CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 aprile 2019, n. 10047
Licenziamento – Procedura di riduzione del personale – Puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Verbania, con sentenza del 3.8.2017, respingeva la domanda di impugnativa del licenziamento intimato a P.P., nell’ambito di una procedura di riduzione del personale ai sensi della legge nr. 223 del 1991.
2. La Corte di appello di Torino, con sentenza del 12.10.2017 nr. 852, in parziale accoglimento del reclamo proposto dal lavoratore, dichiarava risolto il rapporto di lavoro dalla data del licenziamento (29.8.2014) con condanna della I.P. srl al pagamento dell’indennità risarcitoria in misura pari a 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori.
2.1. A fondamento del decisum, la Corte di appello ha ritenuto non assolto l’obbligo della società, ai sensi dell’art. 9 comma 4, di puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta; la comunicazione finale, anche integrata dai documenti ad essa allegati, risultava inidonea, in relazione al profilo del lavoratore licenziato, di impiegato tecnico, a dare conto degli specifici elementi che avevano, in concreto, orientato la scelta, così che risultava impedita la possibilità di controllo della correttezza procedimentale cui la comunicazione stessa era finalizzata.
Avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione la società I.P. srl, affidato ad un unico motivo.
Ha resistito, con controricorso, il lavoratore.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso, la società ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 9, della legge nr. 223 del 1991.
1.1. Si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto generica la comunicazione finale e, dunque, non assolto dalla società l’onere di indicare, in modo specifico, le modalità di applicazione dei criteri di scelta.
2. Il motivo è infondato.
2.1. Come noto, l’art. 4, comma 9, ratione temporis applicabile stabilisce che «Raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l’impresa ha facoltà di licenziare gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi, l’elenco dei lavoratori licenziati, con l’indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell’età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, deve essere comunicato per iscritto all’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma 2».
2.2. Nell’interpretare la disposizione, questa Corte ha precisato che «[…] l’art. 4, comma 9, della legge nr. 223 del 1991, secondo cui il datore di lavoro deve dare una puntuale indicazione dei criteri di scelta e delle modalità applicative, impone oltre all’individuazione dei criteri con cui selezionare il personale, anche la specificazione del concreto modo di operatività degli stessi, in modo che il lavoratore possa comprendere perché lui, e non altri, sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo» (ex plurimis, Cass. nr. 18306 del 2016).
Del resto, una cosa è l’astratta previsione di un determinato criterio, altra l’indicazione della modalità concreta della sua applicazione.
2.3. In altre parole, la comunicazione ex art. 4 comma 9 della legge nr. 223 del 1991, anche in presenza di criteri stabiliti in sede di accordo sindacale, non può limitarsi ad una presa d’atto degli stessi ma deve indicare il modo in cui quei criteri sono stati applicati così da soddisfare un livello di adeguatezza idoneo a mettere in grado il lavoratore di comprendere per quale ragione e sulla base di quali criteri di scelta (siano essi legali o convenzionali) lui, e non altri colleghi, sia stato posto in mobilità o licenziato e quindi di poter contestare il recesso datoriale.
Tale verifica resta un momento centrale della procedura.
2.4 Come già osservato (Cass. nr. 13989 del 2007; Cass. nr. 9143 del 2003; Cass. nr. 265 del 1999), la procedura di cui alla legge nr. 223 del 1991, artt. 4 e 5, è finalizzata alla tutela non solo di interessi delle organizzazioni sindacali, ma anche dell’interesse pubblico, correlato alla occupazione in generale ed ai costi della mobilità, e dell’interesse dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro (così Cass., sez. un. nr. 302 del 2000 la procedura ex legge nr. 223 del 1991 è posta a «tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto […] dei singoli lavoratori coinvolti»); tra le posizioni soggettive in conflitto primeggia, evidentemente, il diritto soggettivo al posto di lavoro dei dipendenti indicati come eccedentari, il cui sacrificio è consentito soltanto nel rispetto di tutte le componenti regolate dalla legge, vuoi sostanziali vuoi procedimentali.
3. La Corte territoriale ha, correttamente, applicato i principi sopra richiamati e, con giudizio di fatto a lei riservato, non adeguatamente censurato in questa sede, ha analiticamente esaminato il contenuto della comunicazione inviata, a conclusione della procedura dì cui all’art. 4 della legge n. 223 del 1991, agli organi competenti e alle organizzazioni sindacali, e concluso per la incompletezza della suddetta comunicazione.
3.1. Nello specifico, la Corte di appello ha dato atto che, tra i profili in esubero, vi fosse quello di impiegato tecnico di cantiere.
3.2. Ha, quindi, osservato come la scelta concreta del lavoratore fosse caduta sul P., in applicazione dei criteri legali, individuati dalle parti sociali, quale strumento di selezione del personale da licenziare, in via subordinata, rispetto a quello prioritario del raggiungimento del diritto a pensione nel periodo di fruizione dell’indennità di disoccupazione.
3.3. La Corte di appello ha, poi, evidenziato come, tra i criteri legali, con specifico riferimento al profilo di impiegato tecnico, fosse stata data prevalenza alle esigenze tecnico-produttive; veniva, dunque, individuato il P. in quanto unico lavoratore, tra quelli aventi il medesimo profilo professionale, ad operare esclusivamente nei cantieri; gli altri due impiegati tecnici, invece, risultavano adibiti anche a compiti di ufficio connessi all’attività di impresa nel suo complesso.
3.4. Il criterio prescelto rispondeva a fattori obiettivi ed era coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione di personale.
3.5. Tuttavia, di queste modalità di selezione, in relazione allo specifico profilo professionale (id est di impiegato tecnico), non vi era traccia nella comunicazione ai sensi dell’art. 4, comma 9, della legge nr. 223 del 1991 che, dopo aver enunciato l’applicazione dei criteri di cui alla lett. b) dell’accordo sindacale (id est di quelli legali) e indicato di aver licenziato i lavoratori aventi un profilo professionale rientrante tra quelli in esubero, si limitava ad aggiungere «che in caso di più lavoratori con identico o similare profilo professionale […] (venivano) collocati in mobilità i lavoratori aventi minor anzianità aziendale e carico familiare congiuntamente valutati».
4. Nel riportato percorso argomentativo, non si colgono errori di diritto; il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. nr. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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