Corte di Cassazione sentenza n. 9070 del 15 aprile 2013
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – CONTRATTO COLLETTIVO – INTERPRETAZIONE – SINDACATO IN SEDE DI LEGITTIMITA’ – ESCLUSIONE – LIMITI – FATTISPECIE RIGUARDANTE L’ART. 5 DEL CCNL 8 GIUGNO 1999 APPLICABILE AI LAVORATORI ADDETTI ALL’INDUSTRIA METALMECCANICA PRIVATA ED ALL’ISTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI
massima
______________
L’interpretazione di una norma di un contratto collettivo di diritto comune è operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, come tale riservato al giudice di merito e pertanto incensurabile in cassazione se non per vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica o ad una motivazione carente o contraddittoria.
_____________
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Milano, D.P.M., DI.P.V., M.A., PO.R. e V.A., convenivano in giudizio la S.p.A., S., poi incorporata per fusione dalla E.I. s.r.l., e, premesso che non avevano usufruito di mezzora continuativa di pausa retribuita per il pranzo, chiedevano accertarsi tale diritto ai sensi dell’art. 5 CCNL Metalmeccanici del 1999 e la condanna della società convenuta al pagamento dei relativi importi, con il computo degli stessi negli istituti contrattuali indiretti.
Il Tribunale adito rigettava il ricorso, ma tale decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Milano con sentenza del 26 ottobre 2006, che accoglieva la domanda.
Osservava la Corte di merito che l’attività svolta dai lavoratori, addetti agli impianti di riscaldamento che la società S. gestiva per il Policlinico di Milano, pur non richiedendo una ininterrotta presenza nella sala macchine, esigeva tuttavia un continuo controllo degli impianti, con eventuale immediato intervento, situazione questa che non consentiva loro di programmare, nell’ambito della giornata, una pausa ad orario fisso e continuativo, da dedicare esclusivamente alla pausa pranzo di mezzora.
La domanda doveva dunque essere accolta, con esclusione però delle chieste incidenze sugli istituti indiretti, trattandosi di una prestazione di tipo indennitario e non retributivo.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la s.r.l. E.I., sulla base di due motivi. I lavoratori D.P.M., DI.P.V. e V.A. hanno resistito con controricorso, depositando successivamente memoria ex art. 378 c.p.c.
M.A. e PO.R. sono rimasti intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, cui fa seguito il relativo quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., allora in vigore, la ricorrente, denunziando violazione dell’art. 5, comma 8, CCNL 8 giugno 1999 per i lavoratori addetti all’industria metalmeccanica privata e all’installazione impianti, deduce che una corretta interpretazione di tale clausola porta a ritenere che il beneficio della mezzora di pausa retribuita spetti solo quando, richiedendosi ai lavoratori per la particolarità del lavoro una prestazione necessariamente continuativa, sia loro impedito di effettuare, nell’arco del turno di lavoro, una o più pause per la consumazione del pasto. Diversamente, in tutti i casi in cui ai lavoratori sia di fatto possibile fruire di pause, una o più, in misura complessivamente non inferiore ai trenta minuti nell’arco del turno di lavoro, il beneficio non dovrà essere accordato, a nulla rilevando che il singolo lavoratore consumi il pasto o, pur potendolo fare, se ne astenga.
Aggiunge la società che la norma contrattuale non richiede affatto che la pausa per il pasto debba o possa essere programmata in anticipo né che debba essere una sola e continuativa per mezzora e senza interruzione. Prevede invece che debba trattarsi di pause retribuite complessivamente non inferiori a trenta minuti che consentano il consumo dei pasti.
Rileva che la Corte di merito ha del tutto omesso di interpretare la clausola in questione nonché di accertare se i lavoratori, in ragione della particolare tipologia del lavoro, potessero o meno godere nell’arco del turno lavorativo di otto ore, di una o più pause, per un tempo complessivamente superiore alla mezzora da dedicare alla consumazione del pasto.
2. Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, deduce che la Corte territoriale ha erroneamente desunto dalle dichiarazioni rese dai testi – il cui contenuto trascrive – che i lavoratori “non riescono normalmente a fermarsi continuativamente per mezzora senza alcuna interruzione”.
In realtà dalla prova testimoniale è emerso il contrario, e cioè che i lavoratori svolgevano un compito prevalentemente di “attesa” agli impianti; che essi normalmente stazionavano non nei locali in cui si trovavano le caldaie, ma in quelli vicini, muniti di televisore, attrezzati per il riposo, la conservazione, la preparazione dei cibi e la consumazione dei pasti; che, in ragione della peculiarità del lavoro, godevano di pause lavorative ben più lunghe di mezzora nell’arco delle otto ore del turno lavorativo.
3. Il ricorso, i cui motivi vanno esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione, è fondato.
La Corte territoriale ha del tutto omesso di interpretare la clausola contrattuale in questione (art. 5 CCNL 8 giugno 1999 per i lavoratori addetti all’industria metalmeccanica privata e all’installazione di impianti), la quale prevede che “tutti i lavoratori addetti a turni avvicendati beneficiano di mezzora retribuita per la refezione nelle ore di presenza in azienda”.
Ha ritenuto che l’attività svolta dai lavoratori, anche se non richiedeva una ininterrotta presenza nella sala macchine, esigeva un continuo controllo sugli impianti di riscaldamento e nel locale attiguo dove erano collocati “i quadri e le spie”, al fine di un eventuale pronto intervento.
Ha aggiunto che i lavoratori potevano godere di momenti per la consumazione del pasto o lettura di giornali e simili, ma poiché, secondo quanto era emerso dalla prova testimoniale, essi non riuscivano “normalmente a fermarsi continuativamente per mezzora senza alcuna interruzione”, doveva essere accolta la loro pretesa, tenuto conto della situazione di non programmabilità della pausa e del “relativo disagio di non potere contare su di una pausa ad orario fisso e continuativo”.
La ricorrente ha criticato tale motivazione, rilevando, da un lato, che la norma collettiva non prevede che la pausa per il pasto debba o possa essere programmata in anticipo né che debba essere una sola e continuativa; dall’altro che la sentenza impugnata, nell’affermare che “normalmente” i lavoratori non usufruivano di una pausa continuativa di trenta minuti, non solo ha fatto generico riferimento alle risultanze della prova testimoniale, motivando così in maniera del tutto insufficiente sul punto, ma non ha tenuto conto che da tali deposizioni risulta il contrario, come è possibile evincere dal contenuto delle dichiarazioni.
In effetti, la motivazione della sentenza impugnata è inficiata da tali lacune. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, la Corte di merito non ha fatto ricorso ad alcun criterio interpretativo ai sensi degli artt. 1362 e segg. c.c. (criterio letterario, criterio interpretativo, criterio interpretativo-integrativo), elementi questi che, secondo quanto affermato da questa Corte (cfr., per tutte, Cass. n. 9553/06; Cass. n. 15339/08), devono orientare l’operazione ermeneutica al fine di accertare l’effettiva volontà delle parti.
Deve al riguardo ricordarsi che è principio consolidato che l’interpretazione di una norma di un contratto collettivo di diritto comune è operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, come tale riservato al giudice di merito e pertanto incensurabile in cassazione se non per vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica o ad una motivazione carente o contraddittoria (cfr., ex plurimis, Cass. n. 4851/09; Cass. n. 3187/09; Cass. n. 15339/o8).
Quanto alla seconda censura, dalle dichiarazioni testimoniali trascritte in ricorso, non risulta che i lavoratori non potessero fruire, in ragione della tipologia del lavoro espletato, di pause di lavoro tali da consentire loro di consumare la refezione. Anzi, in qualche caso risulta il contrario.
La stessa sentenza dà atto che i lavoratori potevano “complessivamente godere di momenti per la consumazione del pasto o lettura di giornali e simili, normalmente non continuativi e non programmabili nel tempo”, dando però rilievo a tali ultime circostanze per affermare la fondatezza delle pretese dei ricorrenti.
Anche qui la motivazione della sentenza appare incongrua e/o insufficiente, avendo la Corte di merito omesso ogni valutazione sul contenuto delle dichiarazioni rese dai testi e di dare compiutamente conto delle ragioni del proprio convincimento, facendo esclusivo riferimento alle “complessive risultanze della prova testimoniale”, elemento questo del tutto generico ed inidoneo a sorreggere la motivazione.
Consegue da tutto quanto precede che la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale dovrà interpretare la clausola in esame secondo i criteri ermeneutici sopra indicati, accertando le effettive modalità della prestazione lavorativa in relazione alle pause per la refezione.
Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 novembre 2021, n. 37291 - La norma prevista dall'art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva 77/187 (ndr., coincidente con l'art. 3 n. 3 direttiva 2001/23) non può privare di contenuti il primo comma del medesimo…
- TRIBUNALE DI COSENZA - Sentenza 14 settembre 2022 - Il principio dettato dall’art. 2070 cc, secondo cui l’appartenenza alla categoria professionale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo si determina secondo l’attività effettivamente…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 2668 depositata il 29 gennaio 2024 - Il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione…
- Determinazione della riduzione forfetaria del cambio da applicare ai redditi, diversi da quelli di impresa, delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del Comune di Campione d’Italia, nonché ai redditi di lavoro autonomo di professionisti e…
- AGENZIA DELLE ENTRATE - Provvedimento 15 febbraio 2021, n. 44480 - Determinazione della riduzione forfetaria del cambio da applicare ai redditi, diversi da quelli di impresa, delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione…
- AGENZIA DELLE ENTRATE - Provvedimento 15 febbraio 2022, n. 48205 - Determinazione della riduzione forfetaria del cambio da applicare ai redditi, diversi da quelli di impresa, delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…