La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 1568 depositata il 27 gennaio 2014 intervenendo in tema accertamento fiscale ha statuito che grava sull’Amministrazione Finanziaria l’onere della prova con cui dimostrare che il contratto è simulato, se intende recuperare le maggiori imposte. E, in particolare, che dietro il procacciamento d’affari si celi un mandato in piena regola.
La vicenda ha riguardato una società che in seguito ad una verifica fiscale con cui i funzionari dell’Amministrazione avevano stabilito l’assunto che la stessa avesse, in base ad un rapporto di commissione, in forza del quale la commissionaria G…… s.n.c. avrebbe ceduto alla committente A.L. s.n.c. diverse autovetture senza emissione di regolare fattura. Sulla base del predetta verifica ed emissione di un PVC veniva emesso e notificato un avviso di accertamento.
la società contribuente avverso l’atto impositivo proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici, però, rigettavano il ricorso depositato. Il contribuente impugnava la decisione de giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale che in riforma della sentenza appellata accoglieva l’appello proposto dalla contribuente, ritenendo sussistente nella specie, tra le due società, non un rapporto di commissione, bensì un rapporto di procacciamento di affari, in forza del quale la A.L. s.n.c. procurava alla G. s.n.c. la vendita di auto a clienti stranieri, emettendo fattura per le proprie prestazioni di intermediazione.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso, affidandosi a due motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso proposta dal Fisco. I giudici di legittimità oltre ad analizzare gli aspetti tipici dei contratti di commissione e di procacciatore di affari ha affermato che l’onere della prova “dei contratti che possano integrare una frode al fisco, questa Corte ha – di poi – avuto modo di affermare che, in base al criterio stabilito in via ordinaria dall’art. 2697 c.c., l’Amministrazione finanziaria, qualora faccia valere la simulazione assoluta o relativa di un contratto stipulato dal contribuente, ai fini della regolare applicazione delle imposte, non è dispensata dall’onere della relativa prova, la quale, tenuto conto della qualità di terzo dell’Amministrazione, può essere offerta con qualsiasi mezzo, e quindi anche mediante presunzioni. Ed è evidente che, incidendo l’accordo simulatorio sulla volontà stessa dei contraenti, detta prova non può rimanere circoscritta ad elementi di rilevanza meramente oggettiva, ma deve necessariamente proiettarsi anche su dati idonei a disvelare convincentemente i profili negoziali di carattere soggettivo, riflettentisi sugli scopi perseguiti, in concreto, dalle parti (cfr. Cass. 17221/06; 1549/07; 12249/10).”
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