CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 febbraio 2020, n. 5362
Tributi – Classamento di immobili – Attribuzione rendita catastale a seguito della procedura DOCFA – Motivazione dell’atto – Mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita – Diversa valutazione tecnica – Legittimità
Fatti di causa
1. La società G.C. in persona del l.r., presentava, in data 1.04.2011, denuncia Docfa concernente tre unità immobiliari, di cui due accatastate rispettivamente in cat. D/8 e D/1 e la terza in cat. A/3, proponendo rendite catastali rettificate successivamente dall’Agenzia del Territorio con avviso notificato nel 2012.
La contribuente impugnava l’avviso di accertamento e di rettifica delle rendite, eccependo la carenza di motivazione dell’avviso e la congruità della rendita proposta con procedura Docfa.
La CTP di Aosta respingeva il ricorso con sentenza appellata dalla società contribuente.
La CTR della Valle d’Aosta accoglieva il gravame, statuendo la carenza motivazionale dell’avviso, in quanto privo del riferimento al sopralluogo (che risultava essere stato svolto dall’ente solo nel corso del giudizio, sia pure limitatamente alle parti esterne dell’opificio), nonché per la carenza dei criteri di determinazione dei valori e per l’omessa comunicazione al contribuente che la rideterminazione dei valori era stata eseguita in base alla conoscenza dei luoghi.
Avverso la citata sentenza – n. 3/01/2015 depositata il 5.01.2015 – ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, svolgendo tre motivi.
Resiste con controricorso la contribuente, illustrato da memoria.
Motivi di diritto
2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360, 1^ co. n. 3) cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’art. 7 dello statuto del contribuente in relazione al D.M. n. 701/94. Per avere la commissione tributaria regionale dichiarato la carenza motivazionale dell’atto attributivo della maggiore rendita, nonostante esso contenesse gli elementi comparativi di valore idonei ad accertare le superfici divise per tipologia di destinazione, componenti l’immobile nonché gli impianti fissi esclusi dalla società.
Deduce l’amministrazione ricorrente che l’accertamento era stato effettuato sulla base dei grafici e degli elementi identificativi contenuti nella denuncia Docfa del 2011 e che, nell’atto medesimo, si afferma che la valutazione degli immobili classificati in cat.D) è stata svolta con il metodo della stima diretta, sulla base degli elementi economici e quantitativi riportati nelle allegate relazioni sintetiche con riferimento al biennio 1988-1989, indicando la categoria, la classe e la consistenza di ciascuna unità immobiliare.
Con la conseguenza che, avendo indicato il criterio astratto in base al quale era stato rilevato il maggior valore, l’atto di revisione della rendita doveva ritenersi sufficientemente motivato.
3. Con la seconda censura si lamenta violazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546/82, per avere i giudici regionali esaminato l’eccezione relativa all’assenza di sopralluogo quale presupposto per l’adozione del provvedimento, introdotta intempestivamente solo nel giudizio di appello.
4. Con il terzo mezzo, che deduce violazione dell’art. 11 del d.l. n. 70/1988 conv. In L. n. 154/1988, nonché dell’art. 4 del d.l. n. 853/1984 ex art. 360 n. 3) c.p.c., l’amministrazione finanziaria lamenta l’erroneità dell’affermazione contenuta nella sentenza oggetto dell’odierno ricorso, secondo la quale l’illegittimità dell’avviso dipende dall’assenza del previo sopralluogo. Sostiene al riguardo che detta adempimento – che costituiva comunque una facoltà – era stato abrogata con il d.l. n. 70/88 laddove si stabilisce che “il classamento può essere disposto anche senza effettuare il sopralluogo”.
Prosegue, di poi, l’ente finanziario dissertando in merito alla validità dei criteri di stima adottati ed alla congruità del valore di mercato individuato anche con riferimento ai fabbricati similari.
5. La prima censura è fondata.
Va premesso che in ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza, l’Agenzia ha riportato il contenuto della motivazione dell’avviso di accertamento, con cui ha rideterminato una nuova e maggiore rendita catastale delle tre unità immobiliari ed ha elevato un immobile dalla classe 2 alla 3 (FI 35, n. 24, sub 12).
L’ufficio ha provveduto alla variazione delle rendite, attraverso una “stima diretta” degli immobili effettuata sulla base dei valori di mercato capitalizzati con il relativo saggio, ai sensi degli artt. 29 e 30 del d.p.r. n. 1142 del 1949, applicando la formula estimale per la determinazione della rendita catastale secondo la formula R=r x V dove r rappresenta il saggio di fruttuosità, V il valore dei cespiti riferiti al biennio indicato ed il saggio di fruttuosità è indicato nella misura del 2%, con riferimento specifico ai singoli componenti dei cespiti.
6. In ogni caso, soccorre in proposito il costante orientamento di legittimità, secondo cui (da ultimo, tra le tante, Cass. ord. 31809/18): “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso“.
7. Nel caso in esame, è la stessa società ricorrente ad evidenziare come la divergenza di stima non sia dipesa dalla contestazione, da parte dell’ufficio, di elementi di fatto concernenti la tipologia e composizione di ciascun immobile, quanto da una diversa valutazione economica (a sua volta discendente da una diversa metodologia estimativa) dei medesimi convergenti elementi di fatto.
E, correttamente, l’ente ricorrente ha proceduto con l’attribuzione di categoria e classe per l’immobile a destinazione ordinaria, mentre per gli immobili a destinazione speciale o particolare (cat. D) ha seguito il criterio della stima diretta come dispone l’art. 10 del r.d.l. 652/39, conv. in l. 1249/39: “la rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui all’art. 28 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con stima diretta per ogni singola unità. Egualmente si procede per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari che non sono raggruppabili in categorie e classi, per la singolarità delle loro caratteristiche”. In base all’art. 30 d.P.R. 1142/49 (Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano): “Le tariffe non si determinano per le unità immobiliari indicate nell’art. 8. Tuttavia la rendita catastale delle unità immobiliari appartenenti a tali categorie si accerta ugualmente, con stima diretta per ogni singola unita”.
Ai fini della determinazione del reddito dei fabbricati, l’art. 37 d.P.R. 917/1986 stabilisce che: “Il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta”.
Ebbene, l’Agenzia delle Entrate ha ricercato per ogni singola unità il valore commerciale dei singoli beni riferiti al biennio 88/89, influenzato dall’ubicazione, dal tipo di utilizzazione, dalle caratteristiche costruttive, dalla dotazione impiantistica e infine dalla vetustà.
8. Non va sottaciuto, infine, che, per gli immobili a destinazione speciale, come quello in esame (opificio cat. D), l’atto di accertamento costituisce l’esito di un procedimento specificamente regolato dalla legge, che prevede la partecipazione del contribuente e che, per gli immobili appartenenti alla indicata categoria, trova il proprio presupposto in una “stima diretta” eseguita dall’ufficio, in relazione alla quale, esprimendo essa un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, la presenza e l’adeguatezza della motivazione rilevano non già a fini della legittimità, ma della attendibilità concreta del giudizio accennato, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa indicata in motivazione (Cass. n. 5404 del 2012; Cass. n. 15471/2018).
Avendo dato atto che nell’avviso opposto tali elementi erano stati indicati, la CTR non poteva ritenere il difetto di motivazione, essendo sufficiente, per l’adeguata motivazione dell’accertamento, l’indicazione dei criteri applicati e dei dati di riferimento, da dimostrare in giudizio a fronte di contestazione.
9. La terza censura è fondata, assorbita la seconda.
Il compendio normativo descritto depone – con riguardo ai fabbricati a destinazione speciale – per la necessità di ‘stima diretta’, senza tuttavia che ciò debba necessariamente presupporre l’esecuzione del ‘sopralluogo’; il quale non costituisce, in materia, un diritto del contribuente né una condizione di legittimità dell’avviso attributivo di rendita, quanto soltanto un ulteriore e concorrente strumento conoscitivo di verifica ed accertamento di cui l’amministrazione finanziaria può avvalersi per operare la valutazione. Sicché la mancanza di esso non preclude, di per sé, la valutazione mediante ‘stima diretta’, allorquando l’ufficio sia comunque già in possesso di tutti gli elementi valutativi idonei allo scopo. Elementi valutativi che in tanto possono integrare ‘stima diretta’, in quanto appunto permettano di individuare le caratteristiche di ciascuna unità immobiliare oggetto di classamento; così da dare conto della peculiarità dal caso di specie, quale criterio alternativo all’applicazione standardizzata di rendite presunte con metodo tariffario o statistico (Cass. 22886/06; Cass. n. 374 del 2017; Cass. n. 6633/2019). Nel riaffermare questo principio, questa Corte ha precisato che: “il canone determinativo del classamento e della conseguente attribuzione della rendita catastale per gli immobili di categoria D deve basarsi, a norma del d.P.R. primo dicembre 1949, n. 1142, e dell’art. 37 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sulla stima diretta, che tenga conto delle caratteristiche del bene, potendo all’uopo essere utilizzate le risultanze emergenti dalla perizia prodotta dalla parte interessata senza necessità di sopralluogo, non costituendo esso né un diritto del contribuente né una condizione di legittimità del correlato avviso attributivo di rendita, integrando soltanto uno strumento conoscitivo del quale l’Amministrazione finanziaria può, ove necessario, avvalersi, ferma la possibilità di compiere le relative valutazioni in forza delle risultanze documentali a disposizione (Cass. n. 6633/2019; 8529/2019; 12743 del 23/05/2018; nn. 374 e 5600/2017).
11. In conclusione il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Valle d’Aosta in diversa composizione, affinchè proceda all’accertamento in ordine alla dedotta incongruità delle stime effettuate dall’Agenzia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Valle d’Aosta in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
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