La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 22944 depositata il 9 ottobre 2013 intervenendo in tema di imposta di registro ha statuito che per conservare i benefici fiscali sulla prima casa, non è sufficiente al momento dell’acquisto dichiarare la volontà di destinare l’immobile ad abitazione entro i termini previsti dalla legge. Pertanto alla manifestazione di volontà deve seguire il trasferimento nell’appartamento ossia l’effettivo spostamento dell’abitazione entro il termine di decadenza.
La vicenda ha riguardato un contribuente che aveva acquistato un appartamento con le agevolazioni fiscali previste per la cosiddetta “prima casa” obbligandosi al rispetto degli adempimenti previsti per l’ottenimento dell’agevolazione. A distanza di circa un hanno il contribuente vendette l’appartamento. L’Agenzia delle Entrate notificò l’avviso di liquidazione per il recupero delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale, oltre sanzioni, emesso a seguito della revoca dell’agevolazione “prima casa” poiché il contribuente aveva ceduto la sua abitazione principale il 30 gennaio del 2002, senza che entro un anno ne fosse stato acquistato un altro da adibire ad abitazione principale.
Il contribuente avverso l’atto impositivo proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale motivandolo con la circostanza con cui dimostrava che in data 15 novembre 2002 aveva acquistato un altro immobile anche se venne abitato effettivamente solo dal mese di aprile dell’anno successivo. Inoltre il ricorrente riteneva che la disposizione secondo cui il beneficio in esame non si perderebbe nell’ipotesi in cui venisse riacquistato entro l’anno un “immobile da adibire” va interpretata in senso letterale e non intendendo che tale immobile debba effettivamente poi essere “adibito” a tale utilizzo. In particolare l’utilizzo effettivo sarebbe, sempre secondo il ricorrente, “implicito e presupposto in presenza di casa avente le caratteristiche abitative”.
La Commissione Tributaria in entrambi i gradi di giudizio rigetta le doglianze del ricorrente. Il contribuente avverso la decisione del giudice di merito ricorre alla Corte Suprema basando il ricorso su tre motivazioni di censura.
Gli Ermellini rigettano il ricorso del contribuente ritenendo le motivazioni del tutto infondate. Infatti per i giudici di legittimità il permanere dell’agevolazione “prima casa” è “accordato se il contribuente entro il successivo anno proceda all’acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale”. Gli Ermellini evidenziano come la dichiarazione con la quale si manifesta la volontà di procedere al riacquisto non è riferibile né ad una “qualità astratta del bene”, né tantomeno ad una “mera dichiarazione di intenti”, costituendo, al contrario “l’assunzione di un vero e proprio obbligo verso il fisco”, consistente nella decisione di adibire l’immobile acquistato ad abitazione principale. È dunque corretto ritenere che non possa sussistere, all’atto del riacquisto successivo alla vendita, una mera intenzione di abitare l’unità immobiliare, ma che, al contrario, ad esso debba corrispondere un utilizzo reale dell’alloggio, consistente nell’effettiva abitazione dello stesso.
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