COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 2419 sez. V depositata il 17 aprile 2019
Catasto – Classamento – Area portuale – Locali deposito temporaneo di merci e magazzino – Classe A/10 e E/1 – Legittimità – Ufficio – Utilizzo diverso – Prova – Onere
FATTO E RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale di Roma – Territorio ha proposto appello per la riforma della sentenza indicata in epigrafe con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Roma ha accolto il ricorso della C.F. s.p.a. contro l’accertamento catastale con il quale l’Ufficio odierno appellante aveva provveduto al classamento in categoria D/8, con attribuzione delle relative rendite, di alcune unità immobiliari site, rispettivamente, al primo piano e al piano terra di un immobile all’interno dell’area portuale di C. e censite in catasto al f. (omissis) p. (omissis) subalterni 502, 503 e 504; per tali unità immobiliari la contribuente, con dichiarazione DOCFA, aveva proposto l’inquadramento nella categoria (omissis) (segnatamente per le prime due, destinate ad ospitare uffici) ed (omissis) (per la terza, destinata ad ospitare i magazzini per lo stoccaggio dei prodotti agroalimentari).
Con memoria depositata in data 7 febbraio 2010 si è costituita la società C.F. spa che ha chiesto il rigetto dell’appello, con vittoria delle spese di giudizio.
All’udienza del 4 febbraio 2019 la causa, dopo la discussione orale, è stata trattenuta in decisione.
***
Prima di passare all’esame dei motivi d’appello, va premesso che la sentenza impugnata ha affermato la correttezza del classamento proposto con DOCFA dall’odierna parte appellata, annullando conseguentemente il provvedimento dell’Ufficio del territorio, ritenendolo conforme alle istruzioni fornite dalla stessa Agenzia del Territorio con la circolare n. 4 del 2007 laddove si afferma che costituiscono cespite unico con la stazione, strettamente funzionale alla gestione delle infrastrutture del trasporto… il magazzino e le aree per il deposito temporaneo delle merci. I primi giudici hanno inoltre ritenuto il classamento proposto con DOCFA dalla società contribuente conforme al disposto dell’art. 2, c. 40 del d.l. 262/2006, che esclude il classamento nelle categorie E gli immobili destinati ad uso commerciale o industriale situati nelle aree portuali, ma soltanto se abbiano una propria autonomia funzionale e reddituale, circostanza che, secondo i primi giudici non è stata dimostrata dall’Ufficio del Territorio.
L’Appellante Agenzia delle Entrate, con un unico articolato motivo di doglianza, ritiene che i primi giudici abbiano errato nel ritenere non corretto il classamento disposto dall’Ufficio, atteso che, in sostanza, i magazzini di cui trattasi sarebbero adibiti non ad un mero servizio portuale, bensì ad un’attività imprenditoriale autonoma consistente nel commercio merci ortofrutticole.
L’appello è infondato.
Ritiene infatti il collegio che l’Agenzia delle entrate non abbia fornito alcuna dimostrazione che, nel caso di specie, l’attività svolta dalla C.F. s.p.a. mediante i locali magazzini in questione, pacificamente situati all’interno dell’area portuale, sia diversa e/o ulteriore rispetto a quella di stoccaggio delle merci che transitano nel porto e che viceversa detta attività non sia limitata a tale servizio ma consista anche in una autonoma attività commerciale dei prodotti medesimi. Ciò in realtà non risulta, né può essere desunto dalla circostanza che la società contribuente operi con fine di lucro, che è ovviamente un carattere comune di tutte le imprese che svolgono servizi portuali, i quali mantengono tale loro connotazione anche quando per il loro svolgimento siano adibiti particolari impianti, come possono essere le celle frigorifere esistenti nei magazzini di stoccaggio ai fini della conservazione delle merci alimentari.
Al rigetto dell’appello consegue la condanna dell’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente grado che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale per il Lazio, sez. 5, respinge l’appello dell’Agenzia delle Entrate e la condanna a rifondere alla controparte le spese processuali che si liquidano in € 1.600,00.
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