Corte di Cassazione ordinanza n. 22533 depositata il 18 luglio 2022

anomala motivazione – accertamento bancario – contraddittorio – il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici – vizio di omessa pronuncia – ricorso incidentale per cassazione

RILEVATO CHE

– F.G. aveva proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale era stato rideterminato il suo reddito da lavoro autonomo (quale insegnante di danza) per l’anno d’imposta 2006 ed accertate maggiori imposte IPEF, addizionale regionale, addizionale comunale, IRAP e IVA, oltre a sanzioni e interessi;

– la CTP di Chieti aveva accolto il ricorso per la violazione del contraddittorio, per avere il contribuente giustificato i versamenti e i prelevamenti contestati, perchè le dichiarazioni dei soggetti interpellati non apparivano veritiere e l’interposizione fittizia della madre era smentita dalle giustificazioni fornite con riferimento alle movimentazioni bancarie, mentre l’Ufficio non aveva controdedotto a tali rilievi in modo puntuale, limitandosi ad affermare la mancanza di documentazione probatoria;

– la CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescala ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della predetta CTP, evidenziando che:

– il primo giudice aveva correttamente accolto il ricorso, rilevando la carenza istruttoria e motivazionale della verifica fiscale, con particolare riferimento alla mancata considerazione delle giustificazioni addotte dal contribuente;

– l’Amministrazione non poteva limitarsi ad affermare genericamente la mancanza di documentazione idonea a giustificare i movimenti sul conto, ma avrebbe dovuto concedere un termine al contribuente per integrarla;

– le indicazioni sui movimenti bancari e sulla loro provenienza erano già in molti casi evincibili dalle loro causali e comunque erano state giustificate o non contestate dall’Amministrazione;

– l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

– F.G. resisteva in giudizio con controricorso e proponeva ricorso incidentale condizionato, affidato a cinque motivi;

– all’impugnazione incidentale l’Agenzia replicava con

CONSIDERATO CHE

– Con il primo motivo, la ricorrente principale deduce la violazione e falsa applicazione degli 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’Ufficio dovesse concedere un termine al contribuente per l’eventuale integrazione della documentazione giustificativa dei movimenti bancari e per avere erroneamente invertito l’onere della prova, limitandosi ad accogliere in maniera apodittica le argomentazioni del contribuente che non aveva fornito la prova specifica ed analitica per ogni movimentazione bancaria accertata;

– con il secondo motivo, deduce in relazione agli artt. 111 Cost., 1, 2 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, 132 e 274 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata perché corredata da una motivazione apparente;

– preliminarmente vanno rigettate, in quanto infondate, le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale per carenza di interesse ad agire, proposte dal controricorrente, in quanto sui capi della sentenza riguardanti l’asserita interposizione fittizia della madre del contribuente e sul difetto di motivazione dell’avviso di accertamento non si è affatto formato il giudicato, dovendosi ritenere che l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate (che ricalca, nella sostanza, le censure dell’odierno ricorso principale) comprenda anche i predetti rilievi;

– ciò premesso, entrambi i motivi del ricorso principale sono fondati;

– per quanto riguarda la ritenuta violazione del contraddittorio, occorre rilevare che, in tema di accertamento delle imposte, la ricostruzione della base imponibile, mediante le risultanze degli accertamenti bancari ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, non è subordinata al contraddittorio con il contribuente, anticipato alla fase amministrativa, in quanto l’invito a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari costituisce per l’Ufficio una mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità, e non un obbligo, sicché dal mancato esercizio di tale facoltà non deriva alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti (ex plurimis, Cass. 20.12.2019, 34209);

– contrariamente a quanto affermato dalla CTR, quindi, l’Amministrazione finanziaria non aveva alcun obbligo di sollecitare ulteriormente il contribuente ad integrare la documentazione giustificativa dei movimenti bancari, che aveva ritenuto insufficiente;

– meritano accoglimento anche le doglianze (che possono essere trattate congiuntamente, in quanto strettamente connesse) sulla valenza degli accertamenti bancari (seconda parte del primo motivo) e sulla conseguente carenza di motivazione della sentenza impugnata (secondo motivo);

– come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 7.04.2014), l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;

– deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione  apparente,  nel  contrasto  irriducibile  tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile;

– solo in tali casi la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, in quanto, benchè graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. 3.11.2016, n. 22232);

– la sentenza impugnata è affetta da tale grave vizio, avendo affermato in maniera apodittica il superamento da parte del contribuente della presunzione legale posta dagli 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, senza spiegarlo, con riferimento a ciascuno degli elementi probatori indicati dal contribuente e con specifico riferimento alle singole poste accertate come ricavi non dichiarati;

– secondo un indirizzo ormai consolidato di questa Corte, infatti, qualora l’accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass. nn. 22179/2008, 18081/2010, 15857/2016, 4829/2015); ciò vale anche in tema di IVA, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo comma, numero 2, del DPR n.633/1972 (Cass. n. 21303/2013);

– la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dall’art. 38 del P.R. n. 600 del 1973, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; fermo restando che, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (Cass. n. 29572 del 2018);

– il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici e il giudice di merito deve “individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative” (Cass. 11102 del 2017);

– nel caso in esame risulta evidente che la CTR si è ingiustificatamente sottratta alle attività sopra descritte, non avendo illustrato le ragioni della decisione assunta, avendo omesso di chiarire, in maniera dettagliata, su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuta alla propria determinazione;

– l’accoglimento del ricorso principale impone di esaminare i cinque motivi del ricorso incidentale condizionato;

– con il primo motivo, il ricorrente incidentale deduce, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per avere omesso di esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dall’Ufficio, per genericità dei motivi;

– il motivo è infondato, avendo il ricorrente incidentale sollevato una questione meramente processuale, che non può dar luogo ad un vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito (cfr. Cass. n. 6174 del 14.03.2018; Cass. 321 del 12.01.2016; Cass. n. 4191 del 24.02.2006; Cass. n. 22860 del 6.12.2004);

– con il secondo motivo, deduce la stessa doglianza, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., per il mancato accertamento dell’inammissibilità dell’appello proposto dall’Ufficio;

– anche questo motivo è infondato, posto che il vizio di omessa pronuncia non può mai ricorrere, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata abbia implicitamente statuito sul medesimo (Cass. 6.12.2017, n. 29191);

– ed invero, la sentenza impugnata, nel valutare nel merito i motivi posti a fondamento dell’appello, ha rigettato implicitamente l’eccezione di inammissibilità del gravame;

– con il terzo motivo, deduce, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per non essersi pronunciata sull’illegittimità dell’avviso di accertamento per inattendibilità dei processi verbali giornalieri;

– con il quarto motivo, deduce, in relazione all’art. 112 proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per non essersi pronunciata sull’illegittimità dell’avviso di accertamento per illegittimità dell’attività di verifica;

– con il quinto motivo, deduce, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per non essersi pronunciata sull’illegittimità dell’avviso di accertamento per mancanza dei presupposti di legittimo esperimento delle indagini finanziarie;

– i predetti motivi sono tutti inammissibili, per carenza di interesse, posto che, secondo il costante orientamento di questa Corte, “il ricorso incidentale per cassazione, anche se qualificato come condizionato, presuppone la soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che sia risultata completamente vittoriosa nel giudizio di appello; quest’ultima, del resto, non ha l’onere di riproporre le domande e le eccezioni non accolte o non esaminate dal giudice d’appello, poiché l’eventuale accoglimento del ricorso principale comporta la possibilità che dette domande o eccezioni vengano riesaminate in sede di giudizio di rinvio(Cass. 5.01.2017, 134, Cass. 23.07.2018, n. 19503);

– in conclusione, va accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale; la sentenza impugnata va cassata con riferimento al ricorso accolto e rinviata alla CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, per nuovo esame e anche per le spese del presente procedimento.

– si dà atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da  parte  della  ricorrente  incidentale,  dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, per nuovo esame e anche per le spese del presente procedimento.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.