CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 luglio 2013, n. 17044
Tributi – Imposte sui redditi – Accertamenti e controlli – Avviso di accertamento – Contenuto – Sottoscrizione da parte del capo titolare dell’ufficio o di suo delegato di carriera direttiva – Sufficienza – Condizioni – Contestazione – Prova – Onere dell’Amministrazione finanziaria – Esclusione
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il primo dicembre 2006 a D.C.P., l’ AGENZIA delle ENTRATE, in forza di un solo motivo, chiedeva di cassare la sentenza n. 116/28/05 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (depositata il 24 ottobre 2005) che aveva disatteso l’ appello dell’ Ufficio avverso la decisione (327/23/04) della Commissione Tributaria Provinciale di Roma la quale aveva dichiarato nullo l’ avviso di accertamento per vizio della sua sottoscrizione.
Nel controricorso notificato il 28 dicembre 2006 la D.C. instava per il rigetto dell’ avverso gravame e spiegava, a sua volta, ricorso incidentale basato su due motivi; la stessa, quindi, depositava memorie ex art. 378 c.p.c.
Con provvedimento del 22 settembre 2011 il collegio disponeva la “sospensione del giudizio” ex art. 39, co. 12, DL 6 luglio 2011 n. 98 (convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111); dopo la scadenza (“30 giugno 2012”) del termine di “sospensione” legale, nessuna delle parti comunicava l’ avvenuta definizione della controversia.
Motivi della decisione
1. In via preliminare, ai sensi dell’ art. 335 c.p.c., deve essere disposta la riunione al ricorso dell’ Agenzia di quello incidentale della contribuente perché le due impugnazioni investono la medesima decisione.
2. Con la sentenza gravata la Commissione Tributaria Regionale ha respinto l’ appello, nel quale l’Ufficio (allegando un «atto di delega» ed un «atto di organizzazione») aveva sostenuto che l’ «atto» impositivo impugnato «è legittimo perché firmato da persona autorizzata appartenente alla carriera direttiva», osservando:
«quanto sopra … doveva essere rappresentato nel giudizio svoltosi in CTP» mentre «l’ Ufficio nulla ha detto sull’ argomento, prestando acquiescenza all’ eccezione sollevata dal contribuente»;
la «delega allegata (atto n. 128043 del 20 novembre 2000) … si riferisce … ai dirigenti Area Controllo e Area Servizi» e, quindi, «non è applicabile al funzionario dott. F. E. che ha firmato l’ atto».
3. Nel suo ricorso l’ Agenzia – assunto che «il terzo capoverso del provvedimento delle deleghe, allegato … all’ atto di appello, … recita: “fino a nuova disposizione, i Capi Team dell’ Area Controllo sono autorizzati a firmare gli atti a rilevanza esterna il cui reddito o le cui riprese fiscali, o il cui maggior valore o il cui maggior recupero di corrispettivi non sia superiore a lire 200.000.000″» – denunzia «violazione e falsa applicazione dell’ art. 58, comma 2, D. Lgs. 546/92 e dell’ art. 42, comma 1 e 3, DPR 600/73» nonché «omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione» esponendo (per quanto qui rileva):
– in base all’ esibito «ordine di servizio in vigore al tempo della notifica dell’ accertamento» («in cui si evidenzia il nome del funzionario E. F. quale capo team reparto l’accertamento e verifiche», quindi di un «reparto dell’ area controllo») il «dott. E. … era pienamente delegato alla firma dell’ atto in questione» essendo l’ Ufficio «notoriamente» suddiviso in «area controllo e area servizi»;
– per «giurisprudenza costante» di questa Corte («Cass. 27761/2005 …») «l’ art. 58, comma secondo, del D. Lgs. 546/92 fa salva la facoltà delle parti di produrre in appello … nuovi documenti, indipendentemente dall’ impossibilità … di produrli in prima istanza per causa a lui non imputabile».
4. La D.C. eccepisce l’ inammissibilità del ricorso dell’ Agenzia per mancata «enunciazione del quesito di diritto» (art. 366 bis c.p.c.) e, in ipotesi di «accoglimento» dello stesso, spiega, a sua volta, ricorso incidentale con i cui due motivi denunzia (2) «illegittimità del DPCM 29 gennaio 1996 per difetto del parere obbligatorio del Consiglio di Stato ex art. 11 legge 400/88» e (2) «violazione e falsa applicazione degli artt. 39 DPR n. 600/73 e art. 54 DPR n. 633/72».
5. Il ricorso dell’ Agenzia deve essere accolto perché fondato; il gravame incidentale della contribuente, invece, è inammissibile.
A. In via preliminare va rilevato che al ricorso dell’ Agenzia (e, parimenti, a quello incidentale della contribuente), ai sensi dell’ art. 27 D. Lg.vo 2 febbraio 2006 n. 40, non si applica il disposto dell’ art. 366 bis c.p.c. [poi abrogato dall’ art. 47, comma 1, lett. d), della legge 18 giugno 2009 n. 69] perché la sentenza impugnata è stata depositata il 24 ottobre 2005, quindi prima del 2 marzo 2006, data di entrata in vigore dell’ art. 6 stesso D. Lg.vo n. 40 del 2006 che ha introdotto quella norma nel codice di rito civile.
Identica ragione impone di disattendere l’ “eccezione” di “improcedibilità del ricorso dell’ Agenzia … per violazione degli art. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.”, sollevata dalla contribuente nelle memorie depositate e fondata sulla assunta mancanza di “specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti … sui quali il ricorso … si fonda” nonché sull’ omesso deposito degli “atti processuali” e dei “documenti” sui quali “il ricorso si fonda”): su quest’ ultimo punto, inoltre, va richiamato e ribadito il principio affermato dalle sezioni unite (sentenza 3 novembre 2011 n. 22726) secondo cui “per i ricorsi avverso sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (che, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 25, comma 2, restano acquisiti al fascicolo d’ ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata della produzione del proprio fascicolo, contenuto nel fascicolo d’ ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla Corte di cassazione ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (a meno che non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria); neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte”.
B. Nel merito, entrambe le affermazioni che sorreggono la sentenza impugnata si rivelano erronee.
B.1. Con “costante giurisprudenza” (così definita da Cass., trib., 25 novembre 2008 n. 28019, che richiama “ex multis, Cass. 2027/03, Cass. 1545/07, Cass. 12185/08”), infatti, questa Corte ha statuito (Cass., trib., 6 novembre 2009 n. 23580) che “nel processo tributario la legge fa salva la facoltà delle parti di produrre in appello nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 c.p.c.” e precisato che ” tale attività deve essere esercitata – stante il richiamo operato dall’ art. 61 del cit. D.Lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado – entro il termine previsto dall’ art. 32, comma 1, dello stesso decreto” (da “ritenersi di natura perentoria e quindi sanzionato con la decadenza” anche “anche in assenza di espressa previsione legislativa” atteso “lo scopo che persegue e la funzione che adempie, ravvisabili nella tutela del diritto di difesa e del principio del contraddittorio”).
B.2. Per l’ art. 42 DPR 29 settembre 1973 n. 600 (rubricato “Avviso di accertamento”), poi, gli “avvisi” contenenti “accertamenti in rettifica” e/o “accertamenti d’ ufficio” possono essere sottoscritti, oltre che “dal capo dell’ ufficio”, anche ( “o” ) da “altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”.
In base alla norma, quindi, l’ atto impositivo può essere sottoscritto anche da “impiegato della carriera direttiva … delegato” dal “capo dell’ufficio” (il quale, per Cass., trib., 10 agosto 2010 n. 18515, non deve affatto “rivestire la qualifica dirigenziale”), con il conseguente corollario per il quale, in carenza di qualsivoglia specificazione normativa, deve ritenersi sufficiente l’ esistenza, in fatto (cfr. Cass., trib., 20 giugno 2011, n. 13512, che richiama il principio secondo cui “l’atto amministrativo esiste come tale allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive”‘), della delega (anche a carattere generale) e non necessaria né la menzione della stessa nell’ atto né, tanto meno, la specificazione che il delegato appartiene alla “carriera direttiva”: ovviamente “in caso di contestazione … incombe all’ amministrazione provare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega” (Cass., trib., 10 novembre 2000 n. 14626).
B.3 La “delega a sottoscrivere un avviso di accertamento”, inoltre, diversamente da quanto sostenuto dalla contribuente, non attiene affatto “alla legittimazione processuale” (quindi ad un “presupposto processuale”) perché l’ “avviso di accertamento” non è atto del processo: lo stesso, infatti, ha natura sostanziale e non processuale.
La “legittimazione processuale” dell’ ente impositore, poi, non va verificata in base all’ art. 42 DPR n. 600 del 1973 ma sulla scorta del (diverso) disposto dettato dell’ art. 11 D. Lg.vo 546 del 1992, sul controllo della cui esatta osservanza non esercita nessuna influenza l’ (accertamento della) eventuale carenza di delega del sottoscrittore dell’ atto impositivo.
La sussistenza della “delega a sottoscrivere un avviso di accertamento”, pertanto, non deve affatto “esistere” né “essere dimostrato in caso di contestazione … fin dal giudizio di primo grado” (salvo ipotesi, non verificata nella specie, di ostativo giudicato interno sul punto specifico).
B.4. Dalla natura sostanziale (e non processuale) dell’ “avviso di accertamento” discende evidente la erroneità dell’ affermazione del giudice di appello (unica sostanziante la motivazione dello stesso sulla questione) secondo cui la «delega allegata (atto n. 128043 del 20 novembre 2000) … non è applicabile al funzionario dott. F. E. che ha firmato l’ atto» perché la stessa «si riferisce … ai dirigenti Area Controllo e Area Servizi»: da questa asserzione, infatti, non si evincono le ragioni logiche e/o giuridiche per le quali la «delega allegata (atto n. 128043 del 20 novembre 2000)» conferita «ai dirigenti Area Controllo e Area Servizi» non sarebbe «applicabile al funzionario dott. F. E. che ha firmato l’ atto»: per l’ art. 42 DPR n. 600 del 1973, infatti, come visto, è sufficiente che il delegato (nel caso il «funzionario dott. F. E. che ha firmato l’ atto») sia un “impiegato della carriera direttiva”.
C. Il ricorso incidentale della contribuente è inammissibile “per carenza di interesse” (cfr. Cass., II, 18 maggio 2011 n. 10922, la quale richiama “Cass. Sez. 3, 7 luglio 2010 n. 16016; Sez. 3, 5 maggio 2009 n. 10285; Sez. 1, 19 ottobre 2006 n. 22501”) perché i due motivi che lo sorreggono hanno ad oggetto esclusivamente questioni («illegittimità del DPCM 29 gennaio 1996 per difetto del parere obbligatorio del Consiglio di Stato ex art. 17 legge 400/88»; «violazione e falsa applicazione degli artt. 39 DPR n. 600/73 e art. 54 DPR n. 633/72») non affrontate né decise (nemmeno implicitamente) dal giudice del merito: le doglianze, infatti, non sono dirette contro nessun punto della decisione del giudice di appello ma si risolvono nella mera riproposizione di quelle questioni, sottoposte all’ esame di quel giudice e dallo stesso non esaminate perché assorbite: le stesse, quindi, “possono solo essere riproposte nel giudizio di rinvio in caso di accoglimento del ricorso principale” (Cass ., II, 18 maggio 2011 n. 10922).
6. In definitiva la sentenza impugnata va cassata perché affetta dai rilevati errori e la causa, siccome bisognevole degli accertamenti fattuali inerenti l’ atto di delega, oltre che (se reso possibile dall’ esito di siffatta interpretazione in senso favorevole all’ ufficio impositore) tutte le altre questioni non decise, deve essere rinviata ad altra sezione della stessa Commissione Tributaria Regionale che ha emesso la decisione annullata affinché (1) esamini i poteri del sottoscrittore dell’ atto impositivo impugnato alla luce degli esposti principi di diritto e (2) regoli anche le spese processuali di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso dell’ Agenzia; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
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