La Corte di Cassazione sez. penale con la sentenza n. 20970 del 15 maggio 2013 è intervenuta in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro ed obblighi del datore di lavoro ed ha affermato che il datore di lavoro ha l’obbligo di assicurare ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento alle mansioni da svolgere, in maniera tale da rendere edotti i lavoratori sui rischi inerenti alle attività alle quali vengono addetti.
La Corte Suprema ha anche affermato che gli obblighi protettivi che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità. Può pertanto escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento.
Nella vicenda in esame, il datore di lavoro è condannato per omicidio colposo per non aver adeguatamente addestrato i lavoratori sul montaggio e l’utilizzazione della piattaforma di lavoro su colonne, denominata ponte autosollevante, cagionando la morte di tre operai, che precipitavano dalla piattaforma in cui si trovavano a causa di una errata manovra nel serraggio dei tasselli di ancoraggio e del mancato inserimento dei dadi negli apposti bulloni nel corso delle operazioni di montaggio del predetto macchinario.
Gli Ermellini hanno confermato la motivazione dei giudici di merito che hanno ritenuto sussistente una ipotesi di causalità commissiva, atteso che il datore di lavoro ha posto in essere una condizione dell’evento, costituta nell’aver adibito alle operazioni di montaggio del macchinario denominato “piattaforma di lavoro su colonne” tre lavoratori che non erano stati addestrati rispetto all’installazione della predetta piattaforma; e si è accertato – secondo le conclusioni rassegnate dai consulenti tecnici – che la colonna era crollata perché gli operai avevano omesso di collegare i tralicci tra di loro con le tre viti ed i relativi bulloni opportunamente serrati. La Corte territoriale ha altresì considerato che le operazioni di montaggio necessitavano di particolare attenzione e cura costante, poiché occorreva assicurare il progressivo serraggio di viti e bulloni con i dadi, nel corso di tutta la fase di ascesa del ponte autosollevante; ed ha ritenuto che eliminando mentalmente l’elemento fattuale dato dalla adibizione delle tre vittime alla attività di montaggio, con le riferite modalità, gli eventi mortali non si sarebbero verificati. Né –soggiunge il Supremo Collegio- assume rilievo, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’utilizzo di personale non adeguatamente istruito, il comportamento negligente del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque alla insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. In altre parole, le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Difatti, gli obblighi protettivi che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; e può pertanto escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento. Nella materia che occupa deve, cioè, considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica. Ne deriva che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro ha l’obbligo di assicurare ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento alle mansioni da svolgere, in maniera tale da rendere edotti i lavoratori sui rischi inerenti alle attività alle quali vengono addetti. Tale assunto muove delle disposizioni già contenute nell’art. 4, del d.P.R. n. 547 del 1955, in riferimento all’obbligo di informare i lavoratori dei rischi specifici al quali sono esposti; disposizioni poi recepite dagli artt. 21 e 22 del d.lgs. n. 626 del 1994, relative agli obblighi informativi gravanti sul datore di lavoro; e, da ultimo, consacrate, in termini di continuità normativa, nelle misure generali di tutela di cui all’art. 15, comma 1, lett. n), d.lgs. 9.04.2008 n. 81, recante Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tanto premesso, la Corte, non ravvisando fratture logiche nella sentenza di seconde cure, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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