TRIBUNALE DI COSENZA – Sentenza 14 settembre 2022
Differenze retributive – Addetta ai servizi igiene e pulizia – CCNL Servizi di Pulizia Multiservizi – Erroneo inquadramento contrattuale – Esclusione
Fatto e motivi della decisione
Con ricorso ritualmente notificato P.A. conveniva davanti a questo Giudice le società indicate in epigrafe, deducendo di aver lavorato ininterrottamente dal 28.11.2016 al 24.06.2019 alle dipendenze di E. S.p.a., con mansioni di addetta ai servizi igiene e pulizia, inquadrata nel I livello del CCNL Servizi di Pulizia Multiservizi fino al mese di novembre 2017 ed in seguito al II livello stesso CCNL.
Esponeva di essere stata assunta con contratti di lavoro a tempo determinato, direttamente da e di aver successivamente lavorato per quest’ultima in forza di contratti di somministrazione stipulati dalle due società convenute.
Lamentava di essere stata retribuita sulla base dei parametri previsti dal I e poi dal II livello del CCNL Servizi di Pulizia Multiservizi, laddove, per contro, avrebbe dovuto essere inquadrata nel II livello del CCNL Terziario e Servizi Nettezza Urbana – Aziende Private applicato ai lavoratori a tempo indeterminato assunti da E..
Esponeva di aver svolto mansioni di operaia addetta allo spazzamento, anche mediante l’ausilio di spazzatrice, guidata da un collega di lavoro, espletando anche compiti consistiti in interventi di bonifica e risanamento ambientale nel Comune di Cosenza quali, ad esempio, quello espletato nella frazione dalla stessa ricorrente in occasione della Assumeva di essere creditrice della complessiva somma di euro 28.341,65, calcolata in relazione ai parametri previsti per il livello 2/A del CCNL Terziario e Servizi – Nettezza Urbana – Aziende Private ed aggiungeva che in ogni caso sin da subito avrebbe dovuto essere inquadrata nel II livello del CCNL Servizi di Pulizia Multiservizi, avendo sempre svolto compiti riconducibili alla relativa declaratoria.
Concludeva con una richiesta di condanna, anche solidale, delle società convenute alla somma sopra indicata, oltre accessori.
Si costituivano le società E. S.p.a. e R.I. S.p.a., chiedendo il rigetto della domanda per infondatezza, escludendo in particolare l’applicazione al rapporto di lavoro con la ricorrente del CCNL Terziario e Servizi Nettezza Urbana – Aziende Private.
All’odierna udienza, celebrata ai sensi dell’art. 221, comma 4, D.L. n. 34/2020, conv. con mod. dalla Legge n. 77/2020, i procuratori delle parti hanno depositato note autorizzate ed hanno insistito nelle conclusioni come rassegnate nei rispettivi scritti di costituzione; la causa è stata, quindi, decisa con sentenza contestuale all’esito della camera di consiglio.
Ritiene il Tribunale che il ricorso non meriti accoglimento.
Premesso che deve ritenersi infondata l’eccezione di nullità della domanda sollevata dalla società R. S.p.a., contenendo l’atto introduttivo del giudizio una sufficiente indicazione degli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della domanda, rileva il Giudice che la ricorrente deduce il proprio errato inquadramento senza indicare la fonte da cui sarebbe derivato l’obbligo del datore di lavoro di applicare al rapporto il CCNL Terziario e Servizi Nettezza Urbana – Aziende Private.
I contratti di assunzione sottoscritti dalle parti indicano chiaramente che il rapporto di lavoro sarebbe stato disciplinato dal CCNL Servizi di Pulizia Multiservizi, vale a dire dal contratto collettivo che, come risulta dalla documentazione in atti versata da E., è sistematicamente applicato dalla società anche nei confronti dei lavoratori a tempo indeterminato (cfr. contratti di assunzione a tempo indeterminato e contratti di trasformazione dei rapporti a termine in rapporti a tempo indeterminato, relativi ad altri dipendenti).
Va, inoltre, rilevato che nel nostro ordinamento il contratto collettivo è un contratto di diritto comune vincolante solo per le parti aderenti alle organizzazioni di categoria stipulanti, ovvero per quelle che abbiano successivamente aderito (anche solo implicitamente) al contratto stesso.
Ne consegue che nell’attuale sistema di diritto comune non può ulteriormente trovare applicazione la norma di cui all’art. 2070 cod. civ., secondo la quale l’applicazione del contratto collettivo si determina secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore, in quanto tale norma è stata dettata per l’applicazione dei contratti corporativi quali fonti di diritto oggettivo e non può ritenersi operante nel nostro attuale sistema nel quale il contratto collettivo di lavoro, come detto, va ricondotto unicamente nell’ambito della libertà e della autonomia negoziale delle parti (da ultimo cfr. Cass., Sez. L. n. 26742/2014 e Cass. Sez. L. n. 24160/2015).
Il principio dettato dall’art. 2070 cc, secondo cui l’appartenenza alla categoria professionale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo si determina secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore, opera nel nostro ordinamento solo per il contratto collettivo ritenuto obbligatorio e non già nei riguardi della contrattazione collettiva di diritto comune, che ha efficacia vincolante limitatamente agli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti e a coloro che esplicitamente o implicitamente, al contratto abbiano prestato adesione.
Nel caso in cui, dunque, si assuma che le mansioni svolte siano proprie di un contratto collettivo di diritto comune diverso da quello applicato in concreto, il lavoratore non può aspirare all’applicazione del diverso contratto collettivo se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale.
In mancanza il lavoratore può richiamare la disciplina posta dal contratto del settore rivendicato quale parametro per la determinazione della retribuzione conforme all’art. 36 Costituzione (retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del suo lavoro, idonea a consentire un’esistenza libera e dignitosa) purché deduca e dimostri l’insufficienza del trattamento economico in concreto percepito, cioè la non conformità al precetto costituzionale del trattamento previsto dal contratto collettivo applicato.
Il rapporto di lavoro sarà, quindi, disciplinato dal contratto rispetto al quale l’impresa si sia obbligata, implicitamente o esplicitamente, ed al quale il lavoratore abbia aderito, questo anche se tale contratto non sia quello precisamente inerente alle oggettive caratteristiche dell’impresa e della sua attività.
In mancanza di qualsiasi contratto, si dovrà ricorrere alla previsione dell’art. 36 Cost. (norma immediatamente precettiva) ed al criterio della equità, applicando eventualmente la contrattazione collettiva di settore come parametro di riferimento per la individuazione della misura minima della retribuzione ai sensi della Costituzione ma con esclusione, ovviamente, di tutti gli istituti a carattere strettamente contrattuale.
Fatte queste premesse si deve concludere che:
il contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro non deve essere ricercato in astratto, secondo la tipologia dell’attività svolta dal datore di lavoro, ma in concreto secondo gli istituti economici e giuridici applicati ai dipendenti;
in base alle regole generali, spetta alla parte che invoca una norma contrattuale di provarne l’applicabilità al rapporto giuridico in essere (art. 2697 c.c.) .
Nel caso in esame, in cui la società convenuta ha dimostrato la sistematica applicazione del CCNL Servizi di Pulizia Multiservizi, la ricorrente non ha provato di aver percepito una retribuzione non proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato; non ha provato, cioè, l’insufficienza del trattamento economico ex art. 36 C, rilevando soltanto che dall’applicazione del contratto invocato sarebbe derivato un trattamento retributivo più vantaggioso.
La ricorrente, inoltre, deduce che da subito avrebbe dovuto essere comunque inquadrata nel II livello del CCNL Servizi di Pulizia Multiservizi, avendo sempre svolto compiti riconducibili alla relativa declaratoria.
Ebbene, a parte il rilievo che la stessa ha azionato il preteso credito retributivo sulla premessa di un suo erroneo inquadramento, calcolando il dovuto sulla base dei parametri relativi al livello II del CCNL Terziario e Servizi Nettezza Urbana – Aziende Private, rileva il Tribunale che con riferimento al periodo decorrente dal mese di dicembre 2017 non compete alcuna differenza retributiva, posto che la lavoratrice è stata inquadrata nel II livello e conseguentemente retribuita.
Quanto al periodo precedente, le deduzioni contenute in ricorso e le relative richieste istruttorie, siccome volte a riscontrare l’assunto di un erroneo inquadramento contrattuale, sono state articolate sulla base di una descrizione delle mansioni svolte e di una comparazione di esse con la declaratoria del II livello del CCNL Terziario e Servizi Nettezza Urbana – Aziende Privati, senza alcun riferimento alla declaratoria del II livello del Servizi di Pulizia Multiservizi; tanto impedisce, allora, ogni verifica dell’assunto secondo cui la lavoratrice avrebbe svolto da sempre mansioni riconducibili a tale ultima declaratoria.
Il ricorso, pertanto, deve essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida, in favore di ciascuna parte convenuta, in euro 3.513,00, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfetarie come per legge.
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