CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 marzo 2022, n. 8789
Rapporto di lavoro – Collaboratore coordinato e continuativo – Contribuzione – Diritto all’accredito – Corresponsione della pensione supplementare maturata
Rilevato che
la Corte d’appello di Milano ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di G.G. volta ad accertare il proprio diritto al riconoscimento della contribuzione il cui pagamento era stato omesso da V.P. s.r.l., presso la quale aveva svolto attività di collaboratore coordinato e continuativo dal 2002 al 2007, e per l’effetto ad ottenere la condanna dell’INPS ad effettuare il relativo accreditamento ed a corrispondergli la pensione supplementare maturata;
la Corte territoriale, in particolare, ha ritenuto che il collaboratore, iscritto alla Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 e segg., avesse diritto all’accredito ed al trattamento pensionistico oggetto della domanda ancorché in suo favore non risultassero versati i contributi di legge, facendo all’uopo applicazione del c.d. automatismo delle prestazioni previsto all’art. 2116 c.c., comma 1;
contro tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un motivo di censura;
G.G. non ha opposto difese;
Considerato che
con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della L. n, 335 del 1995, art. 2, commi 26-32 e D.L. n. 185 del 2008, art. 19, commi 2 e 2-bis (conv. con L. n. 2 del 2009), e succ. modif. e integraz., in relazione all’art. 2116 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che l’assicurato, che è iscritto alla Gestione separata, avesse diritto al riconoscimento dell’accredito contributivo previsto per i collaboratori in regime di c.d. monocommittenza ancorché in suo favore non risultassero versati i contributi di legge, facendo all’uopo applicazione del c.d. automatismo delle prestazioni previsto all’art. 2116 c.c., comma 1;
il motivo è fondato in continuità con il precedente costituito da Cass. Cassazione civile sez. lav. 30/04/2021 n. 11430;
in quella occasione, questa Corte di legittimità ha affermato che il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali di cui all’art. 2116, comma 1, c.c. non si applica ai collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla gestione separata, atteso che, ai sensi dell’art. 2 della l. n. 335 del 1995, essi sono personalmente obbligati alla contribuzione, restando irrilevante che l’art. 1 del d.m. n. 281 del 1996, ponga anche a carico dei committenti, nella misura dei due terzi, l’obbligo di versamento dei contributi, trattandosi soltanto di una forma di delegazione legale di pagamento, diretta a semplificare la riscossione, che tuttavia non immuta i soggetti passivi dell’obbligazione contributiva. Qualora il committente abbia omesso il pagamento dei contributi dovuti, il collaboratore ha la facoltà di dichiarare all’INPS di assumere in proprio il debito relativo alla parte del contributo accollata al suo committente, salvo rivalersi nei confronti di costui per i danni, o, in alternativa, di agire nei confronti del committente per il risarcimento dei danni ex art. 2116, comma 2, c.c. ovvero di esercitare l’azione di cui all’art. 13 della l. n. 1338 del 1962;
si è chiarito, che il principio generale dell’automatismo delle prestazioni previdenziali, in forza del quale queste ultime spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, mentre costituisce regola generale di tutte le forme di previdenza ed assistenza obbligatorie per i lavoratori dipendenti a prescindere da qualsiasi richiamo esplicito della relativa disciplina, essendo semmai necessaria, giusta l’insegnamento di Corte Cost. n. 374 del 1997, una disposizione esplicita per derogarvi, non trova invece applicazione, in difetto di specifiche disposizioni di legge o di una legittima fonte secondaria in senso contrario, nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale, in cui invece il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce di regola la stessa costituzione del rapporto previdenziale e comunque la maturazione del diritto alle prestazioni, e ha precisato che tale esclusione non può essere ritenuta irragionevole, dal momento che nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale l’obbligazione contributiva grava sullo stesso lavoratore al quale compete il diritto alle prestazioni, il quale, coerentemente, non può che subire le conseguenze pregiudizievoli del proprio inadempimento (così espressamente Cass. nn. 18830 del 2004, 6340 del 2005, 23164 del 2007;
nel caso di specie, tuttavia, i giudici di merito hanno ritenuto che l’anzidetto principio di diritto non potesse trovare applicazione, atteso che, essendo la parte odierna controricorrente iscritta alla Gestione separata, con onere del versamento dei contributi da parte del committente anche per la quota a carico del prestatore, sarebbe stato del tutto irragionevole addossarle le conseguenze di un inadempimento che oggettivamente non è le imputabile; e, richiamando l’estensione che questa Corte ha dato dell’azione risarcitoria ex art. 2116 c.c., comma 2, alle fattispecie dell’agente o del medico convenzionato che lamentavano il mancato versamento dei contributi previdenziali in loro favore (cfr. Cass. nn. 8398 del 1987 e 12517 del 2003), hanno argomentato che il medesimo parallelismo tra il lavoratore dipendente il cui datore di lavoro abbia omesso il versamento dei contributi dovuti e il lavoratore autonomo la cui contribuzione sia a carico del committente giustificherebbe l’estensione a quest’ultimo anche del principio di automaticità di cui all’art. 2116 c.c., comma 1;
si tratta di affermazioni che non possono essere condivise, giacché (si vedano in tal senso Cass. nn. 3051 del 1968, 2079 del 1971, 4083 del 1976, 4603 del 1993, 3273 del 1998 e numerosissime successive conformi), nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato il lavoratore è affatto estraneo al rapporto contributivo, che si costituisce esclusivamente tra il datore di lavoro e l’ente previdenziale: lo si desume dall’art. 2115 c.c., comma 2, il quale (con precetto testualmente ribadito dalla L. n. 218 del 1952, art. 19, comma 1), stabilisce che “l’imprenditore è responsabile del versamento del contributo, anche per la parte a carico del prestatore di lavoro, salvo il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali”, e ne è prova non solo il fatto che il lavoratore non ha alcuna azione nei confronti dell’ente previdenziale per la restituzione di contributi che siano stati indebitamente versati dal datore di lavoro, legittimato attivo della quale è solo quest’ultimo, anche per la parte imputabile al lavoratore (così specialmente Cass. n. 12993 del 1993), ma altresì che la stessa rivalsa operata dal datore di lavoro nei suoi confronti non costituisce adempimento prò quota dell’obbligazione contributiva verso l’ente previdenziale, ma semplice potestà accordata dalla legge nell’ambito del rapporto di lavoro, che non priva le somme trattenute della loro natura strettamente retributiva (così Cass. nn. 12855 del 1995, 13936 del 2002);
affatto diversa è la disciplina dettata dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 e segg., per i lavoratori autonomi titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa: per costoro, infatti, la L. n. 335 del 1995, art. 2, oltre a prevedere l’obbligo personale di iscrizione alla Gestione separata (comma 26) e a stabilire che “hanno diritto all’accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno solare cui si riferisce il versamento i soggetti che abbiano corrisposto un contributo di importo non inferiore a quello calcolato sul minimale di reddito stabilito dalla L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1, comma 3 e successive modificazioni ed integrazioni” (comma 29), demanda ad un decreto ministeriale di definire “le modalità ed i termini per il versamento del contributo” e di prevedere, “ove coerente con la natura dell’attività soggetta al contributo, il riparto del medesimo nella misura di un terzo a carico dell’iscritto e di due terzi a carico del committente dell’attività espletata ai sensi del comma 26” (comma 30). Il che equivale a dire che gli iscritti alla Gestione separata restano personalmente obbligati al pagamento del contributo, quanto meno nella misura di un terzo della sua misura complessiva, e che la previsione legale configura piuttosto un accollo privativo ex lege limitatamente a quella parte di contributo posta a carico del committente, rispetto alla quale non è dato all’ente previdenziale di agire se non nei confronti di quest’ultimo;
vero è che il D.M. n. 281 del 1996, art. 1, emanato in attuazione della delega dianzi cit., ha previsto che il versamento alla Gestione separata del contributo dovuto sulle collaborazioni coordinate e continuative sia effettuato dai committenti (comma 1), ribadendo al contempo che esso è posto per un terzo a carico dell’iscritto alla gestione previdenziale e per due terzi a carico del soggetto che eroga il compenso (comma 2). Ma dal momento che la disciplina regolamentare non può derogare alla previsione di legge (art. 4 preleggi, comma 1) e quest’ultima, come detto, abilita il regolamento esclusivamente a individuare “le modalità ed i termini per il versamento del contributo stesso, prevedendo, ove coerente con la natura dell’attività soggetta al contributo, il riparto del medesimo nella misura di un terzo a carico dell’iscritto e di due terzi a carico del committente”, la disposizione regolamentare va interpretata come recante una mera delegazione legale di pagamento con effetto liberatorio per il collaboratore per la quota di contributo rimasta a suo carico, che non può certo comportare, rispetto al rapporto contributivo, alcuna equiparazione della sua situazione a quella del lavoratore subordinato: si tratta, infatti, di una semplificazione delle modalità di riscossione del contributo che nulla immuta rispetto ai soggetti che debbono ritenersi titolari del lato passivo dell’obbligazione contributiva;
difettano dunque, nel caso di specie, i presupposti di operatività del principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116 c.c., comma 1;
allorché l’obbligazione contributiva sia posta prò quota a carico anche del prestatore, indipendentemente dalle modalità previste per il suo pagamento, si tratta di individuare, in armonia con la caratteristica indivisibilità dell’obbligazione contributiva (già riconosciuta da risalente giurisprudenza di questa Corte e specificamente ribadita da Cass. n. 8982 del 1995), uno strumento giuridico che consenta al prestatore iscritto alla Gestione separata di rinunciare all’effetto liberatorio dell’accollo ex lege di quella parte del contributo in capo al committente che sia rimasto inadempiente;
reputa il Collegio che tale strumento sia rinvenibile nella disposizione di cui all’art. 1236 c.c., precisamente nella parte in cui attribuisce alla dichiarazione del debitore di non voler profittare della remissione del debito l’effetto di impedire l’estinzione dell’obbligazione, ove sia comunicata al creditore “in un congruo termine”;
tale possibilità va concepita come alternativa al risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c., comma 2, che pure deve riconoscersi al collaboratore qualora il committente abbia omesso il pagamento dei contributi dovuti; ed eventualmente tramite l’azione di cui alla L. n. 1338 del 1962, art. 13, trattandosi di disposizione che – come più volte riconosciuto da questa Corte di legittimità, sulla scorta dell’indicazione di Corte Cost. n. 18 del 1995 – possiede quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l’applicazione a tutte le categorie di lavoratori non abilitati al versamento diretto dei contributi, ma sottoposti a tal fine alie determinazioni di altri soggetti (così, specialmente, Cass. nn. 8112 del 1999, 14393 del 2000, 8089 del 2001, 4832 del 2002). E ciò perché il “parallelismo” tra lavoratori subordinati e lavoratori autonomi cui si alludeva già in Cass. n. 12517 del 2003 (cit. nella sentenza impugnata) può bensì legittimare l’estensione ai lavoratori autonomi, che non abbiano iì dominio pieno del rapporto contributivo, delle azioni risarcitone previste dall’art. 2116 c.c., comma 2, a garanzia dei lavoratori subordinati, ma non anche, in difetto di un’espressa previsione di legge (quale ad es. il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 64-ter), del principio di automaticità delle prestazioni, che nemmeno per questi ultimi ha una valenza generale, ben potendo il legislatore stabilirvi eccezioni (così Corte Cost. n. 374 del 1997, cit.);
pertanto, considerato che la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 29, nel prevedere che hanno diritto all’accreditamento dei contributi soltanto gli iscritti che abbiano versato un contributo pari al minimale di reddito, esclude chiaramente i lavoratori iscritti alla Gestione separata dal principio di automaticità delle prestazioni (coerentemente, peraltro, con quanto disposto dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 19, in materia di tutela antinfortunistica dei lavoratori autonomi), e che l’operatività di tale principio non può essere argomentata nemmeno per tramite dell’estensione nei loro confronti dell’art. 2116 c.c., comma 1, difettandone in radice i presupposti operativi, deve conclusivamente ritenersi che anche per i soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla Gestione separata INPS il rapporto contributivo e previdenziale si atteggi, con le precisazioni dianzi esposte, come quello degli altri lavoratori autonomi iscritti alla medesima Gestione, con conseguente inapplicabilità del principio di automaticità delle prestazioni;
la sentenza impugnata, che non si è attenuta a tale principio di diritto, va conseguentemente cassata e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da G.G.;
le spese dell’intero processo vanno compensate in mancanza di precedenti di legittimità all’epoca di proposizione del giudizio;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da G.G. Compensa le spese dell’intero processo.
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