Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 48898 depositata il 17 novembre 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – VIOLAZIONE DI NORME PER LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO – ATTENUANTE DEL RISARCIMENTO DEL DANNO
FATTO
1. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dal G.I.P. del Tribunale di Sciacca che aveva applicato a M.M. la pena di mesi due di reclusione per il reato di lesioni colpose gravi commesse in violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, concessa l’attenuante del risarcimento del danno valutata con giudizio di equivalenza rispetto alle contestate aggravanti.
Il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione sia nella concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 comma 6 c.p. come equivalente alle contestate aggravanti, sia nella misura della pena, da ritenersi non congrua rispetto alla gravità dei fatti.
2. L’imputato ha presentato memoria difensiva volta alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.
DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
Questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo di motivazione della sentenza di patteggiamento deve essere conformato alla particolare natura giuridica della stessa, nel senso che lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti oggetto della imputazione: ciò con riguardo sia alla esclusione delle ipotesi di cui all’alt.129 c.p.p., sia agli altri tratti significativi della decisione, e precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione.
Va ancora ribadito che, fatta eccezione per l’ipotesi di pena illegale, è precluso alle parti proporre in sede di legittimità censure od eccezioni attinenti al merito delle valutazioni sottese al consenso prestato (Sez.3, 3 maggio 2011 n.23084, Rv.250966), concernenti in particolare la misura della pena (Sez.3, 13 febbraio 2013 n.10286, Rv.254980).
Nel caso di specie non si è in presenza di pena illegale e la sentenza impugnata da atto – con motivazione adeguata al rito prescelto – delle ragioni sottese alla concessione dell’attenuante del risarcimento del danno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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