COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 522 sez. V depositata il 7 febbraio 2019

Redditometro – Capacità contributiva – Acquisizione quote societarie – Fittizia – Sottoscrizione e autenticazione del notaio – Legittimità dell’avviso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di appello notificato alla controparte, l’Agenzia delle entrate, Direzione Provinciale di Latina, ha chiesto la riforma della sentenza n. 1375/3/14 della Commissione tributaria provinciale di Latina, depositata il 10/9/2014.

In primo grado la Sig.a P.M. ha impugnato l’avviso di accertamento n. (omissis), relativo all’anno 2008, recante determinazione sintetica di maggior reddito imponibile, nella misura di € 67.578,64, deducendo difetto di istruttoria, violazione del D.M. 10/9/1992, violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973.

L’Agenzia delle entrate, costituita, ha resistito al ricorso, dichiarando tuttavia di rettificare in diminuzione il reddito accertato, per un ammontare di € 65.596,30, accogliendo il rilievo della contribuente circa la duplicazione dell’imputazione del mutuo immobiliare.

La Commissione provinciale ha accolto il ricorso, ritenendo, essenzialmente, che l’Agenzia non abbia adeguatamente provato la fondatezza dell’accertamento.

L’Agenzia appellante censura la sentenza: per aver ricercato nella presunzione di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973 i requisiti previsti per le presunzioni semplici, mentre si tratta di una presunzione legale e va considerato legittimo l’accertamento che si limiti a riprodurre i criteri di calcolo indicati nei decreti ministeriali di riferimento in relazione ai beni di cui il contribuente abbia disponibilità, che costituiscono ex se indici di capacità contributiva, salvo prova contraria del contribuente; per insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta congruità di spiegazione e documentazione da parte della contribuente. L’Ufficio osserva che i parametri del redditometro misurano non semplicemente le spese sostenute per il mantenimento dei beni, ma il reddito complessivo che si presume correlato alla loro disponibilità. L’Agenzia, infine, ripropone i rilievi già svolti in primo grado a confutazione delle deduzioni difensive della contribuente.

La contribuente appellata, costituita, ha chiesto il rigetto dell’appello, deducendo la correttezza della motivazione della sentenza di primo grado e ribadendo le circostanze e le argomentazioni dedotte nel ricorso originario.

Con ordinanza interlocutoria l’appellata è stata invitata a depositare l’atto di cessione delle quote societarie, risultante oggetto di produzione documentale, ma non presente nel fascicolo. La parte ha provveduto a tale incombente, depositando, peraltro, anche un atto di donazione delle quote medesime.

A seguito di istanza della contribuente, la trattazione è avvenuta in udienza pubblica, ove sono intervenute entrambe le parti, riportandosi ai rispettivi atti e alle relative conclusioni. L’Agenzia delle entrate ha prodotto sentenze relative ad altre annualità.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello merita accoglimento.

A fronte del valore legale della presunzione di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, fondata sulle spese e/o sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuati con decreto ministeriale (c.d. redditometro), la contribuente non ha addotto elementi di prova contraria dirimenti.

La rivendita dell’autovettura (omissis) è avvenuta nel mese di dicembre dell’annualità di interesse e, quindi, come osservato dall’Agenzia, non può neutralizzare la presenza del bene nel patrimonio della contribuente nel corso della quasi totalità dell’anno. Né la neutralizzazione può derivare dalla somma percepita attraverso la cessione del veicolo, trattandosi di introito conseguito, per l’appunto, in chiusura d’anno. L’Ufficio ha spiegato, inoltre, in relazione alla doglianza della ricorrente circa l’eccessivo valore reddituale attribuito all’autovettura sulla base del redditometro, che gli importi reddituali che il redditometro correla alla disponibilità di taluni beni non sono determinati semplicemente in termini di spese sostenute per il mantenimento di tali beni, ma come reddito complessivo che si presume correlato alla loro disponibilità.

Quanto alla spesa per l’acquisizione delle quote della società T. s.r.l., non è fondata l’eccezione della contribuente circa la non inclusione delle quote societarie fra i beni-indice di cui ai decreti ministeriali del redditometro: tale acquisto, invero, come evidenziato dall’Agenzia, è stato valutato in quanto atto determinante una spesa per incremento patrimoniale e non si è trattato, dunque, dell’applicazione della logica dei decreti ministeriali del redditometro, che guardano, invece, alla detenzione di alcuni precisati tipi di beni come fattore indicativo di una disponibilità reddituale.

Sempre con riguardo alle quote societarie della T. s.r.l., non può assumere valore neppure la difesa della contribuente inerente l’asserita fittizietà dell’acquisto. Nell’atto di cessione delle quote in parole, versato agli atti e recante autenticazione notarile delle sottoscrizioni, è, infatti, espressamente attestato non soltanto il trasferimento delle quote societarie, ma anche l’avvenuto pagamento del corrispettivo da parte della Sig.a M. e tale oggettivo e specifico dato documentale non può essere neutralizzato né dalle mere dichiarazioni difensive dell’interessata, né dall’atto di donazione – avente ad oggetto la cessione per liberalità delle medesime quote societarie alla Sig.a M. – che l’appellata ha depositato, da ultimo, a seguito della sopra richiamata ordinanza interlocutoria: tale atto di donazione, invero, oltre ad essere stato prodotto in giudizio tardivamente e senza previa autorizzazione ed oltre a risultare di data posteriore a quella dell’avviso di accertamento, attiene ad una circostanza che non è stata neppure dedotta nel ricorso (e nemmeno nelle controdeduzioni in appello).

Quanto, infine, ai mutui immobiliari, l’Ufficio ha rettificato l’errore di duplicazione nel computo lamentato dalla contribuente e resta, dunque, il dato oggettivo della loro cointestazione ad entrambi i coniugi.

La soccombenza della parte appellata comporta l’attribuzione a suo carico delle spese processuali dell’Agenzia appellante, liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

a) in accoglimento dell’appello, rigetta il ricorso in primo grado della contribuente;

b) condanna la contribuente appellata al pagamento delle spese processuali dell’Agenzia delle entrate appellante, che liquida in € 2.500,00.