La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31844 depositata il 15 novembre 2023, intervenendo in tema di accertamenti sintetici-induttivi mediante c.d. redditometro, ha ribadito che “… la prova contraria non è limitata a quella prevista dal quinto comma dell’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (e cioè che il maggior reddito accertato è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), ma è consentito dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 29/08/2000, n. 11300). …”
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento con cui veniva accertato, in via sintetica, un maggior reddito ai fini Irpef. Il contribuente impugnava tale atto impositivo con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). I giudici di prime cure rigettarono il ricorso del contribuente. Il quale, avverso tale decisione, proponeva appello. I giudici di appello accolsero parzialmente le doglianze del contribuente. L’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di appello proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini ribadiscono che “… la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa (tra le più recenti Cass. 13/06/2023, n. 16904, Cass. 28/12/2022, n. 37985). Conseguentemente, l’accertamento non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, oltre che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, anche che, più in generale, il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142, Cass. 24/10/2005, n. 20588). …”
I giudici di legittimità riaffermano che”… il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova contraria offerta dal contribuente (cfr. Cass. 13/06/2023, n. 16904 Cass. 22/06/2021, n. 17837, Cass. 24/09/2019, n. 3715).
Inoltre, nel contenzioso tributario conseguente ad accertamenti sintetici-induttivi mediante c.d. redditometro, per la determinazione dell’obbligazione fiscale del soggetto passivo d’imposta, a tutela della parità delle parti e del regolare contraddittorio processuale, opera il principio per il quale, all’inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente l’allegazione di prove contrarie a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire, ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può, pertanto, limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa (Cass. 07/06/2022, n. 18178, Cass. 08/10/2020, n. 21700). …”
Infine, il Supremo Consesso ha ritenuto la sentenza nulla per motivazione apparente in quanto i giudici di merito quantificavano il reddito accertato nella misura di euro 48.023,76 in alcun modo esplicitata in motivazione, per cui “… l’errore di calcolo può essere denunciato con ricorso per cassazione quando sia riconducibile all’impostazione delle operazioni matematiche necessarie per ottenere un certo risultato, lamentandosi in tale evenienza error in iudicando nell’individuazione di parametri e criteri di conteggio; viceversa, solo ove consista in un’erronea utilizzazione delle regole matematiche sulla base di presupposti numerici, individuazione e ordine delle operazioni da compiere esattamente determinati, è emendabile con la procedura di correzione ex art. art. 287 cod. proc. civ. (Cass. 22/11/2016, n. 23704). …”
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