Corte di Cassazione sentenza n. 11635 del 10 luglio 2012
LAVORO SUBORDINATO – RAPPORTO DI LAVORO – CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO – LAVORATORI SPETTACOLO – REQUISITI DI TEMPORANEITA’ E SPECIFICITA’
massima
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In tema di assunzioni a termine di lavoratori dello spettacolo (art. 1, comma 2, lett. e), della L. 230/1962, come modificato dalla L. 266/1977), non solo è necessario che ricorrano contestualmente i requisiti della temporaneità e della specificità, ma è indispensabile, altresì, che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessità diretta, anche se complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicché non può considerarsi sufficiente ad integrare l’ipotesi di legittimo ricorso al contratto a tempo determinato la mera qualifica tecnica od artistica del personale correlata alla produzione di spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, occorrendo che l’apporto del peculiare contributo professionale, tecnico o artistico del soggetto esterno sia necessario per il buon funzionamento dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni del personale di ruolo dell’azienda.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in Camera di consiglio del 22 giugno 2012 ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’articolo 380-bis c.p.c.:
“Con sentenza depositata l’8 marzo 2010, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado, di dichiarazione di nullità del termine apposto, ai sensi della Legge n. 230 del 1962, articolo 1, comma 2, lettera e), al contratto di lavoro stipulato con (omissis), in qualità di programmista regista, dal 3 novembre 1997 al 19 giugno 1998 (al quale erano seguiti altri quattro contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi della medesima norma di legge e altri due per causali individuate dai contraenti collettivi nell’esercizio dei poteri loro attribuiti dalla Legge n. 56 del 1987, articolo 23), con la conseguente conversione del contratto a tempo indeterminato e l’inquadramento del (omissis) come programmista regista di 3 livello nonché con la condanna della società a risarcirgli i danni in misura equivalente alle retribuzioni perdute dalla data di offerta della prestazione (14 giugno 2004).
Avverso tale sentenza propone regolare ricorso per cassazione la società con due motivi attinenti la violazione o falsa applicazione della Legge n. 230 del 1962, articolo 1, comma 2, lettera e), anche in applicazione dell’articolo 2697 c.c., e il vizio di motivazione. In via subordinata, la società chiede, quanto alle conseguenze risarcitorie, l’applicazione lo ius superveniens con efficacia retroattiva rappresentato dalla Legge n. 183 del 2010, articolo 32, commi 5-7.
L’intimato resiste alle domande con controricorso.
Il procedimento è regolato dall’articolo 360 c.p.c., e segg., con le modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.
Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere respinto.
In proposito, si ricorda che, a norma della Legge 18 aprile 1962, n. 230, articolo 1, comma 2, lettera e), nel testo modificato dalla Legge 23 maggio 1977, n. 266, vigente all’epoca dei fatti, era consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro “nelle assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi”.
Questa Corte ha ripetutamente affermato, con orientamento assolutamente prevalente (cfr., per tutte, Cass. sentt. nn. 24049/08, 16690/08, 8385/06 o 1291/06), che ai fini della legittimità dell’apposizione del termine con la causale indicata è necessario che ricorrano i requisiti: a) della temporaneità della occasione lavorativa rappresentata dalla trasmissione o dallo spettacolo, che non devono essere necessariamente straordinari od occasionali ma di durata limitata dell’arco di tempo della programmazione complessiva e quindi destinati ad esaurirsi (per cui non consentono l’utilizzazione di un lavoratore praticamente a tempo indeterminato); b) della specificità del programma, che deve essere quantomeno unico (anche articolato in più puntate o ripetuto nel tempo) e presentare una sua connotazione particolare; c) della connessione reciproca tra specificità dell’apporto del lavoratore e specificità del programma o spettacolo (il c.d. vincolo di necessità diretta), per cui il primo concorra a formare la specificità del secondo o sia reso necessario da quest’ultima specificità.
In altri termini, anche un programma specifico e temporaneo non legittima di per sé una assunzione a termine per prestazioni generiche (comunque reperibili attingendo all’organico stabile dell’impresa), ma solo quando alla specificità dello spettacolo concorre necessariamente il peculiare apporto professionale, tecnico o artistico degli autori che lo realizzano, gli attori che lo interpretano, etc., il quale non è facilmente fungibile col contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato dell’impresa.
A quest’ultimo proposito, la situazione descritta è riferibile anche al personale diverso da quello tecnico o artistico portatore di un contributo creativo rispetto alla realizzazione del programma, ma unicamente dotato di una professionalità specialistica normalmente non necessaria nell’assetto complessivo dell’attività dell’impresa (ad es. l’operatore subacqueo, o l’interprete di una lingua poco usata).
L’interpretazione della norma di legge adottata dalla giurisprudenza di questa Corte appare corrispondere appieno al ragionevole equilibrio tra esigenze di garanzia di stabilità del rapporto di lavoro ed esigenze, anche culturali, della produzione di spettacoli e programmi radiotelevisivi perseguito dal legislatore dell’epoca, alla luce delle condizioni economiche e sociali esistenti.
Essa resiste alla rivisitazione tentata dalla difesa della società ricorrente, la quale propone una lettura della norma di legge, che anticipa e addirittura supera i futuri sviluppi della disciplina del contratto a tempo determinato, tuttora qualificato dalla legge come ipotesi derogatoria rispetto alla regola del contratto di lavoro a tempo indeterminato e sopravvaluta il significato della modifica apportata alla Legge n. 230 del 1962, articolo 1, comma 2, lettera e), dalla Legge n. 266 del 1977, limitato viceversa ad una semplice estensione, rispetto allo schema originario, dell’istituto, senza che da tale estensione si possano trarre conclusioni relativamente ad eventuali stravolgimenti di quest’ultimo.
Così ribadita l’interpretazione della norma di legge in esame, cui appare opportuno attenersi, anche in ossequio alla funzione nomofilattica della Corte e in assenza di sufficienti motivi per rimetterla in discussione alla luce delle pur apprezzabili argomentazioni del ricorso, va infine ricordato che l’accertamento della sussistenza in concreto dei requisiti di legittimità dell’apposizione del termine nell’ipotesi considerata costituisce giudizio di merito, che la Corte territoriale ha adeguatamente condotto col rilevare la genericità dell’apporto lavorativo del (omssis) in esecuzione del contratto a tempo determinato in esame, non sufficientemente contrastata dalle deduzioni della società, rimaste in proposito non pertinenti quantomeno sul piano dell’accertamento del vincolo di necessità diretta enunciato.
La eventuale condivisione, da parte del collegio, della valutazione di manifesta infondatezza del ricorso ne comporterebbe il rigetto, mentre la richiesta di applicazione dello ius superveniens andrà esaminata dal collegio”.
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
La società ha depositato tardivamente (16 giugno 2012, cadente di sabato: cfr. Cass. n. 182/11) una memoria.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, rigettando pertanto i primi due motivi di ricorso.
Quanto alla richiesta di applicazione dello ius superveniens con efficacia retroattiva, rappresentato dalla Legge n. 183 del 2010, articolo 32 commi 5-7, esplicitamente dichiarato applicabile ai giudizi in corso, essa va qualificata come specifico motivo di ricorso per cassazione, che va accolto, con correlata cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma.
P.Q.M.
La Corte accoglie l’ultimo motivo di ricorso, respingendo gli altri; cassa conseguentemente la sentenza impugnata, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
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