Corte di Cassazione sentenza n. 10468 del 22 giugno 2012
RAPPORTO DI LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – LAVORO: A TERMINE – CCNL
massima
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In tema di assunzione a termine dei lavoratori subordinati, l’art. 23 della L. 56/1987 ha esteso l’ambito dei contratti a termine “autorizzati”, consentendo anche alla contrattazione collettiva (nazionale o locale, con esclusione di quella aziendale) di individuare nuove ipotesi di legittima apposizione di un termine al contratto di lavoro.
L’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della L. 56/1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine, rispetto a quelli previsti dalla L. 230/1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori – Cass. civ., Sez. lavoro, 21/03/2005, n. 6029 – da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità che – anche quando le nuove ipotesi di contratto a termine siano dotate di particolare ampiezza – la norma contrattuale abbia, di per sè, una efficacia temporale limitata, atteso che l’autonomia sindacale non trova limiti nella legge con riferimento alla tipologia e all’ambito temporale di operatività delle ipotesi di contratti a termine da introdurre.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 22 maggio 2012 ai sensi dell’articolo 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’articolo 380-bis c.p.c.:
“Il ricorso di (OMISSIS), notificato il 4 novembre 2010 ai sensi della Legge n. 53 del 1994, censura, con quattro motivi, la sentenza della Corte d’appello di Roma del 22 aprile 2010, in quanto questa, confermando la decisione di primo grado, ha rigettato le sue domande nei confronti della s.p.a. Poste Italiane dirette ad ottenere la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro tra le parti intercorso dal 1° luglio al 30 settembre 2000, ai sensi dell’articolo 8 del C.C.N.L. 26 novembre 1994 “per la necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”.
Resiste alle domande la società con rituale controricorso.
Il procedimento è regolato dagli articoli 360 e segg. c.p.c. con le modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.
Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere respinto.
Va infatti premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. S.U. n. 4588/06 e le successive conformi della sezione lavoro, tra le quali, ad es., Cass. n. 6913/09), la Legge 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 ha operato una sorta di “delega in bianco” alla contrattazione collettiva ivi considerata quanto alla individuazione di ipotesi ulteriori di legittima apposizione di un termine al rapporto di lavoro, sottratte pertanto a vincoli di conformazione derivanti dalla Legge n. 230 del 1962 e soggette, di per sé, unicamente agli eventuali limiti e condizionamenti legalmente o contrattualmente stabiliti.
Siffatta individuazione di ipotesi aggiuntive può essere operata anche direttamente, attraverso l’accertamento da parte dei contraenti collettivi di determinate situazioni di fatto e la valutazione delle stesse come idonea causale del contratto a termine (cfr., ad es., Cass. 20 aprile 2006 n. 9245 e 4 agosto 2008 n. 21063), senza necessità, contrariamente a quanto sostenuto col ricorso, di un accertamento a posteriori in ordine alla effettività delle stesse.
È stato infine ripetutamele accertato che questa ultima evenienza ricorre nella previsione dell’articolo 8 del contratto collettivo nazionale di lavoro postale del 1994 con riguardo alla causale relativa alla “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno settembre”, norma che è stata interpretata nel senso che con tale previsione le parti stipulanti hanno considerato che nel periodo indicato sia sempre necessaria per la società l’assunzione di personale, data la normale assenza dei dipendenti stabili in ferie, con la conseguenza che nonè configurabile al riguardo in giudizio in tale ipotesi alcun onere di allegazione e prova della esigenza e della idoneità della singola assunzione a far fronte ad essa (cfr., ad es. Cass. n. 18687/08).
Deriva da ciò l’infondatezza manifesta del primo e del quarto motivo di ricorso, mentre il secondo investe in realtà solo un lapsus della sentenza impugnata, che, correttamente individuando la decisione appellata, l’ha tuttavia attribuita ad un Tribunale diverso e il terzo argomenta dal Decreto Legislativo n. 368 del 2001, inapplicabile al caso in esame ratione temporis”.
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio. Il Collegio condivide il contenuto della relazione, rigettando pertanto il ricorso, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, operato, con la relativa liquidazione, in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla resistente le spese di questo giudizio, liquidate in euro 30,00 per esborsi ed euro 2.000,00 per onorari, oltre accessori di legge (12,50% + IVA + CPA).calcolo dell’indennità di disoccupazione; compensa le spese dell’intero processo.
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