CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 luglio 2013, n. 17682
Cassa Nazionale degli Avvocati – Tributi – Controllo dichiarazione dei redditi ex art. 36-bis, DPR n. 600/73 – Iscrizione a ruolo dopo l’anno successivo alla dichiarazione – Necessità dell’accertamento – Sussiste
Svolgimento del processo
A seguito di liquidazione, ai sensi dell’art. 36 bis d.p.r. n. 600/73, della dichiarazione dei redditi presentata per l’anno di imposta del 1991 dall’Avv. E. R., venivano iscritti a ruolo mediante cartella di pagamento importi ai fini Irpef ed Ilor più interessi e sanzioni. Nell’atto impositivo veniva precisato che l’iscrizione ai fini irpef era scaturita dal recupero a tassazione di contributi previdenziali integrativi versati alla Cassa Nazionale degli Avvocati, dal mancato riconoscimento di ritenute d’acconto ed, ai fini ilor, da tardivo versamento dell’acconto dovuto.
Avverso la cartella il contribuente presentava ricorso rilevando che l’iscrizione a ruolo, non essendo stata effettuata nell’anno successivo alla dichiarazione, non poteva essere effettuata ai sensi dell’art. 36 bis del d.p.r. n.600/73 dovendo far seguito ad un vero e proprio accertamento. Nel merito contestava la pretesa impositiva.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva integralmente il ricorso dichiarando la nullità della cartella esattoriale con sentenza che veniva integralmente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Molise con la pronuncia indicata in epigrafe.
I Giudici territoriali argomentavano la decisione affermando che l’Ufficio avrebbe dovuto procedere nei termini di legge e che il contribuente avrebbe dovuto conoscere i motivi posti a base della richiesta e ciò, in quanto, l’utilizzazione della speciale procedura di cui all’art. 36 bis per l’accertamento delle maggiori imposte non poteva essere ammessa al di fuori delle ipotesi specificamente contemplate da tale disposizione
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, Agenzia delle entrate.
Il contribuente non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo – rubricato “nullità della sentenza ai sensi degli artt. 36 del d.lgs. 546/1992 e 360 n. 4 c.p.c. – la ricorrente deduce la nullità la sentenza impugnata per essersi la C.T.R. limitata ad aderire alla tesi avversaria senza vagliare criticamente le ragioni svolte dall’Amministrazione nell’atto di appello.
Il motivo è inammissibile. L’omessa pronuncia, quale vizio della sentenza, può essere utilmente prospettata esclusivamente in riferimento alla mancanza di qualsiasi decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che gli è stata ritualmente proposta si da dar luogo all’inesistenza di una decisione sul punto per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto.
Nella specie, la Commissione Tributaria Regionale ha, seppur con motivazione sintetica ma sufficiente, pronunciato su quanto alla stessa devoluto.
2. Con il secondo motivo – rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis del d.p.r. n. 600/73 e dell’art. 28 della legge 449/1997 ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c. – si denuncia l’errore in cui sarebbe incorsa la CTR nel ritenere il termine previsto dall’art. 36 bis d.p.r. 600/73 di natura perentoria.
3. Con il terzo motivo – rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.p.r. 600/73 e dell’art. 17 del d.p.r. 602/73 ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.” la ricorrente ribadisce la legittimità del ricorso alla liquidazione ex art. 36 bis c.p.c., in quanto il disconoscimento di ritenute ed oneri deducibili risultanti dalla dichiarazione si risolverebbe, a suo dire, in un controllo formale, ai sensi della norma sopra citata; con l’ulteriore conseguenza che non era necessaria la notifica di un separato atto di accertamento.
4. I motivi sono infondati.
Questa Corte ha più volte espresso il principio, cui si ritiene dare continuità, per cui “qualora la liquidazione delle imposte, ai sensi dell’art. 36 bis del d.p.r. 29.9.1973 n. 600 non si sovrapponga alla dichiarazione del contribuente, ma si risolva in una rettifica dei risultati della dichiarazione stessa che comporti una pretesa ulteriore da parte dell’Amministrazione finanziaria, si è in presenza di un’attività impositiva vera e propria, per definizione rientrante in quella di accertamento, sicché la cartella esattoriale che rechi la pretesa fiscale non solo va notificata nel termine previsto a pena di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento, ma deve essere anche motivata come il suddetto avviso, ossia deve contenere tutte le indicazioni idonee a consentire al contribuente di apprestare un’efficace difesa (Cass. n. 14414/2005; Cass. n. 28056/2009). Occorre, invero, distinguere i casi in cui l’amministrazione abbia esercitato il potere di “controllo formale” relativo alla riscossione nella misura risultante dalla stessa dichiarazione, cui segue effettivamente un’attività di mera liquidazione, dai casi di “rettifica cartolare”, cioè di rettifica dei risultati dalla dichiarazione attraverso la correzione di errori materiali e di calcolo, o la esclusione (o riduzione) di scomputi di ritenute, di detrazioni o deduzioni, di crediti d’imposta, casi nei quali si è in presenza di un’attività impositiva vera e propria, rientrante per definizione in quella di accertamento (Cass. n. 21660/2006).
Nella specie – pacifico (per come risultante dalla sentenza impugnata e dedotto nello stesso ricorso dall’Agenzia delle Entrate) che l’Ufficio aveva rettificato la dichiarazione del contribuente escludendo ritenute d’acconto e recuperando a tassazione contributi previdenziali integrativi – la sentenza impugnata va esente da censure avendo motivato, alla luce dei principi sopra illustrati, la “inutilizzabilità” della procedura di cui al citato art. 36 bis, con conseguente rispetto da parte dell’Amministrazione finanziaria dei termini di decadenza e necessità di motivazione dell’atto. Ne consegue il rigetto del ricorso.
Non vi è pronuncia sulle spese in mancanza di attività difensiva dell’intimato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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