CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 luglio 2019, n. 20416
Rapporto di lavoro – Violazione della procedura di reclutamento – Invalidità assoluta del contratto di lavoro stipulato
Fatti di causa
1. L’A. con nota del 26.10.2015, premesso di essere venuta a conoscenza delle gravi irregolarità commesse nella procedura relativa alla assunzione, contestò agli odierni ricorrenti che la loro posizione in graduatoria era avanzata solo a causa della alterazione del punteggio, accertata dalla sentenza del Tribunale penale di Roma, e che non si erano collocati in posizioni utili per essere assunti, in quanto avevano conseguito un punteggio inferiore alla soglia di idoneità.
2. All’esito delle giustificazioni, in data 27 novembre 2015 l’Azienda comunicò il licenziamento disciplinare sul rilievo che “i fatti emersi ed anche riportati nella lettera di contestazione disciplinare, rendono evidente la violazione della procedura di reclutamento inderogabilmente imposta dall’art. 18 L. 133/2008 con la conseguente invalidità assoluta del contratto di lavoro con lei stipulato”.
3. Gli odierni ricorrenti avevano convenuto in giudizio A. spa, ai sensi dell’art. 1 c. 47 della L. n. 92 del 2012, per l’accertamento della nullità o annullabilità del licenziamento disciplinare perchè discriminatorio, illecito, non sorretto da giusta causa e/o giustificato motivo e per la pronunzia del provvedimento reintegratorio reale e per la condanna della convenuta al risarcimento del danno globale di fatto, oltre al versamento dei contributi previdenziali; in via subordinata, i ricorrenti avevano domandato, ai sensi dell’art. 18 c. 5 L. 300 n. 1970, la condanna dell’Azienda al pagamento della indennità risarcitoria in misura pari a 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto; in via ulteriormente subordinata, avevano chiesto, ai sensi dell’art. 18 c. 6 L. 300 n. 1970, la condanna dell’Azienda al pagamento della indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
4. Il Tribunale di Roma rigettò le domande proposte dai lavoratori sul fondante e assorbente rilievo che i contratti dedotti in giudizio erano nulli per l’assenza in capo ai medesimi dei requisiti previsti per l’assunzione (posizione non utile nella graduatoria).
5. La Corte di appello di Roma con la sentenza indicata in epigrafe ha rigettato il reclamo proposto dagli odierni ricorrenti avverso la predetta sentenza.
6. Queste, per quanto oggi rileva, le argomentazioni che sorreggono il “decisum” della sentenza della Corte di Appello:
7. era corretta la statuizione del giudice di primo grado, che aveva dichiarato la nullità dei contratti di lavoro dedotti in giudizio, in quanto l’art. 18 c. 1 del d. I. n. 112 del 2008, come modificato dalla legge di conversione n. 133 del 2008, applicabile “ratione temporis” in quanto le assunzioni risalivano al 20.10.2008, ha esteso alle società che gestiscono servizi pubblici ed il cui capitale sia interamente posseduto da soggetti pubblici l’applicazione, le regole di reclutamento del personale e di conferimento degli incarichi cui sono soggette le Pubbliche Amministrazioni;
8. dalle prove acquisite nel processo penale, conclusosi con la sentenza di primo grado e con la sentenza di appello, era emerso che i principi di imparzialità, di economicità, di trasparenza e di pari opportunità garantiti dall’art. 35 del TUPI erano stati violati nella procedura di assunzione dei reclamanti;
9. la accertata nullità delle assunzioni aveva carattere assorbente rispetto alle deduzioni sulla inesistenza delle condizioni per la decisione secondo il principio “della ragione più liquida” e sul carattere discriminatorio ed ingiurioso dei licenziamenti;
10. Avverso questa sentenza N.M. e D.G.R. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale A. spa ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.
Ragioni della decisione
Sintesi dei motivi
11. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 cod.proc.civ. “violazione o falsa applicazione di norme di diritto laddove la sentenza dichiara nullo il contratto di lavoro dei ricorrenti. Mancanza dei presupposti previsti dall’art. 1418 c.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”
12. Richiamate le disposizioni contenute nell’art. 1418 c.c. e nell’art. 5 del d. Igs n. 165 del 2001, i ricorrenti asseriscono che l’illegittimità della procedura concorsuale e della graduatoria avrebbe dovuto essere addebitata a coloro che avevano organizzato e gestito tale procedura e non ad essi ricorrenti, a meno di ritenere provata da parte di essi ricorrenti la conoscenza della avvenuta alterazione dei criteri selettivi e dei punteggi.
13. Sviluppando tale tesi, sostengono che l’applicazione del principio della “ragione più liquida” aveva determinato il vizio di omessa pronuncia in quanto non era stato accertato se essi ricorrenti avevano partecipato o meno alla alterazione dei punteggi, per tal via determinando la nullità dei singoli contratti di lavoro.
14. I ricorrenti, inoltre, imputano alla Corte territoriale di avere travisato i fatti di causa perchè aveva posto a fondamento della affermata nullità dei contratti dedotti in giudizio una vicenda, quella relativa all’assunzione di personale impiegatizio avvenuta attraverso la chiamata diretta, che non era riconducibile in alcun modo alle modalità di assunzione di essi ricorrenti.
15. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 5 cod.proc.civ., “Omessa ammissione di prova testimoniale o di altra prova. Vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia- omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”.
16. Addebitano alla Corte territoriale di non avere motivato in ordine alla mancata ammissione della prova testimoniale, pur essendovi tenuta ai sensi dell’art. 421 cod.proc.civ., e deducono che la Corte territoriale aveva assimilato agli impiegati amministrativi, assunti per chiamata diretta, essi ricorrenti assunti all’esito della procedura selettiva svolta dal Consorzio E. Assumono che la prova richiesta, ove ammessa, avrebbe dimostrato la liceità dei contratti di lavoro e la totale estraneità di essi ricorrenti alla condotta tesa ad alterare i risultati del bando di concorso.
Esame dei motivi
17. Il primo motivo ed il secondo motivo devono essere trattati congiuntamente, in ragione dell’intima connessione delle censure formulate, in parte sovrapponibili.
18. Essi sono inammissibili nella parte in cui, sulla scorta di prospettazioni in larga parte coincidenti, imputano alla Corte territoriale di avere travisato i fatti di causa per avere posto a base della dichiarata nullità dei contratti di lavoro dedotti in giudizio una vicenda diversa ed estranea (assunzione diretta a chiamata riguardante il personale impiegatizio) da quella che aveva portato alla loro assunzione.
19. Le censure, infatti, poggiano su atti e documenti (bando di concorso e procedura concorsuale alla quale parteciparono gli odierni ricorrenti, procedura relativa alla chiamata diretta di terze persone, sentenza penale di condanna, delibere di assunzione) che i ricorrenti, in violazione degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., non hanno riprodotto nel ricorso, nelle parti salienti e rilevanti, atti che non risultano allegati al ricorso e di cui non risulta indicata l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass. SSUU 8077/2012; Cass. 5696/2018, 24883/2017, 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010).
20. I motivi in esame sono infondati nella parte in cui imputano alla Corte territoriale il vizio di omessa pronuncia per non avere accertato l’eventuale partecipazione di essi ricorrenti alla alterazione dei punteggi e nella parte in cui addebitano alla Corte territoriale di non avere motivato in ordine alla mancata ammissione della prova testimoniale.
21. Come già evidenziato nei punti da 7 a 9 i questa sentenza, la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto nulli i contratti di lavoro stipulati dall’A. spa con gli odierni ricorrenti sul rilievo che dalle prove acquisite nel processo penale, conclusosi con la sentenza di primo grado e con la sentenza di appello, era emerso che i principi di imparzialità, di economicità, di trasparenza e di pari opportunità garantiti dall’art. 35 del TUPI erano stati violati nella procedura concorsuale che aveva portato alla assunzione dei reclamanti.
22. Al riguardo va osservato che la regola che impone l’individuazione del contraente sulla base di una graduatoria formulata all’esito della procedura concorsuale nel rispetto dei criteri imposti dalla legge e dal bando (art. 35 d.lgs. n. 165 del 2001), seppure non direttamente attinente al contenuto delle obbligazioni contrattuali, si riflette necessariamente sulla validità del negozio, perché individua un requisito che deve imprescindibilmente sussistere in capo al contraente.
23. Diversamente da quanto opinano i ricorrenti, la nullità della procedura concorsuale per violazione di norme imperative di legge costituisce causa di nullità dei contratti sottoscritti in esito a tale procedura indipendentemente dalla circostanza che gli odierni ricorrenti vi abbiano dato causa e a prescindere anche dal fatto che delle irregolarità commesse nella procedura concorsuale abbiano avuto consapevolezza.
24. Ove, infatti, si consentisse la continuazione dello svolgimento del rapporto con un soggetto privo del requisito in parola si finirebbe per porre nel nulla la norma inderogabile, posta a tutela di interessi pubblici, alla cui realizzazione deve essere costantemente orientata l’azione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici ovvero delle società, quali l’A. spa, alle quali si applica l’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla L. n. 133 del 2008 (Cass. 15506/2019, 11951/2019).
25. Pertanto, l’estraneità dei lavoratori agli illeciti ed alle irregolarità che connotarono la procedura culminata nell’assunzione, ove pure accertata e provata non avrebbe potuto fondare alcuna domanda volta alla continuazione del rapporto di lavoro geneticamente nullo per insussistenza dei presupposti previsti dal bando per la costituzione del rapporto di lavoro (Cass. 3644/2019).
26. Sulla scorta delle considerazioni svolte, il ricorso va rigettato.
27. Le spese, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza.
28. Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 7.500,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA.
Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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