CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 marzo 2019, n. 8658
Rapporto di lavoro – Contratti a termine – Part-time – Nullità delle clausole temporali – Trasformazione in contratto a tempo indeterminato
Rilevato
1) Che la corte d’appello di Bologna con sentenza del 18.3.2014 ha riformato la sentenza del tribunale di Bologna che aveva accertato la natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro di F.S. e la società A. per l’Italia con decorrenza dal 1.8.1987 e condannato la società alla ricostruzione del rapporto di lavoro, in conseguenza dell’accertamento della nullità delle clausole temporali apposte ai contratti stipulati tra le parti, con riferimento sia al tempo parziale che al termine apposto a detti contratti.
2) Che in particolare la corte d’appello ha accolto il gravame di A. spa con riferimento al motivo di appello relativo alla lamentata erroneità della decisione del giudice di prime cure nell’affermare la nullità della clausola temporale apposta al contratto di lavoro a tempo parziale del S., precisando che l’illegittimità di tali clausole non comportano l’invalidità del contratto part-time, né la trasformazione in contratto a tempo indeterminato, ma solo l’integrazione del trattamento economico; per la corte di merito, tuttavia, il S. nessuna allegazione e prova aveva svolto e nessuna domanda di integrazione del trattamento economico.
3)Che la corte distrettuale ha poi ritenuto la legittimità del termine dei contratti stipulati nel 1987 e nel maggio 1988, poi nel febbraio 1989, ai sensi dell’art. 1 del DLGS n. 876/77 conv. in legge 18/78 e integrato dall’art. 8 bis del DL 17/83 conv. nella legge n. 79/83, sia del contratto stipulato si sensi della legge n. 56/87, avendo la società prodotto documentazione atta dimostrare la sussistenza dei presupposti di legge per l’apposizione del termine.
4) Avverso la sentenza ha proposto appello il S. affidato a due motivi, ha resistito A. con controricorso.
Considerato che
5) Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. Non avrebbe considerato la corte di merito che sin dal primo grado il S. aveva chiesto che venisse accertata la sussistenza di un contratto a tempo pieno ed indeterminato a far tempo dal primo contratto a termine del 1987 o da data successiva da accertarsi , con riconoscimento dell’anzianità quanto meno dal 1.2.1989, ovvero dalla data della stabilizzazione avvenuta nel 2001. In particolare il ricorrente aveva dedotto , sia in primo grado, ma poi ribadito in appello, che dalla documentazione prodotta – in particolare le buste paga – si evinceva che l’orario svolto quotidianamente era pari a quello pieno e non part time, come indicato nei contratti di lavoro, che pertanto aveva omesso la corte di valutare la domanda svolta dal lavoratore, erroneamente affermando che non vi erano state allegazioni sul punto.
6) Con il secondo motivo di gravame il ricorrente deduce la violazione dell’art. 5 della legge n. 863/1984 egli artt., 1418 e 1419, 2126, 1414, 1230 e 2094 c.c.: la corte di merito, avrebbe erroneamente ritenuto che la clausola prevista dai contratti che indica come durata della prestazione mensile minima 96/128 ore, fosse illegittima e non nulla, mentre si tratterebbe di clausole nulle, perché poste in violazione dell’art.5 legge n. 863 citata , nella parte in cui non solo stabiliscono un orario variabile da 96/128 ore mensili, ma perché nei fatti la prestazione si era svolta a tempo pieno costantemente per l’intero periodo e fino al riconoscimento successivo da parte dell’azienda. Ciò che la corte di merito aveva quindi omesso era l’accertamento del concreto atteggiarsi del rapporto di lavoro in particolare fra il febbraio 1989 ed il 2001 come di rapporto a tempo pieno. Questione tempestivamente posta dal lavoratore sin dal primo grado.
7) I motivi che possono esaminarsi congiuntamente perché connessi, sono fondati e meritano pertanto accoglimento.
8) Va premesso che ai contratti stipulati a tempo parziale oggetto di esame va applicata, ratione temporis, la disciplina di cui all’art. 5 della legge n. 863/1984, norma che impone sia la forma scritta che l’esatta distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all’anno.
9) Il ricorrente, sin dal ricorso di primo grado, come può evincersi sia nella parte trascritta nel ricorso di legittimità, ma soprattutto esaminando detto atto che, unitamente alla memoria difensiva di appello, è stato ritualmente depositato in questa sede (allegati n. 4 e n. 6), ha dedotto di aver di fatto lavorato a tempo pieno sin dal novembre 1988, avendo l’obbligo di reperibilità costante, con una programmazione stabile e con un preavviso variabile da poche ore a 36748, con una prestazione che di fatto diveniva a tempo pieno e che ciò era dimostrato anche dalla documentazione allegata , ossia i CUD del listini paga del periodo controverso.
10) Nella disciplina del rapporto part time, in particolare disciplinato dalla legge n. 863/1984 – art. 5 – questa corte ha distino nettamente l’ipotesi in cui vengono previste delle cd clausole elastiche che consentono di richiedere “a comando ” e senza preavviso la prestazione lavorativa, statuendo in tal caso l’illegittimità della clausola con conseguente diritto alla sola integrazione del trattamento economico (cfr Cass. n. 13107/, Cass. n. 1721/2009), dall’ ipotesi in cui si verifica di fatto l’osservanza di un orario a tempo pieno con una automatica trasformazione del rapporto di lavoro per una sopraggiunta volontà delle parti in tal senso (Cfr cass. n. 25981/2008 Cass. n. 15774/2011). In sostanza il superamento del monte ore massimo previsto dalla contrattazione collettiva per il lavoro a tempo parziale, in difetto di previsione legale o contrattuale collettiva, non determina la trasformazione del rapporto in lavoro a tempo pieno, salva la possibilità che, a causa della continua prestazione di un orario pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, possa ritenersi che la trasformazione si sia verificata per fatti concludenti, trattandosi di una prestazione di un orario maggiore, tale da far venir meno la scelta contrattuale iniziale di un orario parziale, superabile solo in determinate circostanze.
11) Nel caso in esame il ricorrente non ha dedotto esclusivamente una “illegittimità” delle clausole cd. elastiche, ma una continuità di lavoro prestato, indicando elementi da cui dovrebbe evincersi tale diverso atteggiarsi dell’orario di lavoro anche con riferimento alla programmazione degli orari supplementari elevati e anche in ragione di carenze di strutturali organico , indagine istruttoria a cui la corte bolognese non ha dato seguito, essendosi limitata ad un’affermazione in diritto, trascurando di esaminare la rilevanza del concreto svolgimento del rapporto in termini di orario pieno o meno.
12) Il ricorso va pertanto accolto, con rinvio della causa alla corte d’Appello di Bologna in diversa composizione , che dovrà svolgere la citata indagine istruttoria, attenendosi a quanto statuito in particolare ai punti 10 ed 11. Alla corte bolognese si demanda altresì di provvedere anche in ordine alle spese legali del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie i ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla corte d’appello di Bologna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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