CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 luglio 2013, n. 17587
Lavoro – Licenziamento – Periodo di prova – Mancato superamento – Patto di prova – Forma scritta ad substantiam – Mansioni – Richiamo al Ccnl – Validità
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Torino, con sentenza pubblicata in data 17 maggio 2011, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta nei confronti della impresa individuale B.F. da S.M., il quale, deducendo di essere stato licenziato con lettera del 2 gennaio 2007 per mancato superamento del periodo di prova, aveva dedotto la nullità del patto di prova perché non redatto per iscritto e, conseguentemente, l’illegittimità del licenziamento.
Ha osservato la Corte territoriale :
– l’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto, richiesto ad substantiam,
– che, a tal fine, non è sufficiente ad integrare l’atto scritto un qualsiasi documento, ma è necessario uno scritto contenente la manifestazione di volontà di concludere il contratto;
– che nella specie la dichiarazione di assunzione, sottoscritta dal datore di lavoro e dal lavoratore “per ricevuta”, fosse tale da soddisfare il requisito della forma scritta;
– che nella dichiarazione di assunzione erano anche specificate le mansioni in relazione alle quali la prova doveva essere espletata. Al riguardo il riferimento al sistema classificatorio della contrattazione collettiva era sufficiente ad integrare il requisito della specificità dell’indicazione delle mansioni in prova;
– che era dunque legittimo il licenziamento, non avendo il lavoratore allegato di aver superato il periodo di prova né che il recesso fosse stato intimato per un motivo illecito o estraneo al patto di prova.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore sulla base di tre motivi. B.F. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. Deve preliminarmente essere rigettata la richiesta di interruzione del processo formulata dai difensori della ditta resistente all’udienza di discussione, sul rilievo – documentato -della intervenuta dichiarazione di fallimento di tale ditta, in data 24-28 ottobre 2011.
Nel giudizio di Cassazione, dominato dall’impulso di ufficio, non trova infatti applicazione l’istituto dell’interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e segg. cod. proc. civ., sicché il fallimento di una delle parti non ne determina l’interruzione. Ne consegue che, una volta instauratosi il giudizio di Cassazione con la notifica ed il deposito del ricorso, il curatore del fallimento non è legittimato a stare in giudizio in luogo del fallito, essendo irrilevanti i mutamenti della capacità di stare in giudizio di una delle parti e non essendo ipotizzabili, nel giudizio di cassazione, gli adempimenti di cui all’art. 302 cod. proc. civ., il quale prevede la costituzione in giudizio di coloro ai quali spetta di proseguirlo (cfr. Cass. 10989/95; Cass. 3697/99; Cass. sez. un. 14385/07; Cass. 12967/08; Cass. 22624/11; Cass. 8685/12).
Né l’intervenuta modifica dell’art. 43 legg. fall, per effetto dell’art. 41 del d. lgs. 9 gennaio 2006 n. 5, nella parte in cui recita che l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo, comporta una causa di interruzione del processo in corso in sede di legittimità, posto che in quest’ultimo, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge (Cass. 21153/10; Cass. 14786/11).
2. Con il primo motivo il ricorrente, denunziando vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nonché plurime violazioni di legge (artt. 1325, 1350, 1362, 1370, 2096, 2727, 2729 cod. civ., 1 d. lgs. 152/97), rileva che la dichiarazione di assunzione non integra l’atto scritto richiesto ad substantiam per la validità del patto di prova, ancorché essa risulti sottoscritta dal datore di lavoro e, per ricevuta, dal lavoratore. Tale sottoscrizione infatti non costituisce una manifestazione di volontà negoziale, bensì una mera dichiarazione di scienza, attestante l’avvenuta ricezione di un documento.
Aggiunge che la consegna al lavoratore, ai sensi dell’art. 1 d. lgs. n. 152/97, del contratto di lavoro, costituisce nulla più che un corretto adempimento dell’obbligo ivi imposto.
3. Con il secondo motivo, denunziando, anche qui, vizio di motivazione e plurime violazioni di legge, il ricorrente, nel rilevare che il patto di prova deve altresì indicare le specifiche mansioni costituenti oggetto dell’esperimento, rileva che la Corte di merito ha errato nel ritenere che dette mansioni fossero state specificamente indicate attraverso il riferimento, nella lettera di assunzione, alla qualifica di autista, livello 3°, categoria super, CCNL Trasporti Aziende Artigiane. Ed infatti la qualifica di autista è generica ed il relativo livello professionale comprende anche altri profili professionali, onde non consente di individuare con precisione le mansioni oggetto del patto di prova.
Né possono ritenersi inequivocamente collegate al patto di prova le indicazioni inserite dal datore di lavoro “nella dichiarazione di assunzione in altra parte ed in diversa pagina, nella sezione “qualifica e categorià’, prevista ad altri fini.
Il giudice d’appello non avrebbe poi dovuto ammettere la produzione in appello dell’estratto del CCNL richiamato nella dichiarazione di assunzione, per il divieto di ammissione in tale sede di nuovi documenti. La vigenza di tale contratto, oltretutto, era cessata per effetto della stipula del nuovo contratto collettivo del settore trasporti, il quale, nella parte relativa all’inquadramento dei lavoratori, nella qualifica terzo livello super prevedeva numerosi ulteriori profili, risultando ancor più indeterminate ed incerte le specifiche mansioni oggetto dell’attività lavorativa che il lavoratore avrebbe dovuto svolgere.
4. Con il terzo motivo si denunzia vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché violazione degli artt. 112, 115 cod, proc. civ., 2110 cod. civ., deducendosi che il giudice d’appello ha in ogni caso omesso di considerare che dalla prova testimoniale era emerso che il ricorrente aveva abbandonato il posto di lavoro a causa di un infortunio, ciò che sostanzialmente aveva determinato l’illegittimo recesso datoriale.
Per effetto di tale infortunio il rapporto di lavoro doveva ritenersi sospeso, con l’effetto di prolungare il periodo di prova, all’esito del quale le parti avrebbero poi deciso se proseguire o meno il rapporto.
5. I primi due motivi, che in ragione della loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
La Corte territoriale, premesso che a norma dell’art. 2096, primo comma, cod. civ., l’assunzione del prestatore di lavoro deve risultare da atto scritto e che la mancanza di tale requisito, richiesto ad substantiam, comporta la nullità del patto, ha ritenuto che la dichiarazione di assunzione del lavoratore, sottoscritta per ricevuta dal lavoratore, integri il requisito di forma richiesto dal legislatore.
L’assunto è corretto, essendo palese che detto documento ha carattere negoziale, contenendo la manifestazione di volontà delle parti di concludere il contratto, a nulla rilevando che tale volontà sia stata espressa in un documento redatto ai sensi del d. lgs. n. 152/97, art. 1, il quale, a tutela della parte meno forte del rapporto, impone al datore di lavoro, pena l’applicazione di sanzioni amministrative, di fornire al lavoratore tutte le informazioni inerenti al contratto di lavoro, compresa quella relativa al periodo di prova (lettera e).
Diversa sarebbe stata la conclusione, ove nella lettera di assunzione fosse mancata la sottoscrizione del lavoratore, venendo meno in tale ipotesi uno dei requisiti formali per la validità del patto di prova.
6. Parimenti, non merita censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che la lettera di assunzione contenesse la specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto.
E’ stato infatti affermato da questa Corte che tale specifica indicazione può essere operata anche per relationem alle declaratorie del contratto collettivo che definiscano le mansioni comprese nella qualifica di assunzione e sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico (Cass. 20 maggio 2009 n. 11722; Cass. 9 giugno 2006 n. 13455; Cass. 4 dicembre 2001 n. 15307).
Nella specie la Corte di merito ha correttamente ritenuto che l’indicazione della qualifica (autista), del livello professionale (terzo) e della categoria \super) fossero sufficientemente specifiche ai fini della indicazione delle mansioni costituenti l’oggetto del patto di prova, tenuto conto che il terzo livello super contemplava, tra l’altro, gli operai aventi specifica professionalità e alta specializzazione nella guida di automezzi particolarmente impegnativi, quali i conducenti di autotreni e autoarticolati di portata superiore a quintali 80 e i conducenti di autocarri con portata superiore a 20 quintali muniti di gru, e considerato altresì che il lavoratore non aveva mai contestato di avere svolto, durante il rapporto di lavoro, le mansioni di autista di autotreni o autoarticolati.
D’altra parte, una volta indicati nella lettera di assunzione i suddetti specifici elementi, il riferimento alle mansioni da svolgere durante il patto di prova non poteva che riguardare gli autisti aventi la specifica professionalità sopra indicata, posto che le altre figure professionali indicate nello stesso livello [operai addetti alla riparazione di motori in grado di effettuare il completo smontaggio e rimontaggio di qualsiasi parte di esso, impiegati svolgenti attività di carattere esecutivo, gruisti, motoristi/collaudatori, conducenti di automezzi addetti ai traslochi), si differenziavano nettamente dagli autisti di mezzi particolarmente impegnativi.
7. Infondata è la censura relativa all’inammissibilità della produzione in appello, ad opera dell’odierno ricorrente, del CCNL di settore, risultando dal ricorso qui proposto che la Corte territoriale ha consentito tale produzione “ad integrazione della dichiarazione di assunzione” ritualmente acquisita al processo.
8. Inammissibile, perché nuova, è la questione circa la vigenza, all’epoca dei fatti in questione, del CCNL prodotto in appello dall’odierno ricorrente, trattandosi di questione non affrontata dalla sentenza impugnata, che il ricorrente non deduce di aver proposto in appello, indicandone i relativi termini.
9. Parimenti inammissibile è il terzo motivo del ricorso, concernente l’abbandono del posto di lavoro a causa di un infortunio. Anche qui le questioni con esso dedotte non risultano affrontate dalla sentenza impugnata e il ricorrente non deduce di averle proposte in quella sede.
10. Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato, previa compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio, avuto riguardo all’esito alterno dei giudizi di merito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.