CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 luglio 2013, n. 17722
Previdenza sociale – Contributi previdenziali maturati in svizzera – Norma nazionale di interpretazione autentica- Applicazione retroattiva – Pregiudiziale comunitaria
Svolgimento del processo
D.M.L. convenne in giudizio l’Inps per ottenere il ricalcolo della pensione di anzianità, assumendo che, ai sensi dell’art. 1 dell’Accordo aggiuntivo alla Convenzione tra l’Italia e la Svizzera relativa alla sicurezza sociale del 14 dicembre 1962, concluso a Berna il 4 luglio 1969, ratificato con legge 18 maggio 1973, n. 283, il lavoratore italiano, come era avvenuto nel suo caso, può chiedere il trasferimento all’lnps dei contributi versati in Svizzera in suo favore, al fine di conseguire i vantaggi derivanti dalla legislazione italiana sull’assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti, e tra questi quello della determinazione della pensione con il metodo cosiddetto retributivo, ai sensi dell’art. 5, comma 2, dpr n. 488/1968; conseguentemente, per la determinazione del trattamento previdenziale, doveva farsi riferimento alla retribuzione percepita, a nulla rilevando, contrariamente a quanto ritenuto dall’lnps, che i contributi accreditati in Svizzera e trasferiti in Italia fossero stati calcolati sulla base dell’aliquota prevista dalla legislazione svizzera, molto inferiore a quella prevista dalla legislazione italiana; viceversa l’Inps aveva determinato la retribuzione pensionabile moltiplicando per cento l’importo dei contributi trasferiti e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore in Italia nel periodo a cui i contributi trasferiti si riferivano. Il Giudice adito respinse la domanda.
Con sentenza del 13.5 – 3.6.2011, la Corte d’Appello di Lecce rigettò il gravame proposto dalla pensionata, facendo applicazione del disposto dell’art. 1, comma 777, legge n. 296/06 (legge finanziaria 2007), secondo cui “L’articolo 5, secondo comma, del decreto del Presidente della repubblica 27 aprile 1968, n. 488, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che, in caso di trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge”. Avverso tale sentenza della Corte territoriale, D.M.L. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi e instando per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE. L’Inps ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’ingiustizia manifesta del ridetto art. 1, comma 777, legge n. 296/06 sotto il duplice profilo della violazione del principio di uguaglianza (avendo fatti salvi i trattamenti pensionistici già liquidati alla data della sua entrata in vigore) e della violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo quanto già riconosciuto dalla Corte EDU in altro caso di analogo contenuto.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’inapplicabilità dell’art. 1, comma 777, legge n. 296/06 alla fattispecie che ne occupa, stante l’intervenuta abrogazione, nel giugno 2002, della convenzione italo – svizzera in materia di trasferimenti contributivi.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia il contrasto tra l’art. 1, comma 777, legge n. 296/06 e le disposizioni comunitarie di cui all’art. 51 del Trattato CE (ora art. 42) e dell’art. 23, comma 1, del regolamento comunitario n. 1408/71, deducendone la necessaria disapplicazione.
Formula altresì la ricorrente istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE in relazione al suddetto asserito contrasto.
2. In via di priorità logica va esaminato il secondo motivo.
La domanda, come già indicato nello storico di lite, trova il suo presupposto nell’intervenuta applicazione al caso che ne occupa dell’art. 1 dell’Accordo aggiuntivo alla Convenzione tra l’Italia e la Svizzera relativa alla sicurezza sociale del 14 dicembre 1962, concluso a Berna il 4 luglio 1969, ratificato con legge 18 maggio 1973, n. 283.
Le disposizioni di cui all’art. 1, comma 777, legge n. 296/06 devono quindi essere applicate, retroattivamente, proprio perché di interpretazione autentica, anche alla definizione di quella posizioni soggettive che, come nel caso di specie, si sono originate in forza del suddetto accordo, indipendentemente dalla (successivamente) intervenuta abrogazione della Convenzione italo-svizzera a cui lo stesso accede.
Il motivo all’esame è dunque inaccoglibile.
3. In relazione al primo motivo deve osservarsi che, con sentenza n. 172 del 23 maggio 2008, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 777, legge n. 296/06 sollevata da questa Corte di Cassazione con ordinanza n. 5048/2007 in riferimento agli artt. 3, comma 1, 35, comma 4, e 38, comma 2, della Costituzione, osservando, in particolare, che non “…sussiste violazione del principio di eguaglianza (…), perché la salvezza delle posizioni dei lavoratori, cui già sia stato liquidato il trattamento pensionistico secondo un criterio più favorevole, risponde, questo si, all’esigenza di rispettare il principio dell’affidamento ed i diritti ormai acquisiti di detti lavoratori”.
3.1 Con sentenza n. 46286 del 31.5.2011 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che lo Stato italiano, emanando l’art. 1, comma 777, legge 27 dicembre 2006 n. 296, volto a interpretare la normativa previdenziale nel senso che i contributi versati da cittadini italiani nei periodi di lavoro in Svizzera devono essere computati secondo il metodo contributivo e non retributivo, ha violato l’art. 6 della Convenzione EDU, giacché se, in linea di principio, al legislatore non è vietato emanare norme civili retroattive, tuttavia i principi della preminenza del diritto e dell’equo processo vietano di adottare leggi volte a interferire sull’esito delle cause azionate nei confronti dello Stato (indipendentemente dal fatto che l’orientamento giurisprudenziale nel frattempo formatosi non sia univoco), in mancanza di ragioni imperative di interesse generale, le quali non possono consistere in mere esigenze finanziarie; non sussiste invece violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 in tema di diritto di proprietà, in quanto l’interferenza non è sproporzionata rispetto all’interesse generale perseguito, giacché la riduzione del trattamento pensionistico è compensata dalla minore contribuzione versata durante il periodo lavorato in Svizzera. Questa Corte, con ordinanza del 15 novembre 2011, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 777, legge n. 296/06 in riferimento all’art. 117, comma primo, della Costituzione, in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, nella ridetta sentenza del 31.5.2011; la Corte Costituzionale, con sentenza n. 264 del 28 novembre 2012, ha dichiarato non fondata anche tale questione di legittimità costituzionale.
3.2 Anche il primo motivo di ricorso, nei distinti profili in cui si articola, va quindi disatteso.
4. La parte ricorrente ha chiesto di sottoporre in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE la seguente questione interpretativa: se l’art. 51 del Trattato CEE del 1957 (divenuto art. 51 del Trattato CE, a sua volta divenuto in seguito a modifica art. 42 CE) e l’art. 23 comma 1 del regolamento comunitario n. 1408/71 debbano essere interpretati nel senso che ostino all’applicazione di una norma, quale quella contenuta nell’art. 1 comma 777 della legge dello Stato Italiano n. 296/2006 secondo la quale il calcolo delle prestazioni in danaro si basa oltre che sulla retribuzione media anche sul valore dei contributi versati durante il rapporto di lavoro, in un regime pensionistico retributivo.
4.1 La richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE (come già rilevato da questa Corte in analoghe fattispecie: cfr, ex plurimis, Cass., n. 7832/13) è manifestamente infondata, atteso che:
– in base all’art. 42 Trattato CE, l’ordinamento comunitario ha adottato successivi regolamenti in tema di sicurezza sociale per disciplinare il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali, sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni sia per il calcolo di queste, e il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli Stati membri;
– il regolamento (CEE) n. 1408/71 è stato abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento (CE) n. 883/2004 del 29.4.2004, ma è rimasto in vigore ai fini, tra l’altro, dell’accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, fino alla sua modifica in funzione dello stesso regolamento (CE) n. 883/2004;
– a mente dell’art. 7, comma 2, lett. e), del regolamento (CEE) n. 1408/71, non sono pregiudicate da detto regolamento le disposizioni della convenzioni di sicurezza sociale menzionate nell’allegato III; in detto allegato l’accordo aggiuntivo italo svizzero del 4.7.1969 è però contemplato solo per quanto concerne il pagamento di prestazioni in denaro a persone che risiedono in un Paese terzo, situazione che non risulta ricorrere nella fattispecie all’esame;
– l’art. 23, comma 1, del regolamento (CEE) n. 1408/71, in relazione al quale è stato sollevata la questione interpretativa, concerne le prestazioni di malattia e maternità e non i trattamenti pensionistici (parimenti si riferisce alle prestazioni di malattia, maternità e paternità assimilate l’analoga disposizione di cui all’art. 21, comma 2, del regolamento (CE) n. 883/2004);
– ai fini pensionistici il regolamento (CEE) n. 1408/71, agli artt. 44 e ss (così come il regolamento (CE) n. 883/2004, agli artt. 50 e ss) disciplina un sistema basato sulla totalizzazione dei contributi, attuato mediante il cumulo fittizio, da parte di tutte le istituzioni competenti, dei contributi versati in più Stati membri e alla successiva liquidazione, pro-rata, di una prestazione proporzionale al periodo di assicurazione sotto la legislazione applicata;
– del tutto diversa è invece la disciplina dettata dall’art. 1 dell’accordo aggiuntivo italo svizzero del 4.7.1969 (rientrante fra le convenzioni bilaterali contemplate dall’art. 1, comma 777, legge n. 296/06), che prevede invece l’effettivo trasferimento alle assicurazioni sociali italiane dei contributi versati all’assicurazione vecchiaia e superstiti svizzera;
– la sentenza della Corte di Giustizia CE del 15.1.2002 in causa C-55/00, richiamata dalla parte ricorrente, non ha alcun riferimento alla fattispecie all’esame, poiché: a) sotto il profilo soggettivo riguarda la necessità di prendere in considerazione quanto previsto dalle convenzioni bilaterali tra uno Stato membro ed un paese terzo ai fini dell’acquisizione delle prestazioni di sicurezza sociale a favore di un cittadino di un altro Stato membro; b) sotto il profilo oggettivo si riferisce alla disposizione dell’art. 9 della convenzione italo svizzera del 1962 (non pregiudicata, per espressa contemplazione nell’allegato III, dall’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1408/71), dettata in tema di totalizzazione dei contributi e della quale la parte odierna ricorrente ha ritenuto di non avvalersi, scegliendo la diversa possibilità offerta dall’art. 1 del ridetto accordo aggiuntivo italo svizzero del 4.7.1969;
– l’art. 1, comma 777, legge n. 296/06, per quanto riferentesi alla fattispecie che ne occupa, inerisce quindi ad una disciplina normativa peculiare ai rapporti fra Italia e Svizzera ed estranea all’ambito previsionale della legislazione comunitaria in tema di sicurezza sociale, onde non si pone un problema di interpretazione di quest’ultima.
A fortiori, per le considerazioni che precedono, non ricorrono gli estremi per la richiesta disapplicazione della suddetta norma di interpretazione autentica.
Anche il terzo motivo di ricorso non è perciò fondato.
5. In definitiva il ricorso va rigettato.
Non è luogo a provvedere sulle spese, avendo la parte soccombente prestato dichiarazione reddituale ai fini dell’esonero.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese.
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