Corte di Cassazione sentenza n. 13940 del 03 agosto 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNI SUL LAVORO – MISURE DI SICUREZZA – RESPONSABILITA’ CIVILE – AUTORIZZAZIONE ALL’ESERCIZIO DELLA PISTA
massima
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In tema di responsabilità del soggetto titolare dell’autorizzazione all’esercizio di una pista da sci, l’art. 25 del decreto del presidente della Giunta provinciale di Trento 22.9.1987 n. 11-51 nella parte in cui prevede che le manifestazioni agonistiche o l’allestimento di percorsi per allenamento devono essere previamente autorizzati da parte del titolare dell’autorizzazione all’esercizio della pista all’organizzatore dell’attività agonistica o dell’allenamento spetta garantire, in relazione all’attività svolta, adeguate protezioni e misure di sicurezza deve essere interpretato nel senso che, in ipotesi di chiusura della pista per lo svolgimento di manifestazione agonistica o di allenamento alla stessa, la responsabilità dell’organizzatore della gara si aggiunge senza escluderla a quella incombente sul titolare dell’autorizzazione all’esercizio della pista, per il generale dovere del “neminem laedere” e per l’ottemperanza agli obblighi impostigli dalla specifica normativa.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Rovereto ha condannato la C. S. F. spa (titolare dell’autorizzazione all’esercizio di una pista sciistica) al risarcimento dei danni in favore dei congiunti di L.P., deceduto a seguito di un incidente sciistico verificatosi mentre effettuava una discesa di preriscaldamento in vista di una gara di slalom speciale.
La Corte d’appello di Trento ha riformato la sentenza ed assolto da responsabilità la convenuta, facendo applicazione del D.P.G.P. 22 settembre 1987, n. 11-51, art. 25 (Regolamento per l’esecuzione della L.P. n. 7 del 1987), secondo cui l’obbligo di apprestare protezioni e misure di sicurezza incombe non sulla società titolare dell’autorizzazione all’esercizio della pista (la C. S.), bensì sull’organizzatore dell’attività agonistica. Propongono ricorso per cassazione i congiunti della vittima attraverso tre motivi. Rispondono con distinti controricorsi la Carosello e la Fondiaria SAI. La Carosello propone ricorso incidentale attraverso sette motivi. Hanno depositato memorie per l’udienza i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi devono essere riuniti, siccome proposti contro la medesima sentenza.
Il ricorso principale
Il primo motivo – violazione o falsa applicazione della L.P. n. 7 del 1987 e del relativo regolamento d’esecuzione – sostiene che, benchè la pista in questione fosse stata riservata solo agli atleti, non è configurabile alcun passaggio di responsabilità dall’esercente (la Carosello SKI) all’organizzatore della gara, posto che sul primo gravava l’obbligo di provvedere alla corretta manutenzione del tracciato allestito dal secondo non solo in forza dell’art. 40 della citata legge provinciale (“… sulle rampe che … possono configurare situazioni di pericolo in caso di uscita dalla pista devono essere allestiti degli idonei apprestamenti di sicurezza …”), bensì anche come custode del bene. Sicché, avrebbe errato il giudice nello scindere la fase del rispetto degli obblighi contrattuali facenti capo al gestore da quella dell’organizzazione della gara, in quanto la Carosello aveva l’obbligo di dotare la pista di tutti gli accorgimenti necessari a prevenire situazioni di pericolo e, solo all’esito di tale adempimento contrattuale, avrebbe potuto autorizzare lo svolgimento di una manifestazione agonistica.
In conclusione, la colpa ascrivibile alla società convenuta sarebbe sia quella di non aver predisposto le necessarie misure di sicurezza atte ad evitare che, in caso di fuoriuscita di pista, il giovane L. andasse a scontrare contro gli alberi che lambivano il tracciato, sia quella consistita nel non aver accertato se il tracciato predisposto dagli organizzatori della gara (con quelle modalità ed in quel particolare tratto di pista “segnato in nero”) potesse determinare una situazione di pericolo. Il secondo motivo – violazione o falsa applicazione del principio del neminem laedere – sostiene che il giudice avrebbe erroneamente escluso la generale responsabilità della Carosello ai sensi dell’art. 2043 c.c. per violazione dell’obbligo di vigilanza e prudenza che incombe su chiunque gestisca un impianto sciistico (gestione considerata dai ricorrenti come “attività pericolosa”).
Il terzo motivo censura la sentenza per vizio della motivazione nel punto i cui ha omesso di verificare la colpa generica del gestore della pista per l’infortunio occorso al L., indipendentemente dal fatto che la pista fosse stata o meno ceduta a terzi per l’esercizio dell’attività agonistica.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati nei limiti in cui si dirà.
Occorre innanzitutto rilevare che 1’appellante Carosello aveva sostenuto in appello che il primo giudice era incorso nel vizio di ultrapetizione per non aver mai gli attori basato la propria domanda sull’art. 2043 c.c. Nel respingere l’eccezione il giudice riconosce che già nell’atto introduttivo gli attori avevano riportato pressoché integralmente il disposto della L.P. n. 7 del 1987, art. 40 e conclude che queste prescrizioni “altro non sono che il richiamo, in forma sintetica, del principio del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c., onde non corrisponde al vero che, da un esame complessivo dell’atto di citazione, non vi sia stato un richiamo sia pur implicito al succitato principio” (cfr. pag. 14 della sentenza).
E’ allora esplicitamente accertato che i congiunti della vittima hanno agito nei confronti della Carosello (titolare dell’autorizzazione pubblica all’esercizio della pista) invocando la clausola generale della responsabilità aquiliana ed indicando, a titolo di colpa, i doveri specifici ai quali è soggetto il titolare stesso a norma dell’art. 40 della citata legge (adozione delle “…misure che dall’esperienza e da ragionevoli considerazioni risultino necessarie a tutelare l’integrità fisica dell’utente sciatore, avuto riguardo della situazione dei luoghi, delle mutevoli condizioni di innevamento … in particolare dovranno essere messe in atto tutte le misure per prevenire quelle situazioni nelle quali la fonte di pericolo non possa essere colta dall’ utente, anche facendo uso dell’ ordinaria diligenza …” : brani, questi, riportati nella stessa sentenza, mentre altri sono stati riportati dai ricorrenti nel primo motivo).
Il giudice, da questo accertamento, non ha tratto le conseguenze che necessariamente ne derivano, sia sotto il profilo giuridico, sia sotto quello della logicità della motivazione.
Infatti, la sentenza pone al centro della sua argomentazione la disposizione di cui all’art. 25 del Regolamento per l’esecuzione della L.P. n. 7 del 1987, a mente della quale “all’organizzatore dell’attività agonistica o dell’allenamento spetta garantire, in relazione all’attività svolta, adeguate protezioni e misure di sicurezza”. Ne deduce che, essendo stata la pista chiusa agli utenti ordinari e riservata all’allenamento degli atleti in vista della gara, risultava trasferita la sua custodia, ivi compreso l’obbligo di predisporre le necessarie misure di sicurezza, dal titolare dell’autorizzazione all’esercizio della stessa (la Carosello) all’organizzatore della gara da svolgersi. Passaggio di custodia che – secondo il giudice – avrebbe determinato l’esclusione di qualsiasi profilo di responsabilità in capo alla Carosello, “la quale non aveva più alcun potere di interferire nell’organizzazione e nell’allestimento delle misure di sicurezza” (cfr. pag. 18 della sentenza), neanche, per questa ragione, sotto il profilo del neminem laedere (cfr. pag. 23).
In altri termini, il giudice rileva il difetto della legittimazione sostanziale della convenuta, concludendo che “ciò non significa che non ci siano responsabili per l’accaduto o che la colpa sia ascrivibile solo al L., ma semplicemente che non sono state citate in giudizio le persone a cui detta responsabilità poteva ascriversi …”. Il ragionamento – come si diceva – è intrinsecamente errato e contraddittorio. Gli attuali ricorrenti hanno originariamente agito contro la Carosello (lo accerta la stessa sentenza) ai sensi dell’art. 2043 c.c., per la responsabilità assunta, quale titolare dell’autorizzazione alla gestione della pista, ai sensi dell’art. 40 della legge provinciale; perchè fosse accertato, dunque, se la convenuta avesse adottato tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dell’utente ed a prevenire le situazioni di pericolo, soprattutto in caso di uscita dalla pista.
Siffatta responsabilità non resta certamente elisa dalla disposizione dell’art. 25 del Regolamento attuativo, il quale non fa altro che attribuire all’organizzatore dell’attività agonistica o dell’allenamento l’obbligo di garantire adeguate protezioni e misure di sicurezza “in relazione all’attività svolta”.
In altri termini, la disposizione regolamentare alla quale il giudice affida la decisione aggiunge, per l’ipotesi di gara o di allenamento in pista chiusa o riservata, la specifica responsabilità dell’organizzatore (in considerazione della peculiarità dell’attività svolta) a quella generale della società titolare dell’autorizzazione a gestire la pista, ma certamente non la elide.
Tant’è che la stessa disposizione regolamentare prevede, al 2 comma, che “Le manifestazioni agonistiche o l’allestimento di percorsi per allenamento devono essere previamente autorizzati da parte del titolare dell’autorizzazione all’esercizio della pista”.
In questo senso, e soprattutto nel senso letterale dell’art. 25, è del tutto improprio il riferimento al “passaggio di custodia” al quale fa riferimento la sentenza, sottintendendo una sorta di responsabilità da cosa in custodia di cui all’art. 2051 c.c., la quale si atteggia come responsabilità oggettiva e ricorre nelle ipotesi in cui il danno è prodotto dalla cosa stessa, prescindendo dall’atteggiamento soggettivo del custode.
Sicché, il giudice avrebbe dovuto accertare l’apporto causale fornito nella produzione dell’evento da parte di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda ed, in particolare: per la responsabilità aquiliana incombente sulla società titolare dell’autorizzazione e sull’organizzatore della gara, oltre che per quella a loro specificamente attribuita dalla legge provinciale e dal suo regolamento d’esecuzione; per la eventuale responsabilità della stessa vittima del sinistro.
In conclusione, accolti i motivi del ricorso principale nei limiti di cui s’è detto, la sentenza deve essere cassata ed il giudice del rinvio si adeguerà al principio secondo cui: in tema di responsabilità del soggetto titolare di autorizzazione all’esercizio della pista da sci, il D.P. Giunta Provinciale Trento 22 settembre 1987, n. 11-51/Legisl., art. 25 (Emanazione del regolamento per 1’esecuzione della L.P. 21 aprile 1987, n. 7, concernente “Disciplina delle linee funiviarie in servizio pubblico e delle piste da sci”), nella parte in cui prevede che “Le manifestazioni agonistiche o l’allestimento di percorsi per allenamento devono essere previamente autorizzati da parte del titolare dell’autorizzazione all’esercizio della pista … all’organizzatore dell’attività agonistica o dell’allenamento spetta garantire, in relazione all’attività svolta, adeguate protezioni e misure di sicurezza”, deve essere interpretato nel senso che, in ipotesi di chiusura della pista per lo svolgimento di manifestazione agonistica o di allenamento alla stessa, la responsabilità dell’organizzatore della gara (consistente nella predisposizione di protezioni e misure di sicurezza adeguate all’attività agonistica in concreto svolta) si aggiunge (senza escluderla) a quella incombente sul titolare dell’autorizzazione all’esercizio della pista, per il generale dovere del neminem laedere e per l’ottemperanza agli obblighi impostigli dalla specifica normativa.
Adeguandosi al principio di diritto sopra enunciato, il giudice del rinvio accerterà l’apporto causale fornito dai vari soggetti coinvolti nel sinistro, compresa, eventualmente, la medesima vittima.
Il ricorso incidentale
Il primo motivo svolto dalla Carosello, concernente il rigetto dell’eccezione pregiudiziale di nullità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, è infondato.
L’interpretazione degli atti giudiziari è compito esclusivo del giudice del merito che sfugge alla censura di legittimità nel caso in cui sia stata resa con motivazione congrua e logica. Corretta motivazione che, nella specie, è rinvenibile alle pagine dalla 6 alla 8 della sentenza impugnata.
Gli altri motivi, che concernono la mancata condanna alla restituzione della somma versata dalla Carosello agli attori in forza della provvisoria esecutività della condanna di primo grado e la compensazione delle spese dei giudizi di merito, restano assorbiti.
Il giudice del rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il principale, rigetta il primo motivo dell’incidentale e dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione, anche perché provveda sulle spese del giudizio di cassazione.
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