Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sezione XI sentenza n. 4272 depositata il 15 luglio 2019
Riscossioni – Cartella di pagamento – Controversia – Mancata sottoscrizione funzionario competente – Invalidità – Esclusione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza n. 20576/2017 pronunciata il 21 giugno 2017 (depositata il 27 settembre 2017), la Sezione n. 21 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso presentato da P.T. avverso la cartella di pagamento n. (omissis) emessa successivamente all’Avviso di accertamento n. (omissis) dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale 1 di Roma e relativo all’addizionale erariale della tassa automobilistica, c.d. “superbollo”, per l’anno 2011.
La C.T.P. ha osservato in motivazione:
«Risulta agli atti di causa un diniego dell’istanza reclamo notificato dall’Agenzia delle Entrate mezzo p.e.c.
Nello stesso risulta che la cartella è stata preceduta dall’avviso di liquidazione dell’imposta notificata in data 18/07/2014 ma non è stata allegata alcuna documentazione. Rileva altresì, la Commissione che sia l’Agenzia delle Entrate che l Equitalia, quest’ultima regolarmente chiamata in causa, non si sono costituite.
Tanto premesso e considerato che l’art. 5 del D.l. 953/82, così come modificato dall’art. 3, d.l. 2/86 convertito in l. 60/86 prevede letteralmente che il diritto di recupero della tassa automobilistica è di tre anni sia per l’attività di accertamento che per quella di riscossione, non essendo stata data alcuna prova della notifica dell’accertamento e essendo stata notificata la cartella solo il 5/10/2016, ben oltre i tre anni per la riscossione, la Commissione non può che dichiarare la prescrizione della tassa automobilistica richiesta con la cartella oggetto di impugnazione e conseguentemente la nullità della stessa (Corte di Cassazione 3658/2007 – CTR Lazio 137/2005)».
Di qui l’accoglimento del ricorso, con assorbimento delle altre eccezioni e compensazione delle spese.
Avverso la decisione ha interposto appello l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale 1 di Roma, articolando i seguenti motivi di gravame:
– l’Ufficio ha regolarmente e tempestivamente notificato l’avviso di accertamento n. (omissis) in data 18.07.2014, quindi entro il terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento come stabilito dall’art. 5 d.l. 953/1982 (cfr. allegato 1);
– l’avviso diveniva definitivo per mancata impugnazione e la notificazione dell’avviso interrompeva, inoltre, il decorso del termine per l’accertamento, iniziando quindi a decorrere ai sensi dell’art. 2945 cod. civ. un nuovo periodo per la riscossione, anche questa tempestivamente avvenuta con la notificazione in data 23.09.2016 della cartella n. (omissis) (cfr. allegato 2);
– parimenti infondate sono le ulteriori eccezioni avanzate dal contribuente e rimaste assorbite nella decisione di primo grado;
Per i suddetti motivi, l’Agenzia delle Entrate ha chiesto la riforma della decisione impugnata, con conseguente conferma della correttezza dell’operato dell’Ufficio e condanna dell’appellato al pagamento delle spese di lite, maggiorate di diritto del 50% per la rifusione delle spese del procedimento di mediazione ai sensi dell’art. 17-bis, comma 10, del d.lgs. n. 546/1992 come da nota allegata.
Si è costituito il contribuente, il quale ha articolato le seguenti controdeduzioni:
1. in via preliminare si eccepisce l’inammissibilità dell’atto di appello, per non essersi l’appellante costituito nel giudizio di primo grado, con conseguente inammissibilità delle domande e delle eccezioni non rilevabili d’ufficio proposte con il predetto atto, in quanto non proposte in precedenza;
2. in relazione alla documentazione prodotta dall’appellante si disconosce formalmente la documentazione depositata in copia e si chiede la produzione in originale dell’atto di accertamento, della documentazione della procedura di notificazione dello stesso (raccomandata, raccomandata informativa, C.A.D., avviso di ricezione della raccomandata contenente presuntivamente l’atto di accertamento n. (omissis) etc.) anche al fine di verificare che l’avviso di ricezione depositato riguardi effettivamente la raccomandata contenente l’avviso di accertamento n. (omissis), atteso che la relazione di notificazione risulta essere incompleta per la mancata indicazione dei dati identificativi dell’atto;
3. si eccepisce, in ogni caso, la nullità dell’atto di accertamento per la mancata indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione e, dunque, per violazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000 e dell’art. 3, comma 4, della legge n. 241/90; in particolare non si capisce sulla base di quale riferimento normativo, sulla base di quale calcolo e sulla base di quale aliquota venga richiesto l’importo di euro 1.000,00 a titolo di tassa automobilistica per l’anno 2011;
4. l’atto di accertamento è, altresì, privo delle informazioni necessarie all’esercizio del diritto di difesa del contribuente;
5. sempre in relazione all’atto di accertamento, si insiste nell’eccezione di nullità per mancata sottoscrizione da parte del capo dell’Ufficio o da parte di altro Dirigente delegato;
6. in ogni caso, si chiede di ordinare la produzione in originale della delega alla sottoscrizione, facendo fin d’ora rilevare come la stessa sia da ritenere valida soltanto se conferita per la sottoscrizione dello specifico atto di accertamento (presuntivamente) notificato e contestando, pertanto, eventuale genericità della predetta delega di poteri;
7. si insiste, infine, nell’accoglimento delle eccezioni proposte nel primo grado di giudizio avverso la cartella di pagamento impugnata (violazione dell’art. 43, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973 per assenza della qualifica di Dirigente del soggetto che ha sottoscritto l’atto impugnato; omessa e/o insufficiente motivazione per omessa identificazione dell’autovettura; violazione dell’art. 3 legge 241/1990; violazione dell’art. 7, comma 1, dello Statuto del Contribuente; mancata allegazione degli atti presupposti).
Per tali ragioni l’appellato ha chiesto, in via preliminare, di accertare e dichiarare l’improcedibilità e/o inammissibilità e/o nullità del ricorso in appello per i motivi esposti in narrativa e, nel merito, il rigetto dell’appello, con vittoria di spese.
Per la trattazione il processo è stato fissato all’odierna udienza in camera di consiglio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello formulata dalla difesa del contribuente. Invero, la possibilità per la parte non costituita in primo grado di proporre appello è senz’altro riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità in considerazione del combinato disposto del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, e art. 327 c.p.c. (Cass., Sez. 5, sent. n. 4862 del 11/03/2015, in C.e.d. Cass., rv. 635056-01; Cass., Sez. 5, sent. n. 11991 del 22/05/2006, ivi, rv. 590422-01).
2. Parimenti indubbia è la possibilità di produzione di nuovi documenti in appello anche per la parte rimasta contumace in primo grado (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8313 del 04/04/2018, in C.e.d. Cass., rv. 647688-01; conf. Cass. Sez. 5, sent. n. 12008 del 31/05/2011, ivi, rv. 618258-01).
3. Passando al merito, va detto che l’appello deve trovare accoglimento. Invero, l’Ufficio ha documentalmente comprovato di aver regolarmente e tempestivamente notificato l’atto di accertamento n. (omissis) in data 18.07.2014, quindi entro il terzo anno successivo (art. 5 del d.l. 953/1982) a quello in cui avrebbe dovuto essere effettuato il pagamento (31 gennaio 2012, secondo quanto stabilito dall’art. 23 del d.l. 98/2011 e dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 7 ottobre 2011).
In proposito va detto che non possono trovare adesione le obiezioni dell’appellante circa l’avvenuta produzione di documenti in copia fotostatica, anziché in originale. Infatti, è senz’altro ammessa la produzione in copia fotostatica, come da costante giurisprudenza della Corte di cassazione (cfr. Cass., Sez. 5, sent. n. 11435 del 11/05/2018, in C.e.d. Cass., rv. 648072-02: «[…] In tema di contenzioso tributario, ai sensi dell’art. 22, comma quarto, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, la produzione […] di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel processo»).
Inoltre, l’appellante si è limitato a contestare la produzione di documenti in copia, senza eccepire la loro conformità agli originali, che è l’ineludibile presupposto di un’eccezione quale quella in parola (cfr. Cass., Sez. 5, sent. n. 8108 del 22/05/2003, in Cass. C.e.d., rv. 563447: «[…] La copia fotostatica di un documento ha lo stesso valore dell’originale e la sua stessa efficacia probatoria solo se la sua conformità all’originale non viene contestata dalla parte contro cui è prodotta, secondo il principio fissato dall’art. 2712 cod. civ., applicabile anche nel processo tributario»).
Peraltro, come affermato dalla Corte di Cassazione, «[…] L’onere, stabilito dall’art. 2719 c.c., di disconoscere “espressamente” la copia fotostatica di una scrittura implica che il disconoscimento sia fatto in modo formale e specifico, con una dichiarazione che, in relazione ad uno o più determinati documenti prodotti in copia» (Cass., Sez. 1, sent. n. 4912 del 27/02/2017, in C.e.d. Cass., rv. 644441-01). Nella specie nessuna contestazione specifica è stata effettuata.
4. Quanto all’eccezione di irritualità della notificazione dell’atto di accertamento formulata dall’appellato, va detto che esso fu notificato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ritirata il 18 luglio 2014 presso l’Ufficio postale, successivamente all’invio della C.A.D. del 16 luglio 2014, come risulta dalle annotazioni apposte dall’Ufficiale postale, fidefacienti fino a querela di falso, non proposta nella specie. Quindi nessun dubbio sussiste sulla regolarità della notificazione in parola.
5. In ragione di quanto sopra, contrariamente a quanto sostenuto dal contribuente, non si è determinata alcuna decadenza dell’azione di recupero da parte dell’Amministrazione, posto che l’atto di accertamento fu emesso entro il terzo anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere effettuato il pagamento (art. 5 del d.l. n. 953/1982) e, stante l’assenza di opposizione, la conseguente cartella di pagamento venne notificata il 5 ottobre 2016, quindi ben prima del termine di prescrizione.
6. Va detto, poi, che sono inammissibili tutte le questioni formulate dall’appellato in ordine alla regolarità formale, la compiutezza e la validità della sottoscrizione dell’atto di accertamento, che avrebbero dovuto essere poste in sede di opposizione allo stesso e non sono più proponibili nel giudizio avverso la cartella di pagamento emessa a seguito dell’intervenuta definitività dell’atto presupposto.
7. Sono infondate anche le altre questioni poste dal ricorrente in primo grado e ribadite, in quanto non delibate dalla C.T.P. perché assorbite, nelle controdeduzioni all’appello:
– è tardivamente posta, come dianzi rilevato, la questione della validità della sottoscrizione dell’avviso presupposto alla cartella;
– per la cartella di pagamento non si pone una questione di validità della sottoscrizione («[…] la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la ricevibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacché l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione. (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21290 del 29/08/2018, in C.e.d. Cass., rv. 650058-01);
– la questione della mancata allegazione alla cartella degli atti presupposti è superata, avendo l’appellante comprovato l’avvenuta notificazione dell’atto di accertamento, che, conseguentemente non andava allegato, in quanto già noto al contribuente (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 25343 del 11/10/2018, in C.e.d. Cass., rv. 651432-01);
– quanto alla motivazione della cartella l’appellante ha giustamente sottolineato che essa è pienamente conforme al modello legale stabilito dall’art. 25, commi 2 e 2-bis, del d.P.R. n. 602/1973 e contiene tutti gli elementi e le indicazioni ivi previste, certamente idonee a mettere il contribuente in condizioni di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti (Cass., Sez. 5, sent. n. 1111 del 18/01/2018, in C.e.d. Cass., rv. 646697-01); peraltro, come obiettato dall’appellante, lo stesso contribuente ha dato conto della circostanza che dai dati contenuti nella cartella era possibile evincere che la pretesa faceva riferimento all’omesso versamento del c.d. “superbollo” 2011 già accertato con l’avviso n. (omissis);
8. Per tutte le suesposte ragioni l’appello dell’Agenzia delle Entrate deve essere accolto e la sentenza di primo grado integralmente riformata. Le spese di entrambi i gradi di giudizio vanno compensate, avendo l’Agenzia delle Entrate comprovato l’avvenuto rituale invio dell’atto di accertamento al contribuente soltanto con le allegazioni documentali all’atto di appello.
P.Q.M.
la Commissione accoglie l’appello. Spese del primo e del secondo grado di giudizio compensate.
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