CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 maggio 2013, n. 10743
Tributi erariali indiretti (riforma tributaria del 1972) – Imposta di registro – Applicazione dell’imposta – Interpretazione degli atti – Art. 20 del d.P.R. n.131 del 1986 – Natura del negozio – Criteri – Attribuzione di “nome iuris” non corrispondente alla sua realtà effettuale – Ammissibilità – Esclusione – Conseguenze – Fattispecie
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 89/03/2007 la Commissione Tributaria Provinciale di Rimini annullava l’avviso di liquidazione n. 2003-1V000617000 REGISTRO 2003, nonché la corrispondente cartella di pagamento n. 137-2006-0000734315 REGISTRO 2003, coi quali l’Ufficio recuperava una maggiore imposta riqualificando come di compravendita, ai sensi dell’ art. 20 d.p.r 131/86, un negozio qualificato invece inter partes come di conferimento di immobile in Società neo-costituita, negozio cui era seguita una pressoché istantanea cessione di quote sociali.
Con sentenza n. 7/02/10 depositata in data 8 febbraio 2010 la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna dichiarava inammissibile – e comunque riteneva infondato nel merito – l’appello proposto dalla territoriale Agenzia delle Entrate avverso la decisione della CTP. Secondo la CTR, atteso che la sentenza della CTP era stata depositata in data 2 luglio 2007, l’appello, pur essendo stato passato per la notifica in data 24 settembre 2008, sarebbe stato ricevuto oltre il termine lungo. Nel merito la CTR riteneva che non vi fossero elementi idonei a dimostrare che fosse stato “celato un effettivo atto di trasferimento”, perché in realtà dovevasi “riconoscere indiscutibile valenza ai documenti in atti”.
Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione affidato a numero due motivi.
La contribuente O. S.r.l. resisteva con controricorso, a sua volta proponendo ricorso incidentale condizionato con unico motivo. Avverso il ricorso incidentale condizionato, l’intimata Agenzia delle Entrate non presentava difese.
Entrambe le parti si avvalevano della facoltà di depositare memorie.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censurava la sentenza à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione degli artt. 149 c.p.c. e 4, comma 3, 1. 20 novembre 1982, n. 890 da interpretarsi nel senso indicato da Corte Cost. n. 477 del 2002 per cui la data cui far riferimento per valutare la tempestività della notifica a mezzo posta è quella della consegna all’Ufficiale addetto e non quella in cui l’atto viene ricevuto.
Il motivo è fondato.
A seguito di Corte cost. n. 477 del 2002 la data utile di notifica a mezzo posta è, per il notificante, quella della consegna al notificatore (Cass. sez. Trib. n. 26053 del 2011; Cass. sez. Trib. n. 15298 del 2008). E l’atto d’appello è stato tempestivamente consegnato, cosicché la notifica dello stesso deve intendersi tempestivamente avvenuta.
2. Col secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censurava la sentenza à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 20 d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131. Deduceva a riguardo l’Agenzia delle Entrate che la CTR era incorsa in errore nell’interpretare l’art. 20 cit. quando aveva ritenuto di poter qualificare il negozio sub iudice “attribuendo rilevanza al titolo e alla forma apparente”, laddove avrebbe invece dovuto “rintracciare la reale sostanza soprattutto in ragione della sostanza economica dell’atto sulla base di elementi desunti aliunde” e indicati dall’Ufficio, come ad es. il comportamento delle parti, e, segnatamente, la successiva pressoché istantanea cessione delle quote da parte della conferente, idonea a dar luogo, in concreto agli effetti della compravendita, ma col conseguente risparmio fiscale che derivava dall’atto di conferimento.
Il motivo è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte è ormai cospicua e costante nel ritenere che l’art. 20 d.p.r. n. 131 del 1986, debba esser interpretato nel senso che, nel qualificare l’atto ai fini impositivi, deve aversi a riguardo agli effetti concreti prodotti dallo stesso, alla sua intrinseca natura, cioè, non essendo invece nella disponibilità delle parti la identificazione del negozio mediante l’attribuzione di un nomen iuris che non corrisponda alla sua realtà effettuale (Cass. sez. Trib. n. 2713 del 2002; Cass. sez. Trib. n. 14900 del 2001). La CTR, quindi, ha sbagliato nel “riconoscere indiscutibile valenza ai documenti in atti”, perché avrebbe invece dovuto procedere a qualificare l’atto sulla scorta degli effetti concretamente prodottisi, del comportamento delle parti e degli altri elementi di prova disponibili.
3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la contribuente ha condizionatamente censurato la sentenza à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione e/o falsa interpretazione dell’art. 58 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, deducendo la inutilizzabilità del documento avversario, all. n. 4, ritenuto ammissibile da parte della CTR. Il ricorso incidentale è da ritenersi assorbito, perché, a seguito dell’accoglimento del ricorso principale, l’impugnata sentenza andrà cassata e la lite rinviata al giudice di merito che dovrà provvedere, in applicazione dei su esposti principi, a qualificare l’atto sulla scorta dei suoi concreti effetti ecc., oltreché regolare le spese di ogni fase e grado.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale, cassa l’impugnata sentenza, rinvia ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna che, nel decidere la controversia, dovrà uniformarsi ai statuiti principi, oltreché regolare le spese di lite.
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