Corte di Cassazione sentenza n. 5663 del 10 aprile 2012
LAVORO (RAPPORTO DI) – SANITA’ E SANITARI – PRESTAZIONI PROTESICHE – RIMBORSO DI SPESE MEDICHE – ODONTOIATRIA
massima
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Legittimamente il Servizio sanitario nazionale non riconosce la spesa sostenuta dal paziente per l’applicazione di una protesi dentaria quando non si tratti di soggetto indigente e qualora da tale menomazione non derivi una inabilità al lavoro.
L’intervento del S.s.n. rispetto alle applicazioni di protesi dentarie è disciplinato in termini generali dall’art. 26, comma 2, della L. 833/1978, che, in riferimento alle “prestazioni protesiche”, assicura le stesse nei limiti, forme e modi precisati con il piano sanitario nazionale di cui all’art. 3, comma 2, della stessa legge; in concreto i limiti dell’intervento sono stati definiti – Cass. civ., Sez. lavoro, 24/08/2000, n. 11063 – da un “nomenclatore-tariffario” approvato con D.M. 30 luglio 1991 e rettificato con D.M. 28 dicembre 1992 (decreti emanati a norma dell’art. 5 della L. 407/1990) che assicurava l’intervento del S.s.n. nel caso di protesi necessarie per ovviare a stati di invalidità superiori a un certo livello (un terzo), oppure determinati da particolari cause (lavoro, guerra, servizio), e successivamente dal D.M. 22 luglio 1996, per alcuni aspetti più favorevole.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 13 novembre 2002 M.B. e S.L, quali genitori esercenti la patria potestà sulla figlia minore adivano il Tribunale di Lecce, quale giudice del lavoro, per ottenere il rimborso della somma di € 19.262,28, oltre interessi legali, dagli stessi sostenuta per avere sottoposto la figlia a prestazioni specialistiche richiedenti apparecchiature ortodontiche e ortopediche necessarie per la cura della patologia di cui la stessa era affetta (disarmonia delle basi scheletriche mascellari associata a macromandibolia con grave pregiudizio masticatorio e funzionale), che l’Azienda USL (…) di Maglie non era stata in grado di assicurare presso proprie strutture o centri con essa convenzionati.
Con memoria difensiva l’ASL (…) di Maglie eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice adito e, nel merito, contestava le avverse deduzioni, non essendo erogabili le prestazioni proteiche odontoiatriche ai sensi della vigente normativa.
Con sentenza emessa in data 23 giugno 2005 il Tribunale di Lecce dichiarava la propria giurisdizione e rigettava la domanda, rilevando che, come accertato dal CTU, nell’ambito del distretto socio sanitario dell’ASL era esistente in Casarano un laboratorio di odontoiatria ove si sarebbero potute effettuare le prestazioni di ortodonzia.
Con sentenza dell’11 dicembre 2007-8 gennaio 2008, la Corte d’appello di Lecce – investita dall’impugnazione, da parte dei soccombenti ricorrenti -, rilevato che vi era in atti prova documentale che gli appellanti si rivolsero inizialmente proprio all’ambulatorio di Castrano, ricevendo comunicazione che la struttura non era in grado di assicurare il tipo d’intervento richiesto, rigettavano ciò nonostante il gravame, non risultando incluse le prestazioni protesiche odontoiatriche nel nomenclatore delle protesi, approvato con decreto del 28 dicembre 1992 del Ministro della Sanità, al quale l’art. 8 sexies comma 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, come modificato dal D.Lgs. 19 giugno 1999 n. 229, aveva rimesso il compito di disciplinare con proprio decreto le “modalità di erogazione e di remunerazione dell’assistenza protesica”.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorrono M.B. S.M. e M.L. con tre motivi.
L’ASL (…) di Lecce non si è costituita.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo d’impugnazione i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.), lamentano che la Corte di Lecce abbia deciso in violazione della richiamata normativa ritenendo legittimo il diniego della ASL al rimborso delle spese sanitarie da loro sostenute, perché “l’affezione più grave per l’apparato odontostomatologico (eduntulia totale) riduce la capacità del lavoro di un soggetto in misura non superiore al 20% secondo la tabella ministeriale valutativa del 5.2.1992?, senza che tale eccezione fosse stata mai sollevata dall’ Azienda sanitaria.
Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 26, comma 2, legge n. 833/1978, 4 del D.M. 28.12.1992, 2 del D.M. 28.8.1999 n. 332 nonché del D.M. 31.5.2001 n. 321 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., lamentano che la Corte d appello abbia disconosciuto il diritto della minore,affetta da malattia che le causava un’invalidità permanente, alla assistenza del Servizio Sanitario Nazionale per gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazzione dell’invalidità permanente riscontrata.
Con il terzo motivo, infine, i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 26 comma 2 legge n. 833/1978, 4 del D.M. 28.12.1992, 2 D.M. 27.8.1999 n. 332, nonché del D.M. 31.5.2001 n. 321 in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., lamentano la illegittimità della decisione del Giudice d’appello, per avere accomunato i casi in cui ci si rivolge al Servizio Sanitario Nazionale per prestazioni necessarie alla salvaguardia della salute ai casi in cui si debba invece valutare il grado di invalidità del cittadino, che gli rivolga domande risarcitorie di danni al corpo ovvero domande di riconoscimento del diritto a trattamento pensionistico.
In particolare, i ricorrenti deducono la contraddittorietà della motivazione della Corte Salentina laddove ha escluso, per la decisione del presente giudizio, il vantato diritto al rimborso, esaminando la loro domanda alla stregua di quella del danneggiato in giudizio di risarcimento del danno o dell’inabile al lavoro in quello di riconoscimento del diritto a trattamento pensionistico per invalidità.
Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, è infondato, non inficiando la correttezza dell’ iter argomentativo svolto dal Giudice a quo nel pervenire alla sua decisione.
In proposito, occorre preliminarmente osservare che le prestazioni protesiche rientrano, ai sensi dell’art. 26 della legge n. 833/1978, tra le prestazioni di riabilitazione, in quanto dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche. Tali prestazioni rappresentano una forma di assistenza obbligatoria, che, a norma dell’art. 14 comma 3 lett. m) della legge n. 833/1978, deve essere assicurata dall’unità sanitaria locale per un’effettiva tutela del diritto alla salute garantito dall’art. 32 della Costituzione. L’obbligatorietà di tale assistenza è, peraltro comprovata dall’ obbligatorietà dell’assicurazione contro le malattie, disposta e prevista dall’art. 63 della legge n. 833/1978. Nel settore della riabilitazione le prestazioni proteiche sono garantite, ai sensi dell’art. 26 comma 2 della legge n. 833/1978 nei limiti e nelle forme stabilite con le modalità di cui al secondo comma dell’art. 3. Detta norma rinvia ad un Piano Sanitario Nazionale che, nel fissare le condizioni di erogazione delle prestazioni deve garantire a tutti i cittadini un livello qualitativo minimo che possa effettivamente favorire un recupero funzionale e sociale del soggetto affetto da minorazione fisica. Come osservato dalla Corte di merito, il Piano Sanitario Nazionale ha sempre riconosciuto l’assistenza protesica attraverso la fornitura delle protesi e degli ausili tecnici inclusi nel nomenclatore delle protesi, con i limiti e con le modalità previsti dalla normativa vigente. A detto nomenclatore infatti, da approvarsi con decreto del Ministro della Sanità, rinvia l’art. 26 comma 3 della legge n. 833/1978 per l’individuazione delle prestazioni protesiche.
Da tale normativa emerge che l’assistenza protesica e i presidi protesici, per essere assicurati dal Servizio sanitario pubblico, devono essere previsti dal nomenclatore approvato con decreto del Ministro della Sanità.
Va, tuttavia, puntualizzato che l’assistenza protesica ha trovato inizialmente la sua disciplina organica nel decreto del Ministro della Sanità del 28 dicembre 1992 – emanato ai sensi dell’art. 5 L. n. 407/90 – recante “Approvazione del nomenclatore tariffario delle protesi dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali”. L’art. 8 sexies comma 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, come modificato dal D.Lgs. 19 giugno 1999 n. 229, ha rimesso al Ministro le modalità di disciplinare con proprio decreto le “modalità di erogazione e di remunerazione dell’ assistenza protesica”. Con decreto del Ministro della sanità n. 322 del 27 agosto 1999 è stato adottato il “Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale”. Orbene – come osservato nella impugnata decisione – è fatto oggettivo che le protesi odontoiatricbe non risultano in alcun nomenclatore. Siffatta esclusione trova il suo fondamento nella norma generale fissata dall’art. 4 del D.M. 28 dicembre 1992, recepito dall’art. 2 del D.M. n. 332 del 27 agosto 1999 e dal D.M. n. 321 del 31 maggio 2001, secondo cui i presidi (protesi e ausili tecnici) diretti al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali, dipendenti da qualunque causa, vengono erogati esclusivamente agli invalidi civili del lavoro, di guerra, per servizio, ai privi della vista, ai sordomuti indicati rispettivamente dagli articoli 6 e 7 della legge 2 aprile 1968 n. 482, nonché ai minori di anni 18 che necessitano di intervento di prevenzione, cura e riabilitazione di una invalidità permanente.
Detta norma generale è stata, in altri giudizi, ritenuta illegittima, per violazione del combinato disposto degli articoli 3 e 26 della legge n. 833/1978 sul presupposto, giustificato dall’espressione usata in rubrica (“aventi diritto”), che il diritto alle prestazioni protesiche fosse stato riconosciuto soltanto ad alcuni soggetti, già riconosciuti invalidi civili, del lavoro, etc., e non a tutti i cittadini.
In verità, la norma generale citata ha fissato un limite oggettivo per le prestazioni protesiche, garantendole indistintamente a tutti i cittadini, qualora la prestazione protesica valga alla cura e riabilitazione di una minorazione psico-fisica di particolare importanza, che da sola comporti una riduzione permanente della capacità lavorativa in misura superiore a quella prevista dagli artt. 6 e 7 della legge n. 482/1968 per il riconoscimento dello status di invalido civile o che, per i minori, valga a prevenire o curare un invalidità permanente comunque grave.
Ciò è in linea con la normativa vigente, che non riconosce ai cittadini le prestazioni protesiche per qualsiasi minorazione psico-fisica, ma limita, per esigenze di bilancio pubblico, l’assistenza protesica alle sole minorazioni gravi, salvaguardando i soggetti che presumibilmente possano avere necessità di essere recuperati da un punto di vista socio-economico.
Le suesposte considerazioni spiegano, peraltro, il fatto della mancata inclusione delle prestazioni proteiche odontoiatriche nel nomenclatore delle protesi; invero, l’affezione più grave per l’apparato odontostomatologico (edentulia totale) riduce la capacità di lavoro di un soggetto in misura non superiore al 20% secondo la tabella ministeriale valutativa del 5 febbraio 1992, prevista per la determinazione delle percentuali d’invalidità permanente ai fini della concessione delle prestazioni d’invalidità civile; argomento, questo, svolto dalla Corte territoriale solo in senso esplicativo e giustificativo della mancata inclusione delle prestazioni protesiche in parola nel nomenclatore delle protesi, senza, per ciò stesso incorrere nel denunciato vizio di ultrapetizione.
Deve, quindi, ritenersi garantita l’uniformità dell’assistenza protesica, i cui limiti nell’erogazione trovano ragionevole giustificazione nelle disponibilità finanziarie pubbliche, predefinite per il settore sanitario pubblico: il diritto alla salute, quale affermato dall’art. 32 della Cost., non può essere inteso in senso assoluto, ma deve potersi conciliare con le esigenze del bilancio pubblico (vedasi Corte Cost. n. 416 del 28.7.1995).
Correttamente, pertanto, il Giudice d’appello – con il conforto di precedenti specifici di questa Corte (Cass. n. 13959/2003, Cass. n. 7456/2002; Cass. n. 2317/2002, Cass. 11063/2000) – ha ritenuto che agli appellanti non competesse il rimborso del costo sostenuto per l’intervento ortodontico, perché le prestazioni protesiche odontoiatriche non rientravano nei limiti fissati dai decreti del Ministro della salute.
Per quanto precede il ricorso va rigettato risultando la contestata decisione priva dei denunciati vizi di motivazione e violazioni di legge.
Nulla per le spese del presente giudizio, non avendo l’intimata ASL svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
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