Corte di Cassazione, ordinanza n. 18355 depositata il 7 giugno 2022
inutilizzabilità delle prove acquisite a mezzo di un accesso illegittimo
RILEVATO CHE
E. Srl impugnava gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate per Iva, Ires e Irap per gli anni 2004 e 2005, con i quali l’Ufficio contestava l’omessa contabilizzazione di ricavi non fatturati e, quindi, il maggior reddito in relazione alle operazioni immobiliari poste in essere dalla società.
La contribuente, in particolare, deduceva la nullità dell’avviso e l’inutilizzabilità delle prove in quanto acquisite, con riguardo all’accesso presso l’abitazione del legale rappresentante C.A., in assenza dell’autorizzazione della Procura della Repubblica, rilasciata solamente nei confronti dell’altro rappresentante legale, sig. F.M..
Il ricorso era rigettato dalla Commissione Tributaria provinciale di Firenze. La sentenza era confermata dalla CTR in epigrafe.
E. Srl propone ricorso per cassazione con due motivi, cui l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 3 c.p.c., violazione degli artt. 13 e 14 Cost., 33 d.P.R. n. 600 del 1973 e 52 d.P.R. n. 633 del 1972 per non aver la CTR ricostruito le fattispecie astratte sì da imporre, le prime due, l’inviolabilità della persona e del domicilio, salvi i casi di riserva di legge e di provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria, e, le seconde, la necessità della previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica ai fini della legittima acquisizione di documentazione contabile presso l’abitazione del contribuente e della validità della procedura di accertamento, con onere per il giudice tributario della verifica della rituale acquisizione di documenti.
2. Il motivo è infondato.
2.1 Preliminarmente va dato atto che la CTR, nell’esaminare le questioni, ha così motivato:
«Questa Commissione ritiene infondato l’appello pur non condividendo in toto le argomentazioni della CTP. In particolare, sulla lamentata inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite, la doglianza dell’appellante era ed è fondata. Tuttavia lo è solo a livello di enunciazione di principio non avendo assolto all’onere di indicare quali atti siano stati acquisiti illegittimamente, senza autorizzazione, e quindi, inutilizzabili. Infatti, ritenendo legittimamente concessa l’autorizzazione per l’accesso presso l’abitazione del sig. F.M., non è sostenibile la tesi dell’Ufficio del mero errore in cui sarebbe consistita la mancata indicazione anche del nominativo del sig. C.A. nell’atto del Procuratore. La Suprema Corte sul punto, come correttamente evidenzia l’appellante, ha chiarito che l’accesso senza autorizzazione del Procuratore, anche se assentito dalla parte, rende nulli tutti gli atti conseguenti fondati sulle risultanze dell’accesso. Ed in ultimo, molto chiaramente, Cass. Sez. V, n. 4498/2013 afferma il principio di diritto “In tema di accessi, ispezioni e verifiche da parte degli uffici finanziari dello Stato (o della Guardia di finanza, nell’esercizio dei compiti di collaborazione con detti uffici ad essa demandati), l’autorizzazione all’accesso al domicilio privato del contribuente data dal Procuratore della Repubblica, ai sensi dell’art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, legittima solo lo specifico accesso in tal senso autorizzato, secondo la stretta interpretazione della norma conseguente alle garanzie per la tutela della libertà personale poste dall’art. 14 Cost.; in base ad essa non è, pertanto, consentito ai citati uffici accedere ad altri luoghi, ove pur si ritenga che il domicilio debba ivi essere individuato in via di fatto”. È di tutta evidenza che l’accesso presso l’abitazione del C.A. era privo di autorizzazione e quindi illegittimo così da essere inutilizzabile tutta la documentazione acquisita presso di lui. Purtroppo, l’appellante non ha indicato quale sia questa documentazione, gravando su di esso l’onere di indicare gli atti inutilizzabili in conseguenza della loro illegittima acquisizione. In ogni caso … l’Ufficio ha accertato un diverso volume di affari sulla base di una molteplicità di elementi concordanti, legittimamente acquisiti (le scritture contabili acquisite presso il consulente fiscale della ditta con la relativa documentazione; le dichiarazioni degli acquirenti incrociate con le risultanze documentali di cui sopra; i contratti a cui l’Ufficio fa riferimento, ecc,) e non contestati».
2.2 La CTR, dunque, ha affermato i seguenti principi:
- l’accesso presso l’abitazione richiede la previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica;
- in mancanza dell’autorizzazione l’accesso è illegittimo e la documentazione così acquisita è inutilizzabile;
- è onere della parte indicare la documentazione che sia stata illegittimamente acquisita.
Ha poi accertato, in fatto, che:
d) nella specie, il contribuente non ha soddisfatto il suddetto onere;
e) in ogni caso, la pretesa è comunque fondata poiché si basa – anche a prescindere da (tutti) gli atti acquisiti in sede di accesso (compreso, verosimilmente, quello ritenuto legittimo nei confronti del F.M.) – su una molteplicità di elementi concordanti, legittimamente acquisiti e non contestati.
2.3 Orbene, va rilevato, in primo luogo, che la statuizione della CTR è corretta in diritto.
L’eventuale inutilizzabilità delle prove acquisite a mezzo di un accesso illegittimo, infatti, interessa solo le prove e le fonti di prova per le quali l’accesso suddetto abbia costituito una condizione necessaria, come è di regola per le cosiddette prove dirette, rappresentate dalle ispezioni attraverso le quali gli agenti acquisiscono conoscenza mediante percezione diretta dei fatti (principali o secondari) da provare, ovvero le perquisizioni o requisizioni ed in generale tutte le forme di apprensione materiale diretta di documenti o altre cose che costituiscano prove e che nel corso dell’accesso e della conseguente ispezione vengano rinvenute e autoritativamente acquisite.
Si è anzi precisato (Cass. n. 612 del 15/01/2020; Cass. n. 5382 del 18/03/2016; Cass. n. 25335 del 15/12/2010; in precedenza v. Cass. n. 19690 del 01/10/2004) che, invece, l’inutilizzabilità non può riguardare quelle prove che trovano nell’accesso una mera occasione, riguardo al luogo ed al tempo, come è di regola per le informazioni di terzi e soprattutto le dichiarazioni del contribuente, le quali potrebbero essere raccolte allo stesso modo sull’uscio dell’abitazione, per strada o negli uffici dell’organo deputato all’indagine.
In questo caso la dichiarazione è collegata all’accesso da un nesso di mera occasionalità, sicché la eventuale illegittimità di esso non è comunque idonea a determinare l’inutilizzabilità della dichiarazione stessa.
2.4 Ne deriva che l’illegittimità rileva solo per la specifica attività non autorizzata e, correlativamente, l’inutilizzabilità investe solo le prove che abbiano trovato diretto rapporto di causalità nell’attività illegittimamente espletata, dovendosi escludere un effetto espansivo rispetto all’intera procedura di accertamento (anche alla luce del principio utile per inutile non vitiatur) e alle ulteriori prove acquisite
2.5 Sul piano dell’onere della prova, infine, è condivisibile quanto affermato dalla CTR, per cui incombe sulla parte l’indicazione delle prove e/o della documentazione che sia stata illegittimamente acquisita, identificazione che, del resto, appare agevolmente esperibile attesa la necessaria compiuta verbalizzazione da parte degli agenti operanti di quanto compiuto e del materiale acquisito.
In ogni caso, la CTR ha operato una valida prova di resistenza avendo ritenuto la fondatezza della ripresa sulla base dell’ulteriore documentazione acquisita, non oggetto di alcuna contestazione, a prescindere, quindi, dalla eventuale acquisizione di documentazione in occasione degli accessi domiciliari.
3. Il secondo motivo denuncia, nuovamente, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione delle richiamate norme con riguardo al profilo della necessità che la previa autorizzazione del Procuratore della repubblica possa essere concessa solo in presenza di gravi indizi delle violazioni contestate.
3.1 Il motivo – ancorato alla documentazione acquisita in esito all’accesso regolarmente autorizzato presso il domicilio dell’altro legale rappresentante – è inammissibile.
Rileva, a tal fine, la cd. prova di resistenza operata dalla CTR (e di cui sopra al punto 2.2. e) e al punto 2.4., secondo periodo) che toglie ogni rilevanza alla esaustività o meno della verifica da parte del giudice d’appello sulla congruità della motivazione dell’autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica.
4. Il ricorso va pertanto Le spese, liquidate in dispositivo, sono regolate per soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in complessive € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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