CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 settembre 2021, n. 26546
Indebita applicazione dell’IVA sulla Tariffa di igiene ambientale – TIA1 – Restituzione dell’IVA applicata in rivalsa
La P.I. S.p.a. a seguito dell’assoggettamento delle proprie fatture, per servizio smaltimento rifiuti, ad IVA da parte della A. Ambiente S.p.a. la convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di la Spezia, al fine di ottenerne la condanna al rimborso delle somme prelevate a detto titolo, pari ad oltre euro novemila seicento (€ 9.655,66).
Il Tribunale di La Spezia rigettò la domanda di rimborso sulla TIA1 (Tariffa Igiene Ambientale 1).
La Corte di Appello di Genova ha riformato la sentenza condannando la A. Ambiente S.p.a. al rimborso in favore di P. S.p.a. della detta somma (di euro 9.655,66 oltre interessi legali dal 22/08/2011 al saldo), in quanto ha ritenuto che sulla detta TIA1 non sia dovuta l’IVA.
Ricorre per cassazione la A. S.p.a. con due motivi.
Resiste con controricorso la P.I. S.p.a.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione secondo il rito camerale di cui agli artt. 375 e 380 bis cod. proc. civ.
La proposta del Consigliere relatore è stata ritualmente comunicata alle parti.
La A. Ambiente S.p.a. ha depositato memoria, nella quale ha insistito nella propria prospettazione.
Il primo motivo del ricorso deduce violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 115 e 346 cod. proc. civ. per non avere la Corte d’Appello considerato circostanza pacifica e non contestata in appello la detrazione dell’IVA.
Il motivo è infondato.
La circostanza della detrazione dell’IVA è stata oggetto di appello da parte della stessa P.I. S.p.a. e, quantomeno, la detta questione costituiva il fulcro del giudizio demandato alla Corte territoriale. Deve sul punto, e a confutazione della prospettazione di parte ricorrente, ribadirsi che l’IVA sulla c.d. TIA1 non è dovuta posto che alla Tariffa di Igiene Ambientale 1 deve riconoscersi la qualifica di vero e proprio tributo (Sez. U., n. 08822 del 10/04/2018; cfr. anche, in motivazione, Sez. U., nn. 08631 e n. 08632 07/05/2020), sicché la pretesa restitutoria è stata correttamente ritenuta fondata dalla Corte territoriale (è stato argomentato che il rapporto qui in questione è quello tra cedente e cessionario e non quello tra Fisco e contribuente: l’osservazione non è dirimente, poiché l’erroneo assoggettamento a IVA delle somme versate a titolo di TIA1 esclude la sussistenza di base legale per il relativo pagamento, per la rivalsa e per la detrazione, proprio in applicazione della circolarità correlata alla neutralità dell’imposta indiretta in parola, sicché non vi è all’evidenza alcun dubbio anche sulla conformità della ricostruzione alla sopra richiamata normativa comunitaria, così come sul rispetto dei principi di ragionevolezza e pari trattamento).
Il Collegio ritiene quindi di riaffermare l’orientamento esposto, e fatto proprio da (suddetti) molteplici precedenti specifici, posto che all’esclusione della sussistenza del tributo, giudizialmente accertata, non può che seguire il ripristino delle corrette posizioni delle parti private.
In ogni caso la questione dedotta con il primo motivo di ricorso risultava quantomeno assorbita dalla complessiva materia devoluta alla Corte territoriale con l’impugnazione principale.
Il secondo mezzo del ricorso dell’A. Ambiente S.p.a. è per violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 100 cod. proc. civ. e 18, 19 d.P.R. n. 600 del 1973 per avere la Corte territoriale posto a carico dell’A. Ambiente S.p.a. la prova della detrazione.
Il mezzo è inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.: il motivo richiama gli artt. 18 e 19 del d.P.R. n. 600 del 29/09/1973, omettendo di specificare in qual modo essi, che prevedono adempimenti di carattere formale in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, incidano specificamente in questo giudizio.
Il motivo, inoltre, richiama, del tutto impropriamente, e, pressoché, apoditticamente, la disciplina della distrazione delle spese di lite in favore dell’avvocato della parte vittoriosa (art. 93 cod. proc. civ.), per farne discendere delle conseguenze favorevoli all’A. Ambiente S.p.a., ma omette di contrastare adeguatamente quanto sopra ribadito in punto di non assoggettabilità a IVA della somma già versata a titolo di imposizione tributaria.
Il ricorso deve, nel riscontro di ragioni di infondatezza e di inammissibilità, essere rigettato.
Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza di parte ricorrente e sono liquidate, come da dispositivo, tenuto conto del valore della causa.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (Sez. U sentenza n 4315 del 20/02/2020).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in euro 3.200,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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