Agenzia delle Entrate – Risposta n. 259 dell’ 11 maggio 2022
Rientro dall’estero disposto contestualmente all’assunzione intervenuta in costanza di residenza all’estero – Regime speciale per lavoratori impatriati
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
L’Istante, cittadino italiano residente all’estero dal 2001, dichiara di aver conseguito nel 1990 il titolo di laurea e di essere iscritto all’albo dei giornalisti professionisti dal 4 febbraio 2003.L’Istante dichiara di essersi trasferito, nel settembre del 2000 all’estero per esercitare la professione come giornalista free-lance collaborando, tra gli altri, con alcune testate italiane e costituendo con la moglie la società ALFA, operante nel settore delle comunicazioni.
Nel 2001, l’Istante ha sottoscritto con la società italiana BETA un contratto di collaborazione autonoma con due testate giornalistiche, esercitata in completa autonomia, senza vincolo di dipendenza né responsabilità di servizio. I termini dell’accordo prevedevano espressamente che l’attività professionale resa dall’Istante venisse esercitata all’estero e in esclusiva per le predette due testate giornalistiche.
In relazione all’attività prestata come collaboratore esterno, gli veniva corrisposta una retribuzione fissa ed una retribuzione variabile, da calcolarsi in funzione del numero dei pezzi pubblicati superata una certa soglia numerica. L’accordo prevedeva durata annuale, con rinnovo automatico.
Il rapporto di collaborazione con BETA è stato periodicamente rinnovato alla scadenza ed è proseguito, negli stessi termini per tre anni fino al 27 giugno 2003 e leggermente modificato per altri tre anni, fino al 2006. Parallelamente alla collaborazione con BETA, l’Istante proseguiva ad esercitare all’estero la propria attività di free-lance, collaborando con altre testate giornalistiche italiane e straniere.BETA, con lettera del 13 marzo 2006, ha trasferito l’Istante in altro Stato estero per lavorare come collaboratore esterno solo per una testata giornalistica, sempre in completa autonomia, senza vincolo di dipendenza né responsabilità di servizio. Il nuovo accordo di collaborazione conservava la previsione di un compenso in parte fissa e parte variabile, la copertura delle spese da parte di BETA e la clausola di esclusività. Prevedeva, inoltre, una prima scadenza dopo tre anni, al 30 aprile 2009, con rinnovo automatico annuale.
Dal 1° maggio 2006, l’Istante si è, quindi, trasferito con la famiglia nel nuovo Stato estero, dove veniva registrato come lavoratore autonomo, ovvero come libero professionista, iniziando a lavorare principalmente per la testata giornalistica, ma mantenendo alcune ulteriori collaborazioni, le principali con una radio in Italia e con un canale televisivo straniero.
Con decorrenza 6 marzo 2007 si è iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE).Il 2 gennaio 2012, l’Istante è stato formalmente assunto da BETA con contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze di testate giornalistiche e i suoi supplementi, nelle relative edizioni su carta, on line e mobile, con la qualifica di redattore ordinario con oltre 30 mesi di anzianità professionale. La sua sede di lavoro è stata formalmente stabilita presso gli uffici della Società in Italia, ma a far data dall’assunzione gli veniva assegnato l’incarico di corrispondenza estera dal nuovo Stato estero con l’impegno a risiedervi , inizialmente per un periodo di soli 48 mesi, con scadenza del distacco al 31 dicembre 2015. Il distacco è stato prorogato per tre volte fino al 30 giugno 2022.All’atto dell’assunzione come corrispondente estero distaccato nel nuovo Stato estero nel 2012, l’Istante già risiedeva all’estero e lì esercitava la sua attività professionale per BETA da oltre 5 anni e, pur venendo qualificato dall’azienda come “distaccato a , in esecuzione di tale contratto di lavoro l’Istante non ha mai vissuto
in Italia né svolto le proprie mansioni presso gli uffici italiani di BETA. Il contratto in questione prevede un rapporto di esclusività che tuttavia ammette delle deroghe autorizzate dal direttore. L’Istante ha potuto, quindi, conservare importanti rapporti di collaborazione ed instaurarne di nuovi rispetto a quello in essere con BETA. Recentemente la società italiana BETA ha comunicato informalmente all’Istante di essere intenzionata a portare a conclusione il distacco all’estero nel 2022, offrendogli, a fronte dell’incremento di responsabilità, esperienze e competenze professionali maturate all’estero, il rientro in Italia con l’attribuzione della nuova qualifica di vice caporedattore della testata giornalistica presso la sede italiana. Il nuovo incarico, oltre a consistere nella promozione ad una qualifica superiore di tre gradi/livelli a quella attualmente rivestita dall’Istante comporterebbe una maggiorazione significativa della retribuzione, l’assunzione di maggiori responsabilità e un cambiamento radicale delle mansioni da svolgere quale responsabile dell’area digitale a pagamento della testata giornalistica, ponendosi quindi in totale discontinuità rispetto all’attuale posizione di corrispondente estero.”
Sebbene le peculiarità del nuovo incarico offerto all’Istante (i.e. nuova sede di lavoro, nuovo ruolo aziendale, nuove mansioni, nuove condizioni economiche, etc.) legittimerebbero BETA ad interrompere il contratto di distacco attualmente in essere tra le parti e ad offrire al dipendente un contratto di lavoro del tutto nuovo, l’Azienda non procederà ad una nuova assunzione per specifiche esigenze di natura aziendale. Tuttavia, pur nella vigenza del contratto già stipulato nel 2012 e con le opportune variazioni, BETA garantisce che la nuova posizione lavorativa assunta dall’Istante al rientro in Italia sarebbe del tutto differente rispetto a quella finora rivestita, sia sotto il profilo professionale – poiché il dipendente, finora impiegato come giornalista puro, assumerebbe un ruolo dirigenziale e di controllo all’interno della redazione della testata giornalistica – sia sotto il profilo delle condizioni economiche riconosciute al dipendente”.
L’Istante, che si qualifica come fiscalmente residente all’estero per i periodi d’imposta dal 2001 al 2006 e nel nuovo Stato dal periodo d’imposta 2007, sta valutando di accettare la suddetta proposta e di trasferirsi con tutta la famiglia in Italia non oltre la fine di giugno 2022 in modo da qualificarsi come soggetto ivi fiscalmente residente a decorrere dall’anno d’imposta 2022. Al riguardo, fa presente che ha tre figli nati nel 2003, nel 2007 e nel 2011.Tutto quanto sopra premesso, l’Istante chiede chiarimenti in ordine alla possibilità di potere fruire del regime speciale previsto per i lavoratori impatriati di cui all’articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, a seguito del suo rientro in Italia e dell’acquisizione della residenza ai fini fiscali a decorrere dal periodo di imposta 2022.Una prima questione controversa riguarda la riconducibilità della fattispecie rappresentata nell’ambito del rientro di distacco dall’estero cui fa riferimento la prassi amministrativa (circolare n. 17/E del 23 maggio 2017; risoluzione n. 76/E del 5 ottobre 2018; circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020), non avendo l’Istante svolto in qualità di dipendente neanche un giorno di lavoro nel territorio italiano a causa del distacco contestuale all’assunzione.Infatti, il contratto di distacco stipulato nel 2012 con BETA non ha implicato che l’Istante svolgesse anche un solo giorno di attività lavorativa in Italia, prevedendo ab origine l’esclusiva localizzazione del dipendente come corrispondente estero nel nuovo Stato, dove già risiedeva e lavorava dal 2006. Al contrario, la fattispecie a cui fa riferimento la prassi sembra presupporre la sussistenza di un contratto stipulato con una società italiana che preveda ab origine lo svolgimento dell’attività lavorativa in Italia e, solo in un momento successivo, un distacco del lavoratore all’estero, il quale, proprio per effetto di tale trasferimento, espatria. La seconda questione controversa, che si pone solo in caso di soluzione positiva della precedente, attiene alla possibilità di ritenere soddisfatto nella fattispecie in esame, tra gli altri, anche il requisito della discontinuità del nuovo ruolo aziendale assunto dal dipendente al rientro in Italia rispetto alla sua precedente posizione lavorativa. In particolare, l’Istante si interroga se la preclusione all’accesso al regime speciale previsto per i lavoratori impatriati individuata nella circolare n. 17/E del 2017 (Parte II, paragrafo 3.1) possa trovare applicazione al caso di specie, considerate le peculiari condizioni di rientro dall’estero del contribuente dipendente (i.e. l’assenza del dipendente dal territorio italiano per oltre 20 anni, la presenza di tre proroghe al contratto di distacco e il differente ruolo aziendale che l’Istante assumerebbe al rientro in Italia) che dimostrano un oggettivo affievolimento dei legami con il territorio italiano, l’effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero ed un percorso di totale discontinuità con la precedente posizione lavorativa assunta sia all’estero durante il distacco sia in Italia prima dell’espatrio, debbano intendersi automaticamente preclusivi all’accesso all’agevolazione di cui al citato articolo 16, oppure sussista la necessità di valutare la singola fattispecie nel suo complesso al fine di ricercare in concreto – pur in presenza di tali indici – la sussistenza dei requisiti di radicamento all’estero e discontinuità del nuovo ruolo aziendale idonei a soddisfare la ratio attrattiva della norma.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’Istante ritiene che nel caso concreto e personale sussistono, al rientro in Italia, i requisiti previsti per l’accesso al regime di cui all’articolo 16, comma 2, del d.lgs. n. 147 del 2015 e che le condizioni indicate nella prassi amministrativa di radicamento all’estero e discontinuità del nuovo ruolo aziendale, nonché la peculiarità del rientro dall’estero dalla attuale posizione di distacco rispondono alla ratio della citata norma. L’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 non disciplina esplicitamente il caso del soggetto distaccato all’estero che rientra in Italia che, invece, viene previsto quale caso particolare nella circolare n. 17/E del 2017, nella risoluzione n. 76/E del 2018 e nella circolare n. 33/E del 2020, dove si fa riferimento ad una condizione di “discontinuità” quale ulteriore fattore determinante ai fini dell’accesso all’agevolazione di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 147 del 2015, che non risulta sovrapponibile, per le sue peculiarità, a quella descritta nel caso concreto. Invero, il contratto di distacco con il quale l’Istante è stato assunto da BETA nel 2012 è del tutto peculiare e per molti aspetti sostanzialmente differente da quello preso a modello dalla prassi amministrativa. Come ampiamente descritto in istanza, infatti, tale contratto non ha mai implicato per l’Istante neppure un solo giorno di esercizio della propria attività lavorativa in Italia. Ha invece previsto ab origine l’esclusiva localizzazione del dipendente come corrispondente estero in Spagna, ove questi però già risiedeva e lavorava dal 2006. Quindi, l’espatrio dell’Istante dall’Italia non è avvenuto nel 2012 in esecuzione del contratto di distacco stipulato con BETA ma ben 12 anni prima, nel 2000, per scelta personale e professionale, quando questi non aveva alcun contratto in essere con la società italiana attuale datrice di lavoro ma lavorava per diverse testate europee ed italiane, come libero professionista free-lance.
Il primo contratto con BETA è stato firmato solo nel 2001 quando l’Istante era già residente all’estero da un anno. Il rapporto con BETA è stato così regolato: dapprima sotto forma di una semplice collaborazione professionale (dal 2001 al 2006 all’estero e dal 2006 al 2011 nel nuovo Stato dove gli era stato chiesto di trasferirsi) e solo dopo, nel 2012, sotto forma di un vero e proprio contratto di lavoro dipendente come redattore-corrispondente distaccato sin dall’origine all’estero. Per le peculiarità del contratto in questione, pertanto, l’Istante ritiene preliminarmente che al caso di specie non sia applicabile la condizione di “discontinuità” prevista dalla prassi amministrativa quale ulteriore fattore determinante ai fini dell’accesso all’agevolazione di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 147 del 2015.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati”. La citata disposizione è stata oggetto di modifiche normative, operate dall’articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n.34 (convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), in vigore dal 1° maggio 2019, che trovano applicazione, ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del decreto legge n. 34 del 2019, come modificato dall’articolo 13-ter, comma 1, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 “a partire dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147”.Per fruire del trattamento di cui all’articolo 16 del decreto internazionalizzazione, come modificato dal decreto crescita, è necessario, ai sensi del comma 1, che il lavoratore:
a) trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR;
b) non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
c) svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
In base al successivo comma 2, il cui contenuto è rimasto immutato rispetto alla versione dell’articolo 16 in vigore fino al 30 aprile 2019, sono destinatari del beneficio fiscale in esame, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che: a) sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero b) abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
L’agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi (cfr. articolo 16, comma 3, decreto legislativo n. 147 del 2015). Per accedere al regime speciale, il citato articolo 16 presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
In relazione alle modifiche normative che hanno ridisegnato il perimetro di applicazione del suddetto regime agevolativo a partire dal periodo di imposta 2019, con particolare riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi per accedere all’agevolazione, ai presupposti per accedere all’ulteriore quinquennio agevolabile, all’ambito temporale di applicazione della sopra richiamata disposizione, alle modifiche normative concernenti il requisito dell’iscrizione all’anagrafe degli Italiani residenti all’estero (c.d. AIRE) per fruire dell’agevolazione fiscale in esame sono stati forniti puntuali chiarimenti con circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, cui si rinvia per una completa disamina degli aspetti di carattere generale della normativa in esame.
Con riferimento, in particolare, ai contribuenti che rientrano a seguito di “distacco” all’estero, la citata circolare 33/E (par. 7.1) precisa che l’articolo 16, del d.lgs. n. 147 del 2015 non disciplina esplicitamente la posizione del soggetto distaccato all’estero che rientri in Italia e che, come precisato dalla circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (Parte II), i soggetti rientrati in Italia dopo essere stati in distacco all’estero non possono fruire del beneficio speciale in considerazione della situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa in Italia.
Tale posizione restrittiva, finalizzata ad evitare un uso strumentale dell’agevolazione in esame, non in linea con la vis attrattiva della norma, non preclude, tuttavia, la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il “rientro” in Italia “non sia conseguenza della naturale scadenza” del distacco ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa. Con la successiva risoluzione n. 76/E del 5 ottobre 2018, è stato, infatti, precisato che l’attività lavorativa prestata all’estero in posizione di distacco consente al dipendente l’accesso al regime speciale per i lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del d.lgs n. 147 del 2015, al verificarsi di tutte le condizioni, nei casi in cui il distacco, più volte prorogato e protrattosi nel tempo, ha determinato un affievolimento dei legami del lavoratore con il territorio italiano ed ha favorito, invece, un suo radicamento nel territorio estero; oppure se il dipendente al suo rientro in Italia assume un nuovo ruolo in ragione delle maggiori competenze acquisite e delle esperienze lavorative maturate all’estero.
Pertanto, in linea di principio, il regime non spetta nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro. Diversamente, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta al rientro costituisce una “nuova” attività, in virtù della sottoscrizione di un “nuovo” contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco e, quindi, l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia.
Al riguardo, si precisa che l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio.
Ciò accade, ad esempio, quando i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal “nuovo” ruolo aziendale e dalla relativa retribuzione, rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro in virtù di intese di varia natura, quali la sottoscrizione di clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale, dalle quali si evince che, sotto il profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio.A titolo meramente esemplificativo, costituiscono indice di una situazione di continuità sostanziale:- il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale;- il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;- l’assenza del periodo di prova;- clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;- clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco.
Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame.Si ritiene, inoltre, che la preclusione all’accesso al regime agevolativo sussista anche qualora, il distacco all’estero sia stato disposto contestualmente all’assunzione del lavoratore stante la continuità delle originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio.I predetti indici di “continuità” – come precisato dalla citata circolare n. 33/E del 2020 – sono indicati in via meramente esemplificativa e, pertanto, occorre valutare, in relazione alla singola fattispecie nel suo complesso considerata, se in concreto il radicamento all’estero del dipendente e la discontinuità del “nuovo” ruolo aziendale siano idonei a soddisfare la ratio attrattiva della norma.Ciò posto, con riferimento al caso di specie, si osserva che, l’Istante dichiara di essersi trasferito all’estero dal settembre dell’anno 2000 per svolgere l’attività libero professionale di giornalista e di avere instaurato nel 2001, in costanza della permanenza all’estero, con la società italiana BETA un rapporto di collaborazione autonoma, con svolgimento dell’attività dall’estero, trasformatosi il 2 gennaio 2012 in rapporto di lavoro dipendente con contestuale distacco all’estero, senza comportare il suo espatrio in quanto soggetto già fiscalmente residente all’estero.L’Istante afferma che il datore di lavoro gli ha proposto di rientrare in Italia nel 2022, concludendo il distacco per svolgere una attività di lavoro del tutto “nuova”, in altri termini nonostante una “nuova” sede di lavoro, un “nuovo” ruolo aziendale, “nuove” mansioni e “nuove” condizioni economiche, il datore non procederà ad una “nuova” assunzione per specifiche esigenze di natura aziendale. Tuttavia, pur nella vigenza del contratto già stipulato nel 2012 e con le opportune variazioni, la “nuova” posizione lavorativa assunta dall’Istante sarebbe del tutto differente rispetto a quella attuale, sia sotto il profilo professionale, poiché l’Istante assumerebbe un ruolo dirigenziale all’interno della redazione, sia sotto il profilo delle condizioni economiche riconosciute.Al riguardo, si ritiene che occorre prendere in considerazione:- da un lato, l’effettivo radicamento all’estero dell’Istante, che risiede con la propria famiglia fuori dall’Italia dal 2001 e, prima ancora del contratto di assunzione con contestuale distacco da parte del datore italiano;- dall’altro, la circostanza che l’Istante al rientro assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario e, pertanto, la posizione lavorativa non si porrà in “continuità” con la precedente posizione lavorativa.Alla luce di tali circostanze, si ritiene, pertanto, che l’Istante, al verificarsi di tutti i requisiti richiesti dalla norma, non verificabili in sede di interpello, potrà accedere al regime fiscale agevolativo per lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 – come modificato dall’articolo 5 del d.l. n. 34 del 2019, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e successive modificazioni e integrazioni – dal periodo d’imposta in cui trasferirà la residenza fiscale ai sensi dell’articolo 2 del Tuir e per i successivi quattro periodi d’imposta.Nel caso di specie, la presenza di figli minorenni o a carico permetterà, inoltre, l’applicazione del beneficio per ulteriori cinque periodi d’imposta ai sensi del comma 3-bis del medesimo articolo 16.Si fa presente, infine, che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale dell’Istante riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000, restando impregiudicato il potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria.Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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