COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per del Friuli Venezia Giulia sezione 4 sentenza n. 88 depositata il 7 aprile 2017
La società ” A ” S.r.l. impugnava l’avviso di accertamento n. TI3030300018/2013 per l’anno 2010 notificato il 30.01.2013, avviso scaturente da PVC della Guardia di Finanza notificato alla ricorrente in data 25.10.2012.
Con l’avviso impugnato procedeva ad accertare maggiori redditi imponibili ai fini IRES ed IRAP ai sensi degli artt. 39 c. 1 lett. d) del DPR 600/73 ed un maggior valore della produzione netta ai fini IRAP.
In particolare l’Ufficio accertatore recuperava a reddito costi per un importo di € 100.799,00 dei quali riteneva non fosse certa l’esistenza o determinabili in modo obiettivo l’ammontare quali componenti per la determinazione del reddito e della produzione nell’esercizio di competenza, facendo riferimento quale atto istruttorio e per la motivazione agli accertamenti della Guardia di Finanza ed al PVC ed agli elementi emersi nel procedimento penale n. 5533/11 dai quali si evinceva la deduzione di componenti negativi di reddito di incerta esistenza per € 100.799,00. I costi erano costituiti da acquisti di oro da parte della ricorrente (che svolgeva attività di acquisto e rivendita e trasformazione/fusione di oro usato) dei quali sarebbe stata per l’ufficio incerta la provenienza.
La contribuente evidenziava che le operazioni “contestate” dall’Ufficio erano 70 su un numero complessivo di circa 3000 operazioni relative all’oro da fondere mentre il totale importo contestato, € 100.799,00 di acquisti, nell’anno 2010 era pari al 2,3% delle complessive operazioni di acquisto oro nell’anno; pari ad € 3.239.369,00 a fronte di importi pagati pari al 3,1% del fatturato.
La ricorrente evidenziava che le “anomalie” riscontrate dalla GdF relative a tali acquisti, si fondavano su testimonianze rese da cinque venditori che avevano fornito la ” A ” srl e sulla base di errata/incompleta compilazione di settanta documenti di acquisto con i quali la verificata procedeva ad identificare i venditori medesimi ai fini della compilazione del registro di Pubblica Sicurezza.
Per quanto attiene in particolare alle testimonianze la ricorrente evidenziava che in alcuni casi sarebbero state disconosciute le sottoscrizioni delle dichiarazioni dei venditori di oro ma evidenziava che i venditori facevano tutti capo ad un unico venditore che nell’anno 2010 era “OMISSIS” dal quale dipendevano od erano collegati e tali dichiarazioni non dei venditori per le forniture contestate non erano attendibili. In particolare tale “OMISSIS”, (che era commesso presso il negozio compro-oro sloveno del “OMISSIS”), disconoscendo le sottoscrizioni dei documenti di identificazione del fornitore rilasciate alla ” A ” Srl, affermava che potevano essere riferite a tale “OMISSIS” con il quale in passato era stato in affari e dal quale aveva subito una truffa; “OMISSIS” affermava che l’oro acquistato veniva portato alla ” A ” Srl e da lui stesso direttamente, o tramite i collaboratori all’epoca, “OMISSIS” e “OMISSIS” ed asseriva di aver scoperto che entrambi i “OMISSIS” avevano fatto operazioni per suo conto ma a sua insaputa (all. 8 PVC pag. 3); la ricorrente evidenziava, infine, che la figlia di “OMISSIS”, la Signora “OMISSIS”, (altra fornitrice “contestata”) aveva dichiarato che i soldi che riceveva per la vendita dell’oro li consegnava alla madre e che quest’ultima provvedeva a consegnarli al “OMISSIS” presso il negozio di “OMISSIS”.
La ricorrente deduceva che le prove “testimoniali” erano tutt’altro che inequivoche e rendevano, al contrario, plausibile che tutti i soggetti coinvolti, i fratelli “OMISSIS”, “OMISSIS”, “OMISSIS” e “OMISSIS” che lavoravano ed erano collegati al negozio compro- oro del “OMISSIS” in Slovenia, ed in particolare “OMISSIS”, avevano interesse a negare l’effettività delle operazioni intercorse con la ” A ” srl nell’anno 2010 al fine di dimostrare che le compravendite erano avvenuto come “privati” e non già come imprenditori, al fine di evitare un accertamento fiscale nei propri confronti.
Un tanto premesso la ricorrente eccepiva la nullità dell’avviso di accertamento impugnato per carenza di motivazione e contraddittorietà del medesimo rispetto alle risultanze delle indagini della GDF; l’infondatezza dell’accertamento in quanto privo di sostrato probatorio; l’infondatezza dell’accertamento per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109 TUIR essendo il costo esistente e provato dalla documentazione dimessa dalla ricorrente e probante la consegna da parte della ricorrente dell’oro acquistato da “OMISSIS”, alla società “OMISSIS” che si occupava della fusione e trasformazione dell’oro.
Resisteva l’Ufficio eccependo che era provata la situazione di incertezza circa l’esistenza dei costi dedotti e ciò sarebbe stato sufficiente a ritenere che ai sensi dell’art. 109 c. P DPR 917/1986, tali costi non fossero deducibili.
La Commissione Tributaria Provinciale di Trieste accoglieva il ricorso ritenendo non provato che i costi dedotti fossero non esistenti o di incerta esistenza e cioè che non fosse stata raggiunta la prova, neppure presuntiva ex art. 39 c. 1 lett d) del DPR 600/73, circa la sussistenza dei presupposti della indeducibilità ex art. 109 TUIR. Appella l’Ufficio deducendo l’erroneità della decisione impugnata per non aver i giudici di I° grado fatto buon governo delle regole in ordine alla ripartizione dell’onere della prova.
In particolare di non aver tenuto nel debito conto che l’onere della provare l’esistenza di componenti negativi di reddito grava sul contribuente interessato a farli valere.
In particolare nel caso di specie la contribuente non avrebbe assolto a tale onere probatorio in quanto dagli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza e dal relativo PVC, atto fidefacente, sino a querela di falso, sarebbe emersa l’incertezza circa l’esistenza dei componenti negativi di reddito e, cioè, circa l’esistenza degli acquisti di oro usato e del relativo pagamento, alla luce delle deposizioni testimoniali assunte dalla GDF viste le imprecisioni della documentazione della ricorrente, costituita da documenti attestanti acquisti di oro non firmati dai cedenti o con firme disconosciute da coloro che risultavano cedenti o redatti da soggetto che nella data del documento si trovava all’estero (“OMISSIS”) o non si sarebbe mai presentato presso la ” A ” srl (“OMISSIS”).
Resiste la contribuente deducendo di aver provato l’esistenza degli elementi reddituali negativi e la oggettiva determinabilità del loro ammontare tramite la produzione dei documenti di trasporto alla ditta “OMISSIS” srl che si occupava della fusione, tra l’altro, anche dell’oro acquistato dalla ” A ” Srl dai venditori “OMISSIS” (all. da 5 a 49 al ricorso introduttivo). L’appellata ripropone poi tutte le deduzioni e doglianze e richieste già oggetto del ricorso introduttivo del primo grado di giudizio.
DIRITTO
L’appello dell’Ufficio è infondato e va respinto.
La Commissione Tributaria Regionale del F.V.G., rileva come nel presente contenzioso non sia in contestazione l’esistenza dei costi asseritamente sostenuti dalla contribuente per l’acquisto d’oro.
La stessa attività istruttoria condotta dalla GDF portava quest’ultima ad evidenziare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste (cfr. all. 4 notizia di reato della ricorrente): ” L’imputazione delle cessioni a soggetto diverso dal reale cedente non appare avere finalità fiscali, tant’è che i prezzi di acquisto appaiono sostanzialmente omogenei, ma senz’altro impedisce la verifica dell’origine dell’oro acquistato e immesso nuovamente sul mercato, seppure in altra forma”; e si ipotizzava attività di ricettazione o di riciclaggio. A seguito della indagine della Procura il Giudice disponeva l’archiviazione del procedimento, ma ciò che rileva nel presente contenzioso è che i costi di acquisto dell’oro usato apparivano congrui nonché effettivamente sostenuti. A fronte di tali aspetti, non contestati in fatto dall’Ufficio, la contribuente ha provato di aver consegnato alla fonderia “OMISSIS” l’oro/argento nelle quantità indicate nei documenti contestati dall’ufficio e riferiti ai venditori “OMISSIS”.
Tale prova documentale, è costituita dai DDT di ” A ” srl a “OMISSIS” con indicato il peso/quantità delle merce trasportata e dai registri di acquisti e vendite detenuti dalla ricorrente e riportanti i numeri dei documenti interni relativi agli acquisiti d’oro/argento, con indicazione dei venditori e del peso/quantità della merce acquistata; gli stessi numeri di riferimento contenuti nel registro erano indicati (insieme ad altri relativi ad altri acquisti) nelle annotazione nel registro con causale “affinazione” a “OMISSIS”, e le quantità riportate come riferite alle consegne a “OMISSIS” per “affinazione” erano le stesse indicate nei DDT a “OMISSIS”.
Per contro a fronte del disconoscimento delle sottoscrizioni dei cedenti nei documenti di vendita, nessuna attività di verifica della autenticità o falsità delle sottoscrizioni è stata effettuata, di tal che non è dato sapere se effettivamente le sottoscrizioni fossero non riferibili ai cedenti “OMISSIS”, soggetti della cui attendibilità non si può essere certi; (al di là della carenza assoluta di contraddittorio nell’ambito dell’assunzione delle dichiarazioni dei medesimi da parte della GDF), attesa la verosimile sussistenza di un loro oggettivo interesse a minimizzare le loro vendite alla ricorrente, per evitare verifiche fiscali o per probabili conflitti di interesse stante i rapporti contrattuali esistenti tra loro ed il compro-oro “OMISSIS” (lavoravano per “OMISSIS” i sigg. “OMISSIS”).
E’ vero che sono stati rinvenuti documenti di vendita riferiti a taluno dei venditori ma non dai medesimi sottoscritti, ma è altrettanto vero che tali documenti irregolari si pongono come una eccezione, e per valori minimali rispetto agli acquisti effettuati dalla ricorrente ed al numero di operazioni poste in essere complessivamente: non “firmate” nel 2010 sono sei (6) vendite di “OMISSIS” per complessivi ? 8.273,00; quattro (n. 4) vendite di “OMISSIS” per complessivi ? 8.061,00, due (n. 2) vendite di “OMISSIS” per complessivi ? 3.443,00; tre (n. 3) vendite di “OMISSIS” per complessivi ? 900,00; e tali vendite a fronte (dato non contestato) di circa 3000 operazioni per oltre 3 milioni di euro nell’anno 2010 ed a fronte del fatto dichiarato, dalla stesa GDF che aveva fatto l’istruttoria, che non vi erano verosimilmente finalità fiscali attribuibili a ” A ” srl, sottesa alle irregolarità documentali riscontrate anche a fronte delle dichiarazioni testimoniali assunte.
La CTR ritiene, pertanto, che la contribuente abbia fornito la prova presuntiva ex art. 2729 c.c. della sussistenza dei costi (cosa non contestata) e della loro inerenza alla attività svolta e deducibilità ai sensi del citato art. 109 TUIR.
La Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, respinge l’appello dell’Ufficio; spese di lite compensate.
Così deciso in Trieste lì 14.9.2016
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