CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 giugno 2021, n. 18359

Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Indebito ammortamento di bene strumentale – Bene mai pagato e sostituito in garanzia – Estensione dell’accertamento a periodi d’imposta precedenti – Legittimità

Rilevato che

1. Iniziativa M. Spa propone ricorso, con otto motivi, contro l’Agenzia delle entrate, che ha depositato un atto ai sensi e per gli effetti dell’art. 370, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) del Veneto, sopra indicata, che – in controversia concernente l’impugnazione di tre avvisi di accertamento che recuperavano a tassazione, ai fini IRES e IRAP, per i periodi d’imposta 2005, 2006, e 2007, costi indeducibili consistenti (per quanto qui rileva) nell’indebito ammortamento di un bene strumentale (tomografo G-Scan 5007) – in accoglimento dell’appello dell’Amministrazione finanziaria, in contraddittorio con la contribuente, ha riformato la sentenza (n. 07/05/2013) della Commissione tributaria provinciale di Padova che, dopo averli riuniti, aveva accolto i ricorsi della società avverso gli atti impositivi;

2. la C.T.R. ha fondato il proprio convincimento sulle seguenti considerazioni: (i) in aderenza al motivo di appello dell’ufficio, gli avvisi di accertamento per il 2005 e per il 2006 sono stati emessi legittimamente. Posto che l’autorizzazione alla verifica del direttore dell’Agenzia delle entrate riguardava soltanto il periodo d’imposta 2007, al contrario di quanto sostenuto dalla società, non vi era stata alcuna illegittima estensione dell’indagine fiscale al biennio 2005-2006, ed infatti il processo verbale di constatazione (“P.V.C.”) era limitato al 2007, e l’Agenzia delle entrate, elaborando autonomamente gli elementi relativi alle annualità 2005-2006, quali antecedenti fondamentali ai fini della corretta deduzione dell’ammortamento del bene strumentale per il 2007, aveva legittimamente ritenuto di emettere avvisi di accertamento parziali anche per i periodi d’imposta 2005 e 2006; (ii) del resto, le norme di riferimento (artt. 33, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, 52 del d.P.R. n. 633 del 1972), riguardanti le modalità di accesso alle aziende nell’ambito dell’attività accertatrice, sebbene richiedano l’autorizzazione del capo dell’ufficio, diversamente da quanto è previsto nel caso in cui l’accesso sia effettuato presso il domicilio della persona fisica in assenza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, non prevedono alcuna nullità per mancanza di autorizzazione; (iii) sono del pari fondati i motivi di gravame riguardanti le quote di ammortamento riprese a tassazione. Infatti, testualmente (vedi pag. 13 della sentenza) «Dalla data di emissione della fattura E. n. 3321 del 14/6/05 il tomografo G-Scan 5007 è rimasto di proprietà di quest’ultima che non reclamandone il prezzo lo aveva di fatto lasciato nella disponibilità di I. M. fino alla sua restituzione “reso in garanzia” in data 20/04/2007 come si rileva dal DDT n. PD/07/0063 (all. 26 al P.V.C.) dopo la sua “sostituzione in garanzia” come si rileva da DDT 500821 del 19/04/2007 (all. 24 al P.V.C.) con il Tomografo G-Scan 5045. Successivamente al pagamento della somma transattivamente convenuta di € 300.000,00 effettuato il 29/12/2008, in data 5/01/2009 veniva effettuato regolare formale collaudo e accettazione merce sottoscritto da entrambe le parti, e il tomografo G-Scan 5045 entrato a pieno titolo dopo il pagamento ed il collaudo nel patrimonio aziendale diveniva bene ammortizzabile con prevista iscrizione nel libro dei cespiti al valore iniziale di un costo definitivamente quantificato e corrisposto al venditore di € 300.000,00. […] deve concludersi come correttamente sostenuto dall’appellante che il Tomografo G-Scan 5007 non è stato mai pagato; è stato sostituito nell’aprile del 2007 con un nuovo Tomografo G-Scan 5045. Ne consegue che legittimamente l’Agenzia delle Entrate ha ripreso a tassazione le quote indebitamente ammortizzate negli anni 2005/2006/2007 relative a un bene che se pur impiegato nell’azienda che ne aveva la disponibilità, in tali periodo risultava estraneo al patrimonio aziendale perché non acquisito in proprietà dall’azienda e perché, non essendo stato sostenuto per la sua acquisizione alcun costo, nessuna quota di esso quale ammortamento del bene poteva essere contabilizzata come componente negativa di reddito.»; (iv) con riferimento alle eccezioni della contribuente, assorbite dalla sentenza di primo grado e riproposte dalla parte appellata, innanzitutto, non sussistono né la violazione del principio di leale collaborazione tra le parti e del contraddittorio preventivo, né il difetto di motivazione in punto di rigetto delle osservazioni della parte al P.V.C., in quanto dal testo degli atti impugnati risulta espressamente che l’Agenzia ha esaminato le osservazioni della società, che evidentemente non ha condiviso e ha quindi motivato in modo chiaro, dettagliato e completo gli avvisi di accertamento; (v) non è fondata nemmeno l’eccezione di nullità dell’avviso per violazione dell’art. 42, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, visto che l’ufficio, in primo grado, aveva prodotto gli ordini di servizio, con firma autografa del direttore Cinzia Romagnolo, recanti (ibidem, pag. 14) «le deleghe e gli incarichi conferiti al personale appartenente alla carriera direttiva, pur se non nominativamente indicati, ma in relazione alle specifiche attribuzioni ad essi affidate fra cui rientra quella di “Capo Team” attribuita al sig. E. T. sottoscrittore per delega dell’avviso di accertamento.»;

3. il Sostituto procuratore generale M.V. ha depositato requisitoria scritta, con cui ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

Considerato che

1. con il primo motivo di ricorso [«Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., degli artt. 32, primo co., n. 1 e 33, primo co., Dpr 600/1973 e dell’art. 52 primo co., secondo periodo del decreto Iva, nonché dell’art. 112, primo e secondo co. della Legge 212/2000 nella parte in cui si è esclusa l’illegittimità dell’attività istruttoria a causa di una estensione della verifica (agli anni 2005 e 2006) da parte dei funzionari che erano stati autorizzati dal Capo dell’Ufficio per il solo anno 2007.»], la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere giudicato legittima la verifica fiscale, oltre che per l’annualità 2007, per la quale i funzionari dell’Agenzia delle entrate avevano ricevuto l’autorizzazione del direttore dell’ufficio, anche per i periodi d’imposta 2005 e 2006, per i quali invece non era stata rilasciata alcuna autorizzazione;

2. con il secondo motivo [«Illegittimità della sentenza laddove ignora che il “difetto di attribuzione” comporta nullità dell’atto per principio generale di diritto amministrativo, da ultimo formalizzato nell’art. 21-septies, primo co., Legge 7.8.1990, n. 241.»], la ricorrente ascrive alla C.T.R. di non avere riconosciuto che l’estensione, da parte dei funzionari dell’Agenzia delle entrate, della verifica agli anni 2005 e 2006, in assenza della prescritta autorizzazione del loro direttore, dà luogo a nullità per difetto assoluto di attribuzione, per un principio generale dell’ordinamento amministrativo;

3. con il terzo motivo [«In via subordinata, illegittimità della sentenza ove ignora che la conseguenza giuridica della violazione della disciplina legale dell’attività amministrativa non è necessariamente e solo la nullità del provvedimento. È altresì annullabile. Violazione dell’art. 21-octies, L. 7.8.1990, n. 241 (la quale peraltro ha formalizzato un principio presente da decenni nel diritto amministrativo), in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.»], la ricorrente, subordinatamente al precedente rilievo critico, addebita alla sentenza impugnata di non avere colto che le “segnalazioni” (così, espone la contribuente, si è espressa la C.T.R.), per gli anni 2005 e 2006, da parte dei verificatori, anche se non nulle per difetto di attribuzione, in ogni caso integravano una violazione di legge, che aveva determinato (se non la nullità quanto meno) l’annullabilità degli avvisi;

4. con il quarto motivo [«Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 1362, co. 2, c.c., nella parte in cui la Commissione ha assunto – basandosi sulla sola considerazione di alcune clausole contrattuali – che il tomografo non sia mai divenuto di proprietà di I. M. Spa. Necessità di indagare ed approfondire il contesto, dato dal comportamento complessivo delle parti, oltre al testo del contratto.»], si censura la sentenza impugnata per non avere riconosciuto, compiendo la necessaria indagine sulla comune intenzione delle parti, desumibile dal loro comportamento successivo difforme rispetto alle previsioni contrattuali, che indubitabilmente la volontà della venditrice E. Spa e dell’acquirente I. M. Spa era quella di trasferire la proprietà del bene dall’una all’altra società;

5. con il quinto motivo [«Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 102, DPR 917/1986, nella parte in cui il Collegio di secondo grado ha ritenuto che il periodo di ammortamento di un bene decorra non già dalla sua entrata in funzione, bensì dal momento in cui si perfeziona il trasferimento della proprietà in capo all’acquirente.»], la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che il tomografo, benché entrato nel ciclo produttivo della contribuente, non fosse suscettibile di ammortamento, nel triennio in esame, in mancanza del suo passaggio di proprietà dalla venditrice all’acquirente, senza considerare che, invece, è l’entrata in funzione del bene, e non il suo acquisto, il momento che determina il diritto ad operare l’ammortamento in un sistema che, al di là di formalismi civilistici, mira a colpire la capacità produttiva dell’impresa. Sotto altro profilo, in via subordinata, la contribuente, ipotizzando che la proprietà o la titolarità di un diritto reale rilevi quale antecedente necessario ai fini dell’ammortamento, censura la sentenza impugnata per avere trascurato che, comunque, tale requisito giuridico si era verificato nel periodo di utilizzo continuativo del bene in quanto, in effetti, il passaggio di proprietà, secondo la ricostruzione della vicenda negoziale operata dalla Commissione regionale, si sarebbe perfezionato in data 29/12/2008;

6. con il sesto motivo [«Segue: violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 109, DPR 917/1986, per violazione del principio di correlazione tra costi e ricavi.»], la ricorrente censura la sentenza impugnata che, pur riconoscendo che l’utilizzo del tomografo aveva consentito di realizzare ingenti ricavi (euro 1,7 milioni) negli anni 2005-2007, tuttavia, ha disconosciuto i corrispondenti costi, nonostante ricorressero tutti i requisiti dell’art. 109 (certezza del costo, inerenza del costo all’attività d’impresa);

7. con il settimo motivo [«Violazione e falsa applicazione, degli artt. 10 I co. e 12 VII co. dello Statuto, dell’art. 42 del Dpr 600/1973 e comunque del principio europeo e costituzionale (artt. 3 – 24 e 97 Cost.) che garantisce il contraddittorio anche in ambito amministrativo endoprocedimentale, in rapporto all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ove la CTR ammette la possibilità di un semplice contraddittorio “implicito” e di una motivazione “implicita” degli avvisi di accertamento, in violazione del diritto del contribuente al previo contraddittorio effettivo e della motivazione effettiva sulle difese avanzate in fase pre-provvedimentale.»], la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente affermato da un lato che, in fase procedimentale, il contraddittorio può essere “implicito”, essendo sufficiente la mera conferma degli rilievi contenuti nel P.V.C., quale manifestazione tacita della valutazione di rigetto delle osservazioni del contribuente; dall’altro che la motivazione degli accertamenti, in relazione alla censura della società sottoposta a verifica, si possa risolvere in una mera formula di stile;

8. con l’ottavo motivo [«Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 terzo co. Dpr 600/1973, laddove la sentenza esclude l’illegittimità dell’avviso per difetto di prova in ordine alla delega attribuita al sottoscrittore dell’accertamento e della sua delegabilità, siccome funzionario della carriera direttiva.»], la ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere rilevato la carenza di prova circa le specifiche attribuzioni delegate dal direttore dell’ufficio (con ordine di servizio n. 5/2010) al capo team “T.” e, in particolare, per non avere chiarito se quest’ultimo appartenesse o meno al personale della carriera direttiva (come prescritto dall’art. 43, del d.P.R. n. 600 del 1973);

9. il primo, il secondo e il terzo motivo, da esaminare insieme per connessione, sono infondati;

la ricorrente incentra la propria critica alla sentenza d’appello facendo leva sul generico richiamo a disposizioni del d.P.R. n. 600 del 1973 (artt. 32, 33), del d.P.R. n. 633 del 1972 (art. 52), nonché alle figure della nullità e dell’annullabilità dell’atto amministrativo, rispettivamente, per difetto di attribuzione e per violazione di legge; così facendo, tuttavia, la contribuente tralascia due aspetti decisivi, opportunamente evidenziati dalla Commissione regionale: innanzitutto, che dal P.V.C. risultava che il “Direttore della Agenzia delle Entrate” aveva espressamente autorizzato i propri funzionari ad accedere ai locali della contribuente per controllare la regolarità dell’operazione di ammortamento del bene strumentale (tomografo) per l’annualità 2007; in secondo luogo, che il recupero fiscale relativo alle precedenti annualità (ossia ai periodi d’imposta 2005 e 2006), in ragione dell’irregolarità della complessiva operazione di ammortamento, con cadenza annuale, del costo del bene strumentale, emersa ictu oculi in occasione dell’unico accesso, è stato effettuato in modo del tutto legittimo, senza la necessità di eseguire ulteriori accessi presso i locali dell’impresa verificata e, conseguentemente, senza bisogno di un’altra autorizzazione da parte del capo dell’ufficio;

10. il quarto motivo è infondato;

nonostante la deduzione della violazione delle disposizioni codicistiche in tema di interpretazione del contratto, nel prospettare che la C.T.R. abbia omesso di valutare il comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto, la ricorrente, in realtà, sollecita questa Corte a compiere un nuovo apprezzamento delle circostanze di fatto (già insindacabilmente) vagliate dalla C.T.R. al fine di qualificare la cessione del tomografo. Ebbene, come sopra accennato (vedi p. n. 2 (iii) del “Rilevato che”), la decisione impugnata reca un’approfondita disamina del contratto di cessione del “Tomografo G-Scan 5007”; la Commissione regionale menziona (vedi p. 6/5, a pag. 11 della sentenza) l’art. 2, lett. a), delle condizioni generali di vendita, secondo cui «La proprietà dei beni oggetto della fornitura si trasferisce in capo all’Acquirente soltanto ad avvenuto pagamento della stessa: il rischio per il perimento dei beni, così come gli altri rischi si trasferiscono in capo all’acquirente dal momento della consegna dei beni al vettore (art. 1522 c.c.)». Dopodiché, soffermandosi meticolosamente anche sul comportamento delle parti successivo alla conclusione del negozio, stabilisce per un verso che la proprietà del bene strumentale non è mai stata trasferita dalla venditrice all’acquirente I. M. Spa, per altro verso che quest’ultima non aveva titolo per ammortizzare l’apparecchio diagnostico, non avendo mai sostenuto alcun costo per il suo acquisto;

11. il quinto motivo, nella sua complessa articolazione, e il sesto motivo, suscettibili d’esame congiunto per connessione, sono infondati;

contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio sancito dall’art. 102, comma 1, t.u.i.r. — in base al quale le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa sono deducibili a partire dall’esercizio dell’entrata in funzione del bene —, ed ha negato la legittimità dell’ammortamento del tomografo, senza violare il canone dell’art. 109, t.u.i.r., alla luce del decisivo rilievo che, per quel bene strumentale, la contribuente (che, come già accennato, non ne ha mai acquistato la proprietà), non ha sopportato alcun costo, né prima né dopo l’entrata in funzione dell’apparecchio;

12. il settimo motivo è infondato;

con accertamento di fatto, non attinto da specifica censura, la sentenza impugnata ha sancito che l’A.F. ha emesso gli avvisi di accertamento all’esito di regolare contraddittorio procedimentale, ossia dopo l’esame delle osservazioni della società verificata, e che la motivazione degli avvisi dà conto delle ragioni per le quali gli argomenti illustrati dalla contribuente, in memoria difensiva, non sono stati ritenuti persuasivi;

13. l’ottavo motivo è infondato;

la sentenza impugnata, con accertamento di fatto non attinto da specifica censura, ha stabilito che il direttore dell’ufficio, con apposito ordine di servizio, ha delegato al personale della carriera direttiva specifiche attribuzioni, compresa quella di “capo team”, conferita a E. T., il quale ha sottoscritto per delega l’avviso di accertamento. Tale statuizione è in termini con il costante indirizzo sezionale (cfr. Cass. 07/08/2020, n. 16844, consolidata da Cass. 02/02/2021, n. 2221), che il Collegio fa proprio, secondo cui «L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se il contribuente contesta la legittimazione del soggetto, diverso dal dirigente, alla sottoscrizione dell’atto, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare, in omaggio al principio di cd. vicinanza della prova, il corretto esercizio del potere producendo, anche nel corso del secondo grado di giudizio, la relativa delega, che pure è solo di firma e non di funzioni. In ogni caso, la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento non è una delega di funzioni, da attribuire solo ad un dirigente, ma solo una delega di firma, di tal che l’atto firmato dal delegato, pur essendo certamente frutto dell’attività decisionale di quest’ultimo, resta formalmente imputato all’organo delegante, senza nessuna alterazione dell’ordine delle competenze. Il delegato alla firma agisce semplicemente come longa manus del delegante, e, quindi, in qualità di mero sostituto materiale del soggetto persona fisica titolare dell’organo cui è attribuita la competenza.»;

14. nulla si dispone sulle spese del giudizio di legittimità, nel quale l’Agenzia non ha svolto attività di difesa;

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.