Corte di Cassazione sentenza n. 6607 del 15 marzo 2013 

IVA – OPERAZIONI – PRESTAZIONI DI SERVIZI – INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA – PRESENZA DI UN INTERMEDIARIO AUTORIZZATO E DI UN CLIENTE RETAIL – NECESSITA’ – REQUISITO DELL’IMPARZIALITA’ DELL’INTERMEDIARIO – NON NECESSITA – MEDIAZIONE NELLA COMPRAVENDITA DI TITOLI – LA TERZIETA’ DEL MEDIATORE QUALE PRESUPPOSTO NECESSARIO ALL’APPLICAZIONE DEL REGIME DI ESENZIONE

massima

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L”intermediazione finanziaria si verifica quando nell’operazione interviene un soggetto autorizzato ex art. 1 D.Lgs 24 febbraio 1998, n.58 (TUIF), il quale può non avere il requisito di terzietà rispetto all’operazione intermediata.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 13/17/07 depositata in data 23.4.2007 la Commissione Tributaria Regionale della Toscana – respinto l’appello proposto dalla territoriale Agenzia delle Entrate – confermava in toto la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze n. 63/09/05 che aveva. annullato l’avviso di accertamento n. R5J030200935 IVA 1999 notificato alla contribuente F. S.p.A. in data 23.10.2004 e col quale avviso venivano assoggettati a IVA $ 16.800.000 e oltreché comminata sanzione.

Nella sostanza dall’Agenzia delle Entrate veniva considerato che la somma di $ 16.800.000 che R. S.A. aveva pagata alla contribuente F. S.p.A. fosse stata corrisposta non a titolo di compenso per una attività di mediazione svolta in un affare avente ad oggetto compravendita di partecipazioni sociali e bensì a titolo di corrispettivo di “prestazioni dipendenti da obbligazioni di fare, non fare e di permettere dì cui all’art. 3 D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e pertanto assoggettabili a IVA”. In discussione era appunto un complesso affare svoltosi in più fasi per cui – almeno per l’essenziale – in data 7.5.1998 F. S.p.A. “in proprio e per conto di società che potranno sostituirla” si offriva di acquistare entro il 28.2.1999 azioni di società del gruppo VCA e mentre in data 22.1.1999 raggiungeva un parallelo accordo con R. S.A. col quale questa ultima si obbligava a “non interferire in alcun modo nell’acquisto” e laddove invece F. S.p.A. si obbligava a non cedere le azioni eventualmente acquistate a terzi diversi da R. S.A. Successivamente in data 9.2.1999 interveniva tra F. S.p.A. e R. S.A. un ulteriore accordo per cui -in caso di mancato acquisto delle azioni di Società del gruppo VCA entro il 30.4.1999 – la ridetta R. S.A. avrebbe “direttamente” provato a comperare i titoli e ove avesse acquisito il controllo del gruppo VCA entro mesi ventiquattro decorrenti dal 1.5.1999 avrebbe dovuto corrispondere a F. S.p.A. $ 16.800.000.

Ciò che in effetti accadde ed avendo il gruppo VCA acconsentito che R. S.A. acquistasse le azioni in luogo di F. S.p.A.

In particolare la CTR reputava, innanzitutto, che l’attività di F. S.p.A. fosse “riconducibile ad una attività di intermediazione seppur particolare” in quanto “la commissione a favore di F., prevista nell’accordo intercorso con R., spettava solo nel caso in cui l’affare fosse stato concluso, come avviene per qualsiasi opera di intermediazione” ed inoltre perché colla presentazione di R. S.A. al gruppo VCA da parte di F. S.p.A. “era stato posto in essere un ulteriore elemento essenziale e caratterizzante dell’attività di intermediazione che è quello di mettere in contatto le parti”. E “da ciò” la CTR faceva anche conseguire il venir meno “del requisito della territorialità, essendo la prestazione utilizzata da una società svizzera”.

Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione affidato a numero quattro motivi.

Resisteva con controricorso la contribuente F. S.p.A. che, a sua volta, proponeva ricorso incidentale condizionato.

Contro il ricorso incidentale condizionato, l’Agenzia delle Entrate non presentava difese.

La contribuente F. S.p.A. si avvaleva della facoltà di depositare memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I. Ex art. 335 c.p.c. il ricorso principale e quello incidentale debbono riunirsi.

II. Col primo motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate censurava la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 1754 c.c. e per carenza e contraddittorietà della motivazione ed a riguardo deduceva come la motivazione fosse “in realtà apparente” e dappoiché mancava “dell’assunzione da parte di F. di un ruolo imparziale e neutrale tra R. e il gruppo VCA” e cosicché era da “escludere che il servizio reso da F. potesse considerarsi come attività di mediazione” o anche “intermediazione” ed in proposito venivano soprattutto sottolineati gli “accordi di collaborazione con R.” nonché “l’interesse proprio di F. S.p.A. alla conclusione della transazione”.

Col secondo motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate censurava la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 7 D.P.R. n. 633 del 1972 in relazione agli artt. 3 e 10 stesso D.P.R. e per carenza e contraddittorietà della motivazione ed a riguardo deduceva che esattamente l’Amministrazione aveva ricondotto la prestazione della F. S.p.A. a quelle ex art. 3 D.P.R. n. 633 del 1972 di “fare, non fare e permettere” e colla conseguenza che “per verificare la territorialità della prestazione doveva farsi riferimento al comma 3 del cit. art. 7 (criterio del luogo di residenza del prestatore)” ed “anziché all’art. 7, comma 4, lett. d) f) (criterio del luogo di residenza del committente”) siccome sostenuto dalla contribuente F. S.p.A.

I motivi sono entrambi inammissibili perché trasgredendo all’art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis – la illustrazione delle denunciate violazioni delle norme di legge non sì concludono con la formulazione del prescritto quesito di diritto. I motivi son poi ulteriormente inammissibili perché coi dedotti vizi di motivazione si censurano all’evidenza non fatti decisivi della controversia – peraltro non indicati ancora con trasgressione dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis – e bensì si censura la interpretazione e falsa applicazione di norme in thesi considerate erronee e che pertanto sarebbero soltanto denunciabili à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (Cass. sez. un. n. 28054 del 2008; Cass. n. 5595 del 2003) .

III. Col terzo motivo di ricorso – ma dall’Agenzia delle Entrate indicato sub 2) “in via subordinata” – la sentenza veniva censurata à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 10, comma 1, n. 9 D.P.R. n. 633 del 1972 e 1754 c.c. Ed, a riguardo, l’Agenzia delle Entrate deduceva che erroneamente la CTR aveva qualificata la prestazione di F. S.p.A. come di intermediazione in assenza dell’essenziale elemento costitutivo della fattispecie rappresentato dalla imparzialità e neutralità del mediatore. E che erano in contrario irrilevanti le circostanze, considerate invece fondamentali dalla CTR, per cui il corrispettivo pattuito di $ 16.800,000 doveva esser pagato da R. solo in caso “l’affare fosse stato concluso” e che F. S.p.A. aveva “messo in contatto” R. ed il gruppo VCA. All’esito dell’illustrazione del motivo/ veniva formulato il quesito: “se a norma degli artt. 10, comma 1, n. 9, D.P.R. 633/72 e 1754 c.C. debba ritenersi illegittima una sentenza che arrivi a configurare l’esistenza di un contratto di mediazione in un caso come quello in esame di cui: a) l’asserito mediatore aveva in realtà un interesse diretto nell’affare al punto che la stessa società partecipava al 25% del capitale VCA I.H. BV, cioè della società che acquisì il controllo del gruppo VCA; b) l’asserito mediatore non si è limitato a mettere in contatto i due futuri contraenti, bensì ha trattato in proprio l’acquisto consentendo al contraente finale di sostituirlo (come egli stesso afferma) “nello stadio già avanzato raggiunto dall’intenso lavoro di negoziazione fino ad allora svolto da F. S.P.A.”.

Il motivo è fondato. Ma con l’avvertenza – per quanto si dirà – che a questa Corte deve ritenersi consentito dì utilizzare ragioni giuridiche differenti da quelle indicate dal ricorrente. E, ciò, in corrispondenza colla norma contenuta all’art. 384, comma 4, c.p.c. che impone la correzione in diritto di pronunce esatte (Cass. n. 1580 del 2010).

Deve in effetti essere evidenziato come l’intermediazione di cui all’art. 7, comma 4, lett. f), D.P.R. n. 633 del 1972, questo applicabile ratione temporis, non possa che essere quel negozio tipico connotato dalla partecipazione necessaria di un soggetto autorizzato ex art. 1 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 TUIF e di un cliente retail. Soggetto autorizzato all’intermediazione mobiliare pel quale non è prescritta la imparzialità, tant’è che p. es. può vendere titoli in cosiddetta “contropartita diretta” ai sensi dell’art. 1, comma 5, lett. a) TUIF. Difatti il legislatore non ha voluto, per intuibili motivi di sviluppo del mercato mobiliare, gravare di IVA la clientela retail. Deve perciò andare escluso che la “intermediazione” di cui all’art. 7, comma 4, lett. f), D.P.R. n. 633 del 1972 sia qualche cosa di indefinito, in cui possa entrare ogni più lata interposizione e come quella pervenuta all’esame.

Ciò non toglie che – nei limiti in cui sia consentita dall’ordinamento e cioè fuori della disciplina di settore ex D.Lgs. n. 58/98 – anche la mediazione nella compravendita di titoli viene esentata da imposta ex art. 7, comma 4, lett. f), D.P.R. n. 633 del 1972 applicabile ratione temporis. ora ex art. 10, comma 1, n. 4 e 9, D.P.R. n. 633 del 1972. Cosicché occorre accertare se sussista o no quello specifico elemento costitutivo della fattispecie di esenzione d’imposta in parola rappresentato, appunto, da una attività di mediazione nella compravendita di titoli. Ciò che qui deve esser escluso perché l’intesa contrattuale tra F. e R. S.A. è consistita, in realtà, in un incarico remunerato a continuare trattative e a cederle. E’ quindi mancata la imparzialità, soltanto inerente alla messa in relazione di parti a mezzo la attività di un estraneo all’affare e cioè appunto il mediatore (Cass. n. 16382 del 2009; Cass. n. 7251 del 2005). In effetti F. S.p.A. era qui addirittura parte originaria dell’affare, poi sostituita da R. S.A. per accordo remunerato e col consenso negoziale di VCA. Una imparziale attività di mediazione, quindi, mai è stata posta in essere. L’operazione non è pertanto tra quelle esenti ex art. 7, comma 4, lett. f), D.P.R. n. 633 del 1972 applicabile ratione temporis, ora ex art. 10, comma 1, n. 4 e 9, stesso d.p.r. E correttamente è stata perciò ritenuta tra quelle di fare, non fare e permettere assoggettabili a IVA ex art. 3 D.P.R. n. 633 del 1972 in quanto rese da una Società con sede legale in Italia.

I principi di diritto da enunciarsi ex art. 384, comma 1, c.p.c. sono i seguenti: 1. “L’intermediazione di cui all’art. 7, comma 4, lett. f), D.P.R. n. 633/72, questo applicabile ratione temporis, ora ex art. 10, comma 1, n. 4 e 9, D.P.R. n. 633/72, non può che essere quel negozio tipico connotato dalla partecipazione necessaria di un soggetto autorizzato ex art. 1 D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 TUIF e di un cliente retail”;

2. “Non può ravvisarsi una attività di mediazione di compravendita di azioni, per difetto dell’elemento essenziale della fattispecie costituito dall’imparzialità, in un affare in cui l’originaria parte interessata all’acquisto sia stata sostituita da altra per accordo remunerato e col consenso negoziale del venditore”.

IV. Col quarto motivo di ricorso – ma dalla Agenzia delle Entrate indicato sub 3) – la sentenza è stata censurata à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art.7, comma 3 e 4 lett. d) D.P.R. n. 633 del 1972 ed a riguardo si è dedotto (nel caso che l’operazione fosse stata ritenuta una mediazione finanziaria) che la CTR aveva errato nell’affermare che l’operazione mancasse del requisito della territorialità “essendo la prestazione utilizzata da società svizzera” e sempre per la ragione che trattavasi di una “obbligazione di fare, non fare e di permettere” ex art. 3, comma 1, d.p.r. n. 633 del 1972 e da considerarsi perciò ex art. 7, comma 3, stesso d.p.r. effettuata nel territorio italiano essendo stata resa da F. S.p.A. avente sede legale in Italia. Veniva quindi formulato il quesito: “se a norma dell’art. 7, comma 3 e 4 lett. d), D.P.R. n. 633 del 1972 debba ritenersi illegittima una sentenza che arrivi a configurare l’esistenza di una operazione tra “le operazioni bancarie, finanziarie e assicurative” in un caso come quello in esame in cui: a) l’asserito mediatore aveva in realtà un interesse diretto nell’affare, al punto che la stessa Società partecipava al 25% del capitale VCA I.H. BV, cioè della società che acquisì il controllo del gruppo VCA; b) l’asserito mediatore non si è limitato a mettere in contatto i due futuri contraenti, bensì ha trattato il proprio acquisto consentendo al contraente finale di subentrare (come egli stesso afferma) “nello stadio già avanzato raggiunto dall’intenso lavoro di negoziazione fino ad allora svolto da F. S.p.A.

Il motivo – proprio perché si è esclusa la mediazione – rimane assorbito.

V. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, la contribuente F. S.p.A. ha censurato la sentenza à sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa interpretazione dell’art. 7, comma 4, lett. d) D.P.R. n. 633 del 1972 pel caso in cui questa adita Corte non avesse ritenuto “ravvisabili due autonome e concorrenti rationes decidendi”. Ed a riguardo la contribuente F. S.p.A. deduceva come l’operazione – anche a prescindere dalla qualificazione di mediazione o intermediazione o obbligazione di fare, non fare o permettere – era comunque da ricomprendersi tra le fattispecie di cui all’art. 7, comma 4, lett. d} D.P.R. n. 633 del 1972 “stante la latitudine di questa norma”. Sulla scorta di tali argomentazioni veniva quindi formulato il quesito: “se a norma dell’art. 7, comma 4, lett. d) D.P.R. n. 633 del 1972 debbano tenersi fuori campo applicazione IVA, in quanto difettano del requisito della territorialità, quelle prestazioni, anche non giuridicamente qualificabili come prestazioni di mediazione o di intermediazione, bensì di prestazioni discendenti da obblighi di fare, non fare o permettere, in un caso come quello in esame in cui : a) è pacifico in causa che tali prestazioni sono state effettuate a favore di un soggetto residente extra UE; b) è pacifico in causa che tali prestazioni sono state utilizzate fuori dei confini nazionali e più precisamente in Svizzera”.

Il motivo è infondato.

In effetti, come sopra concluso, trattasi non di operazione finanziaria ma dì un sinallagma contrattuale avente ad oggetto un fare, non fare o permettere che non presenta affatto caratteri “intrinsecamente” finanziari. E bensì trattasi di un negozio ausiliario e strumentale ad una, questa si, vera e propria operazione finanziaria di acquisto di azioni.

VI. Non è necessario accertare altri fatti, cosicché la causa può decidersi nel merito respingendo il ricorso del contribuente.

VII. Nelle complessità e novità delle questioni, debbono esser fatti consistere i giusti motivi che inducono questa Corte a compensare le spese di ogni fase e grado.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, dichiara inammissibili il primo e secondo motivo del ricorso principale, accoglie il terzo e dichiara assorbito il quarto, respinge il ricorso incidentale condizionato e, decidendo nel merito, respinge il ricorso della contribuente F. S.p.A. avverso l’avviso di accertamento n. R5J030200935 IVA 1999, con spese inter partes interamente compensate per ogni fase e grado.