ex officio” da parte del Giudice amministrativo-, atteso che l’ordinamento tributario costituisce un sottosistema del diritto amministrativo, con il quale è in rapporto di “species ad genus”, potendo pertanto trovare applicazione le norme generali sugli atti del procedimento amministrativo soltanto nei limiti in cui non siano derogate o non risultino incompatibili con le nonne speciali di diritto tributario che disciplinano gli atti del procedimento impositivo, ostando alla generale estensione del regime normativo di diritto amministrativo, la scelta operata dal Legislatore, nella sua piena discrezionalità politica, di ricomprendere nella categoria unitaria della “nullità tributaria” indifferentemente tutti i vizi ritenuti tali da inficiare la validità dell’atto tributario, riconducendoli, indipendentemente dalla peculiare natura di ciascuno, nello schema della invalidità annullabilità, dovendo essere gli stessi tempestivamente fatti valere dal contribuente mediante impugnazione da proporsi, con ricorso, entro il termine di decadenza di cui all’art. 21 Dlgs n. 546/1992, in difetto del quale il provvedimento tributario – pure se affetto da vizio “nullità”- si consolida, divenendo definitivo e legittimando l’Amministrazione finanziaria alla riscossione coattiva della imposta.
Consegue che si pone in oggettivo conflitto con il sistema normativo tributario l’affermazione secondo cui, in difetto di tempestiva impugnazione dell’atto impositivo affetto da “nullità”, tale vizio possa comunque essere fatto valere per la prima volta dal contribuente con la impugnazione dell’atto consequenziale, ovvero che, emergendo il vizio dagli stessi atti processuali. possa, comunque, essere rilevato di ufficio dal Giudice tributario, anche in difetto di nonna di legge che attribuisca espressamente tale potere”. (Cass. 18 settembre 2015 n. 18488).
Sul tema posto all’esame della CTP dal contribuente la Corte Suprema ha altresi affermato (Sez. 5, Sentenza n. 18758 del 05/09/2014; Rv. 631925- 01) in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (che, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi, richiama implicitamente il citato art. 42), se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del titolare dell’ufficio, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore e la presenza della delega del titolare dell’ufficio.
Con successiva pronuncia (Sez. 5, Sentenza n. 12781 del 21/06/2016; Rv. 640198-01) ha anche statuito che l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di contestazione, l’Amministrazione finanziaria tenuta a dimostrare la sussistenza della delega, sebbene non necessariamente dal primo grado, visto che si tratta di un atto che non attiene alla legittimazione processuale, avendo l’avviso di accertamento natura sostanziale e non processuale.
Onere che è stato adempiuto, per il caso di specie, dall’Agenzia delle Entrate costituita che aveva evidenziato gli estremi della delega e della sua validità facendo rilevare che in calce all’atto impugnato risultano per esteso sia la qualifica che il nominativo del Capo “team” Gestione e Controllo, Antonio Falco, nonché gli estremi della delega con cui il Direttore lo aveva autorizzato a sottoscrivere gli atti impositivi.
Ciò posto questa Commissione Regionale è tenuta, in ragione della natura meramente procedurale della sentenza di primo grado, ad affrontare il merito della questione.
Ritenuta infondata l’eccezione di carenza e/o insufficienza della motivazione dell’atto impugnato, atteso che i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche sono- stati chiaramente indicati nella parte motiva dell’avviso di liquidazione in questione, tant’è che il contribuente ha potuto agevolmente esercitare i suoi diritti difensivi cogliendo pienamente il merito della imposizione erariale, le ragioni poste dal contribuente a base del ricorso introduttivo riguardanti il merito della tassazione sono fondate.
Preliminarmente è opportuno precisare , ai fini della applicabilità della normativa al caso de quo della disposizione di cui all’art. 2 comma 47 del D.L. 262/2006 convertito in L. 286/2006, invocata dalla Amministrazione Finanziaria (con tale disposizione il legislatore ha reintrodotto l’imposta sulle successioni e donazioni estendendone l’ambito di applicazione alle “costituzioni di vincoli di destinazione), la natura giuridica del “trust autodichiarato”, oggetto della fattispecie in questione.
Il trust, in genere, è un negozio giuridico (normalmente unilaterale, cui si affiancano spesso uno o più atti dispositivi) fondato sul rapporto tra disponente e trustee (persona di fiducia). Il primo, di norma, trasferisce, per atto inter vivos o mortis causa, taluni beni o diritti a favore del secondo il quale li amministra, con i diritti ed i poteri di un vero e proprio proprietario, nell’interesse del beneficiario o per uno scopo prestabilito. Il negozio è, quindi, caratterizzato da una doppia proprietà (dual ownership), l’una ai tini dell’ amministrazione – in capo al trustee – e l’altra ai fini del godimento – in capo al beneficiario -.
Per “trust autodichiarato” si intende il trust in cui il disponente ed il “trustee” coincidono. Il disponente, pertanto, non attua alcun trasferimento ad un terzo soggetto, ma si limita ad apporre un vincolo di destinazione su alcuni suoi beni, separandoli dal restante suo patrimonio. La segregazione, quindi, sì verifica all’interno del patrimonio del disponente stesso, non comportando alcun trasferimento di beni, tanto più quando, come nel caso di specie, vi è coincidenza tra disponente e “trustee”.
Ritiene di conseguenza il Collegio che, in ragione della natura negoziale di tale strumento dell’autonomia privata, laddove non si opera alcun trasferimento di diritti aventi ad oggetto dei beni è illegittimo l ‘atto di liquidazione impugnato che ha invece ritenuto il negozio rogato dal notaio (——) trattarsi di un atto negoziate comportante trasferimento applicando quindi la disposizione di cui all’art. 2 comma 47 del D.L. 262/2006 convertito in L. 286/2006.
La tesi prospettata dal ricorrente è, per altro, in linea con la giurisprudenza della Corte di legittimità (Sez. 5, Sentenza n. 21614 del 21/06/2016; Rv. 641558 – 01) secondo cui “in tema d’imposta ipotecaria e catastale, l’istituzione di un “trust” cd. “autodichiarato”, con conferimento di immobili e partecipazioni sociali per una durata predeterminata o fino alla morte del disponente, i cui beneficiari siano i discendenti di quest’ultimo, è riconducibile alla donazione indiretta ed è soggetto all’imposta in misura fissa, atteso che la “segregazione”, quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta, però, alcun reale trasferimento o arricchimento, che si realizzeranno solo a favore dei beneficiari, successivamente tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale”.
Con riguardo alla regolamentazione delle spese di lite, ritiene il Collegio che la considerazione globale degli elementi di causa, la peculiarità della questione (involgente una questione di diritto circa la natura giuridica del negozio sottoposto a tassazione idonea ad incidere sull’esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti: Cass. Civ., Sez, VI, 28 maggio 2012, n. 8486), le ragioni della decisione adottata ed il contegno processuale delle parti, consentono di ritenere senza dubbio sussistenti gravi ed eccezionali motivi (desumibili anche intuitivamente dal tenore della decisione: Cass. Civ., Sez. III, 31 marzo 2010, n. 7853; Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo 2010, n. 7766) per compensare integralmente fra le parti le spese di lite (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2006, n. 3282 ).
P.Q.M.
La Commissione Regionale della Campania sez. 28 definitivamente pronunciando così provvede:
Rigetta l’appello, per l’effetto annulla l’impugnato atto impositivo. Compensa tra le parti le spese di giudizio del doppio grado.
Depositata in segreteria il 24 maggio 2017.
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