COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE BARI – Sentenza 27 settembre 2013, n. 47
Tributi – IVA – Contratto di “sale & sale back” – Principio di neutralità – Diritto alla detrazione – Condizioni
Fatto
Con ricorso alla CTP di Bari iscritto al n. 1755/2010 di RGR l’Azienda Agricola C., con sede in Poggiorsini, società semplice esercente attività di coltivazioni miste di cereali e prodotti simili, ha impugnato l’avviso di accertamento n. RF3020401351/2009 notificato il 12.12.2009 dall’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Gioia del Colle. Con il predetto avviso l’Agenzia ha rettificato la dichiarazione IVA relativa all’anno di imposta 2005 considerando dovuta l’imposta per Euro 25.000 relativa alla fattura di vendita n. 5/2005 del 13.6.2005 riguardante impianti meccanizzati emessa nei confronti della G. srl di Altamura ed ha considerato indetraibile l’imposta (pari ad Euro 25.000) relativa alla fattura d’acquisto ricevuta dalla Ge. S.p.A., sul presupposto, che dette fatture riguardassero operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti; conseguentemente recuperando l’IVA dovuta ed irrogando le sanzioni di legge.
Con il predetto ricorso l’Azienda Agricola C. ha dedotto che le compravendite contestate rientravano in una operazione di “sale and sale back”; che non sussiste simulazione oggettiva assoluta; che la ricostruzione dell’Ufficio è inattendibile perché basata su presupposti e fatti falsi; che è infondata la contestazione di simulazione di interposizione soggettiva; che l’Agenzia ha violato il principio di autonomia negoziale privata (art. 1322 c.c.) nonché del principio di libertà di iniziativa economica privata prevista dall’art. 41 della Costituzione; che l’avviso impugnato è nullo per violazione dell’art. 54, co. 2, del DPR n. 633/1972, dei principi in materia di presunzioni, nonché in materia di prova previsti dagli artt. 2727 e 2729 c.c.; che l’avviso impugnato è inficiato da violazione dell’art. 7 della L. n. 212/2000 per insufficiente e carente motivazione nonché limitazione del diritto di difesa, da errata interpretazione dell’art. 21, co. 7, del DPR n. 633/1972 per difetto del presupposto di evasione dell’IVA; che è stato violato il principio dell’affidamento e della buona fede del ricorrente.
L’Agenzia delle Entrate, Direz. Provinciale di Bari, costituitasi in giudizio ha contestato tutti i motivi espressi nel ricorso ed ha sostenuto che le operazioni di compravendita poste in essere dalla società ricorrente costituiscono atti fraudolenti che si sostanziano in un giro cartolare,- caratterizzato dalla emissione di fatture secondo uno schema triangolare non supportato da relativa movimentazione materiale del bene oggetto di compravendita, né da regolare movimentazione di mezzi finanziari.
Con sentenza n. 59/09/2011 depositata il 4.5.2011 la CTP di Bari ha accolto il ricorso dell’Azienda Agricola C., con compensazione delle spese, alla stregua di quanto segue. Il bene venduto dalla società agricola C. alla G. srl per un certo prezzo, e da questa venduto alla Ge. S.p.A. allo stesso prezzo, risulta riacquistato dalla stessa società venditrice Ge. e ciò allo scopo di porre in essere i requisiti necessari per accedere al finanziamento agevolato previsto dalla legge n. 1329/65, c.d. Legge Sabatini ossia per conseguire la possibilità di scontare le cambiali, rilasciate dalla società agricola C. alla Ge. S.p.A. in pagamento del bene acquistato, con la formula del “pro-soluto” e con privilegio iscritto sul bene compravenduto.
Le fatture relative alle suddette compravendite afferiscono ad operazioni inesistenti.
La fattispecie in esame evidenzia un tipico caso di abuso del diritto da parte della società G. srl e Ge. S.p.A., con operazioni concluse con la società agricola C. formalmente corrette, ma poste in essere per eludere obblighi fiscali, poiché i tre contratti di compravendita non sono finalizzati all’effettivo trasferimento del bene da un soggetto ad un altro, ma all’ottenimento di un finanziamento con risparmio di imposta.
Tale attività elusiva ammessa dallo stesso legale rappresentante della Ge. S.p.A. L.A., mentre è riferibile alle società coinvolte nella vicenda, non sembra che, possa essere ravvisata nel comportamento della ricorrente la quale ha operato in buona fede convinta che per ottenere un finanziamento fosse necessario procedere alla vendita ed al successivo acquisto di un bene strumentale. L’operazione di acquisto del bene effettuata dalla società imprenditrice agricola e ritenuta simulata dall’ufficio finanziario che ha disposto il recupero dell’IVA ritenendola indetraibile, è in effetti voluta dalle parti, ma soprattutto voluta dalla ricorrente, perché solo, con essa tale soggetto è venuto in possesso della somma corrispondente al prezzo di vendita di quel bene, vendita effettuata in favore della G. srl e il cui corrispettivo risulta accreditato, su un conto di domiciliazione presso altra società del gruppo (la G. S.p.A.) che ha versato il denaro alla società imprenditrice-venditrice solo dopo aver ottenuto il finanziamento ex lege Sabatini, cioè solo dopo che la Ge. S.p.A. ha scontato le cambiali rilasciate dal detto imprenditore per il riacquisto del proprio bene venduto.
Il riacquisto del bene strumentale da parte dell’imprenditore è assistito: da un contratto di vendita con privilegio ai sensi della legge 28.11.1965 n. 1329 con firme autenticate dal notaio; dal rilascio da parte dell’imprenditrice agricola di effetti cambiari a pagamento del prezzo pattuito, con le annotazioni previste e stabilite dalia suddetta legge 1329/65; dal verbale di apposizione dei sigilli sul bene venduto, a cura del cancelliere del Tribunale di Bari; dalla nota di trascrizione del contratto di compravendita nel registro speciale di cui all’art. 3 della legge n. 1329/65.
Trattasi di acquisto da parte della società agricola C. perfettamente regolare.
Solo attraverso le due operazioni di compravendita concluse con le società G. e Ge. (operazioni definite di “sale and sale back”, la società ha, potuto ottenere il denaro necessario per rimettere in sesto le finanze della propria impresa.
Nella vicenda manca la prova della colpevolezza della società agricola C. ossia la coscienza e la volontà di partecipare a comportamenti fraudolenti altrui.
La Corte di giustizia europea, nella sentenza C-354/03 Optigen, afferma che le nozioni di cessioni di beni e di soggetto passivo che agisce in quanto tale dimostrano che tali nozioni hanno tutte un carattere obiettivo e che esse si applicano indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi e che il diritto alla detrazione IVA non sussiste solo qualora risulti acclarato, alla luce degli elementi oggettivi, che la cessione è stata effettuata nei confronti di un soggetto passivo che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare con il proprio acquisto ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’imposta sul valore aggiunto. La Corte di Cassazione con sentenza n. 1364/2011 ha evidenziato che il committente-cessionario conserva il diritto alla deduzione dell’imposta pagata qualora dalle circostanze del caso risulti che egli non sapeva o non poteva sapere di partecipare con il proprio acquisto ad una operazione che si iscriveva in una frode all’imposta. Nella fattispecie in esame la società agricola C. come legalmente rappresentata appare convinta che solo con la vendita ed il riacquisto di un proprio bene strumentale (operazioni effettuate con la partecipazione di pubblici ufficiali – il notaio ed il cancelliere del Tribunale – e con il rilascio, a pagamento del prezzo, di effetti cambiari che riportano le annotazioni dell’atto pubblico e degli altri elementi richiesti dalla legge Sabatini) può ottenere il denaro necessario per proseguire l’attività di impresa.
Quindi, secondo la richiamata giurisprudenza comunitaria e nazionale di legittimità l’elemento oggettivo (la cessione di un bene e l’esistenza di un soggetto passivo che agisce in quanto tale) e l’elemento soggettivo (la buona fede del contribuente) assumono rilievo al fine di ammettere o escludere la detrazione IVA, sia che tali elementi vengano considerati quali esimenti, sia che vengano ritenuti prova del diritto alla detrazione IVA.
Nella fattispecie concreta, sussistendo entrambi gli elementi, soggettivo ed oggettivo, in capo alla società agricola C., alla stessa deve essere riconosciuto il diritto ad effettuare la detrazione dell’IVA evidenziata sulla fattura d’acquisto del proprio bene strumentale della società Ge. S.p.A.
Con appello in termini iscritto al n. 4473/2011 di RGA l’Agenzia delle Entrate-Direz. Prov. Di Bari ha impugnato la predetta sentenza ivi censurandola per violazione degli artt. 17, 19, 21 co. 7 del DPR n. 633/1972, per violazione del principio di ripartizione dell’onere probatorio in tema di operazioni oggettivamente inesistenti e della prova della non colpevolezza e buona fede nelle frodi IVA.
Con atto di controdeduzioni l’Azienda Agricola C. società semplice ha puntualmente controdedotto al predetto atto di appello.
Diritto
Nella fattispecie in esame l’imprenditore agricolo è cedente e cessionario dello stesso bene e il carico di imposta (IVA) derivante dalle due operazioni compiute è neutralizzato. Infatti, attraverso il sistema delle rivalse e delle detrazioni l’imposta viene compensata per imponibili di pari valore. Per il principio delle neutralità fiscale, l’operatore neutralizza l’imposta assolta sugli acquisti detraendola dall’imposta incassata sulle vendite; sicché per il soggetto passivo, l’imposta deve costituire semplicemente una partita di giro e mai un costo.
Nel caso del concessionario che sia anche cedente per lo stesso bene, si ammetterebbe, ove si accogliesse la tesi dell’Agenzia delle Entrate, una duplicazione del versamento IVA, la prima con la vendita, la seconda con l’acquisto, in violazione del principio della neutralità dell’imposta IVA.
La rettifica IVA sarebbe giustificabile nei confronti del cessionario, qualora sussistesse una condotta fraudolenta del medesimo, ossia che il documento fraudolento (la fattura per operazione inesistente) fosse stato utilizzato con l’intento di perseguire il fine dell’evasione o dell’indebito rimborso o del riconoscimento di un inesistente credito personale. Non emerge nella fattispecie concreta, la frode fiscale commessa dall’imprenditore agricolo; emerge, invece, dalla documentazione (fatturazione emessa e fatturazione ricevuta) l’obiettivo di conseguire le agevolazioni creditizie e contributive previste dalla legge 1329/65, la cosiddetta legge Sabatini. La Corte di giustizia (cfr causa n. C- 324/11 del 6 dicembre 2012, causa n. C-285/11 del 6 dicembre 2012, causa n. C-642/3/11 del 31 gennaio 2013) ha evidenziato che occorre, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere che il cessionario/committente compia verifiche che non gli incombono, dimostrare che quest’ultimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta operazione si iscriveva in un’evasione IVA. Tale circostanza non emerge nella fattispecie in esame, né l’Ufficio, su cui incombe l’onere probatorio, ha dimostrato che le operazioni di compravendita degli impianti meccanizzati rientrino in una frode fiscale.
L’appello dell’Agenzia delle Entrate va pertanto respinto. Tuttavia la complessità della vicenda e gli aspetti problematici della stessa inducono la Commissione alla compensazione delle spese.
P.Q.M.
Respinge l’appello dell’Agenzia delle Entrate-Direzione Provinciale di Bari e per l’effetto conferma la sentenza di primo grado. Spese compensate.
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