COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Lombardia sez. 2 sentenza n. 1665 depositata il 11 aprile 2017
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito dell’attività di controllo posta in essere dall’Ufficio Centrale per il Contrasto agli Illeciti Fiscali Internazionali, volto ad individuare l’effettivo domicilio fiscale delle contribuenti, alle sorelle — e — venivano notificati gli avvisi di accertamento dei maggiori redditi percepiti nel territorio italiano e gli avvisi di contestazione relativi alla mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi e del quadro RW per gli anni da 2004 al 2010. Le sanzioni relative al quadro Rw per gli anni citati ammontavano ad euro 46.864.194,96 per ciascuna delle due sorelle —, a cui si aggiungevano interessi ed ulteriori sanzioni per euro 9.292.978,00 a carico di — e per euro 9.475.242,02 a carico di —.
Le sorelle — proponevano ricorso sostenendo la falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 bis, del DPR 917/86 in quanto i fatti portati a sostegno della tesi dall’Ufficio non erano sufficienti a qualificare come fiscalmente residenti le ricorrenti. Eccepivano inoltre la decadenza della potesta’ accertativa dell’Ufficio per superamento del termine previsto dall’art. 43 del DPR 600/73 e l’irretroattivita’ del disposto dell’art. 12 del D.L. 78/2009 e, in via gradata, l’errata determinazione della capacita’ contributiva delle ricorrenti, nonche’ l’inapplicabilita’ delle sanzioni per obbiettive condizioni di incertezza e, in via ulteriormente gradata, chiedevano il cumulo giuridico per le sanzioni.
Si costituiva l’Agenzia delle Entrate chiedendo il rigetto dei ricorsi.
La CTP di Milano, con sentenza 392/16, depositata in data 18.01.2016, accoglieva i ricorsi riuniti compensando le spese.
L’Ufficio appellava eccependo erronea ricostruzione dei fatti, acritico rinvio ad altra sentenza ed, insistendo sulla esistenza in Italia dell’effettivo domicilio fiscale delle contribuenti, chiedeva la riforma della sentenza, con vittoria di spese.
Le sorelle — si costituivano sostenendo la correttezza della sentenza impugnata dall’Ufficio fondata sulla considerazione della particolare situazione familiare delle contribuenti, connessa allo stato detentivo della madre, —, per tutti i periodi di imposta oggetto degli accertamenti. Con riferimento ad ampia documentazione depositata già nel precedente grado del giudizio, chiedevano il rigetto dell’appello e la condanna dell’Ufficio alle spese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate fonda i propri accertamenti su numerosi ed incontestabili elementi che, pur non dimostrando l’esistenza di redditi prodotti dalle contribuenti, risultano presuntivi di capacità contributiva delle stesse. Pare infatti evidente che le sorelle — non svolgono alcuna attività produttiva, vivendo invece di quanto ereditato dal padre — a seguito del suo tragico decesso, tuttavia non può negarsi l’evidenza di un imponente patrimonio che genera redditi in capo alle stesse.
Il combinato disposto degli artt. 1, 2 e 2bis del TUIR prevede che il presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche sia il possesso di redditi e che soggetti passivi dell’imposta siano le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti, per quanto riguarda il caso in esame, in —. Non essendo in discussione il possesso di redditi da parte delle due contribuenti, sia per proprietà immobiliari, direttamente o indirettamente possedute, sia per le partecipazioni alle stesse riconducibili, sia per la mancata contestazione dell’assunto da parte privata (semmai viene sollevata questione sulla quantificazione e sulla ricostruzione “figurativa” dei redditi stessi), il presente contenzioso si fonda sull’identificazione del reale domicilio fiscale delle contribuenti.
Le risultanze delle indagini effettuate dall’Ufficio hanno rivelato l’esistenza di numerosi elementi convergenti che depongono a favore della permanenza delle due contribuenti nel territorio italiano per la maggior parte dell’anno in tutti i periodi a cui gli accertamenti si riferiscono.
Il procedimento che deve necessariamente seguirsi in tema di prova per presunzioni, per non incorrere in vizi di legittimità della decisione (Cass. 13819/2003), si articola in due momenti valutativi e, cioè, occorre, prima, che ti giudice esamini ognuno degli elementi indiziari per eliminare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e, invece conserva quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; poi, occorre che egli proceda a una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi così isolati e accerti se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una prova logicamente valida secondo crismi di ragionevole probabilità e non necessariamente di certezza (Cass. 4306/2010).
Procedendo secondo il predetto schema logico, questo Collegio osserva che, pur riconoscendo la fragilità della presunzione circa l’ammontare del reddito tassabile effettuata dall’Ufficio sulla base di operazioni che rappresentano un consumo di patrimonio, gli elementi fomiti dall’Ufficio rappresentano pesanti indizi sulla reale residenza italiana delle contribuenti, cioè sulla loro permanenza nel territorio italiano per un periodo, ogni anno, superiore a 183 giorni.
I giudici di prime cure, aderendo alla tesi difensiva delle ricorrenti, hanno evidenziato la particolare situazione familiare delle sorelle — connessa allo stato detentivo della madre, –, per tutti i periodi di imposta considerati, ma tale considerazione, importante sotto l’aspetto affettivo, sarebbe comunque inconferente sotto l’aspetto fiscale ai fini della valutazione della permanenza effettiva in Italia delle due contribuenti per la maggior parte dell’anno. Permanenza che, peraltro tenuto del tempo da trascorrere con la loro madre in occasione, dapprima, della custodia cautelare e della celebrazione del processo e, successivamente, dei colloqui in carcere e dei permessi premio settimanali della durata di dodici o ventiquattro ore concessi alla madre, rapportati ai giorni di permanenza a Milano delle figlie in ciascuna delle citate occasioni, già depongono per un soggiorno prolungato sul territorio italiano, soggiorno che se non supera la metà dell’anno, certamente ci si avvicina molto. Al periodo trascorso in Italia per incontrare la madre, devono aggiungersi poi i periodi documentalmente rilevati dall’Agenzia delle Entrate per prendere parte attivamente, in Italia, ad assemblee o riunioni del Consiglio di amministrazione di società italiane direttamente o indirettamente partecipate, come, ad esempio, la SpA —, quelli per la frequentazione di circoli nautici ai quali le sorelle — risultavano iscritte, quelli per la frequentazione, nel caso della sorella minore, di corsi universitari, quelli necessari alla gestione dei numerosi rapporti di natura finanziaria con istituti di credito italiani, deducibili dalla movimentazione delle carte di credito, del deposito titoli e cassette di sicurezza, dei conti correnti il cui utilizzo continuativo e circoscritto non è in discussione, ed, infine, tutti quelli, rilevabili dalle notizie di stampa, riguardanti la loro partecipazione ad eventi mondani e sociali nel territorio nazionale, l’ospitalità presso amici ricevuta in occasione delle loro trasferte milanesi. Gli stessi movimenti di capitale e bonifici esteri di importi così rilevanti (euro 304.790 nel 2004, euro 388.960 nel 2005, euro 297.920 nel 2006, euro 136.450 nel 2007) accreditati su istituti di credito italiani per il mantenimento delle contribuenti in Italia, danno la misura, pur tenendo conto dell’altissimo tenore di vita immaginabile per le due ereditiere, dell’entità del periodo trascorso nel territorio nazionale, misura che, se non può definirsi costante, deve certamente ritenersi prevalente. Non dimenticando che la giurisprudenza civilistica ha considerato come domicilio quel luogo in cui il soggetto mantiene il centro dei propri interessi intesi non solo sotto il profilo economico e patrimoniale, ma anche morale, sociale e familiare, non può sfuggire l’ulteriore elemento integrante la presunzione di residenza effettiva in Italia nel periodo 2004/2010, consistente nell’esistenza, dapprima, di stringenti legami affettivi con la nonna — a motivo della morte del padre — e della reclusione della madre, e, successivamente, nello sviluppo dei rapporti affettivi che hanno portato entrambe le sorelle — a sposarsi con soggetti residenti in Italia fino al loro trasferimento all’estero, avvenuto dopo il matrimonio — si è infatti maritata con —, che risulta essere stato residente in —, via —, –, almeno fino alla data della sua iscrizione all’AIRE nel febbraio 2014, mentre — coniugata con —, che risulta essere stato residente a —, via —, –, fino al 2013. E’ ben vero che i matrimoni sono stati contratti in un periodo d’imposta successivo agli anni accertati, ma la presunzione di residenza in Italia delle contribuenti anche negli anni precedenti è data dal mutamento di residenza dei rispettivi coniugi solo in periodo successivo al loro matrimonio, avvalorando cosi l’ipotesi di una frequentazione prematrimoniale dei soggetti prevalentemente nel territorio italiano.
Peraltro, pur non riconoscendo come prova della residenza delle contribuenti nel territorio italiano l’esistenza di un immobile a Milano, —, –, in cui erasempre presente un custode per mantenerlo in perfetto stato d’uso, con i conseguenti consumi e spese; pur non attribuendo valore di prova del medesimo assunto la permanenza delle nipoti presso l’immobile della nonna, in —, via —, –, l’intero compendio logico e circostanziale offerto dall’Agenzia delle Entrate a sostegno dell’esistenza in Italia del domicilio fiscale delle contribuenti, elementi tutti convergenti e concordanti tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto, dovendosi ravvisare una connessione fra ifatti accertati e quelli presunti secondo regole di esperienza che convincano di ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità (Cass. 5220/2005), portano questo Collegio a ritenere che la presenza in Italia delle sorelle — non fosse saltuaria ed unicamente collegata alla sola durata del tempo necessario alla volontà di incontrare la madre in concomitanza con i suoi permessi premio o le altre occasioni di libertà della medesima, ma fosse certamente preponderante tanto da superare ampiamente il limite dei 183 giorni all’anno. Quanto al rinvio dei primi giudici ai principi portati dalla sentenza 3665/2015 della CTR della Lombardia, premettendo che tale sentenza risulta impugnata in Cassazione e, dunque, non è definitiva, si osserva che la stessa riguarda un soggetto, la nonna —, di età piuttosto avanzata che, oltre alla figlia detenuta ed alle nipoti, non aveva altri consistenti interessi economici né sentimentali in Italia. Di nessun pregio, poi, ai fini dell’accertamento della residenza fiscale, l’elemento intenzionale e volontaristico della scelta della dimora, luogo in cui obbligatoriamente doveva recarsi la signora — per incontrare la propria madre e le proprie figlie, essendo necessario avere riguardo al tempo di permanenza dei soggetti passivi d’imposta; rapportato ad anno solare, presso tale indirizzo. Tale sentenza è dunque riferibile ad altra e diversa fattispecie.
Per le due contribuenti, cittadine italiane cancellate dalle anagrafi della popolazione residente e trasferite in Stato o territorio avente un regime fiscale privilegiato, l’individuazione del domicilio fiscale deve basarsi sull’effettivo centro degli affari e degli interessi, non solo economici, ma anche morali e familiari, desumibile, nel caso in esame, dal fattore dirimente della reale permanenza del soggetto nel territorio nazionale, cioè sulla residenza intesa come dimora abituale ai sensi dell’art. 43, secondo comma, del codice civile, dimora che si stima essere avvenuta principalmente in Italia, pur nella disponibilità permanente dell’abitazione di — (n.d.r.: Città estera), luogo di elezione della residenza anagrafica.
Quanto alla violazione del termine decadenziale previsto dall’art. 43 DPR 600/73 per l’attività accertativa relativa agli anni 2004, e 2005, si sottolinea che il comma 3 del medesimo articolo, prevede il raddoppio dei termini in ogni caso di violazione che comporti l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 del codice di procedura penale e, nella fattispecie, non vi è dubbio che tale adempimento fosse obbligatorio, rilevato che la violazione consistente nella mancata dichiarazione dei redditi costituiva reato ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Sulla eccezione di irretroattività della presunzione di cui all’art. 12 della L. 78/2009, si osserva che il comma 2 di detto articolo prevede che, in deroga ad ogni altra disposizione di legge vigente, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, in violazione degli obblighi di dichiarazione, si presumono costituite, ai fini fiscali e salvo prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. Tale norma, avendo carattere sostanziale e non procedimentale, non può applicarsi ai periodi di imposta già decorsi alla data della sua entrata in vigore e, dunque, la presunzione di attività ed investimenti costruiti mediante redditi sottratti a tassazione non è legittima, ma si deve rilevare come, nel caso in esame, il termine di decadenza per la notifica degli accertamenti per gli anni antecedenti al 2009 non era ancora scaduto alla data di entrata in vigore della norma. In ogni caso, l’obbligatorietà della denuncia di redditi posseduti sia in Italia che all’estero da cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Paesi a fiscalità privilegiata era prevista anche negli anni precedenti al 2009 e gli accertamenti consistono appunto nella comminazione di sanzioni per la mancata dichiarazione. L’eccezione deve pertanto essere respinta.
Sulla determinazione del reddito attribuito alle contribuenti e sulla presunta violazione dell’art. 53 della Costituzione per errata determinazione della capacità contributiva, l’Ufficio produce elementi concreti ed effettivi che non sono stati efficacemente contrastati da parte privata in sede istruttoria. Con gli inviti a comparire n. –/2012 e n. –/2012 l’Ufficio richiedeva tutta la documentazione riguardante le operazioni annotate sui conti correnti bancari rientranti nella disponibilità delle contribuenti, nonché la documentazione afferente le disponibilità e le attività finanziarie detenute all’estero. Nessuna documentazione e/o giustificazione essendo stata prodotta, l’Ufficio era legittimato a prendere in considerazione, per tutti gli anni d’imposta, gli importi bonificati sul c/c della Banca — intestato a — e girato, in parte successivamente, alla sorella —, gli importi bonificati dai c/c esteri, le disponibilità sui c/c, di pertinenza delle sorelle — ovvero ad esse comunque riconducibili. Pur non riconoscendo natura reddituale alle somme consistenti nel patrimonio ereditato, nessuna efficace prova contraria alla presunzione di natura reddituale degli importi provenienti dalle società — Srl, —, costituenti indice presuntivo di reddito a carico delle sorelle — è stata offerta da parte resistente.
Non può essere accolta l’eccezione gradata riguardante l’esimente di cui all’art. 6 del D.Lgs. 472/97, per incertezza di applicazione della norma, invocata dalla difesa di parte resistente, non apparendo rinvenibile alcuna obiettiva condizione di incertezza normativa nella disposizione prevista dagli articoli 1, 2 e 2bis del DPR 22 dicembre 1986, n. 917.
Sembra invece doversi accogliere l’eccezione ulteriormente gradata delle contribuenti volta alla applicazione del principio di continuazione previsto dall’art. 12 del D.Lgs. 472/1997, dovendosi riconoscere, nel caso in esame, il cumulo giuridico. Recita infatti il comma 5 del citato articolo “Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentala dalla metà al triplo”.
Per il principio della sostanziale soccombenza le contribuenti vengono condannate alla rifusione delle spese del doppio grado in favore dell’Ufficio, liquidate in euro 50.000,00 per il primo ed in euro 60.000,00 per il secondo grado.
La Commissione tributaria regionale di Milano, in parziale riforma della sentenza impugnata,
1)- rigetta il ricorso introduttivo delle contribuenti e, per l’effetto, conferma la legittimità dell’accertamento dell’Ufficio, fatta salva l’applicazione del cumulo giuridico per le sanzioni;
2)- condanna le contribuenti al pagamento, in favore dell’Ufficio, delle spese di entrambi i gradi del giudizio, spese liquidate in euro 50.000,00 per il primo e in euro 60.000,00 per il secondo grado.
Cosi deciso in camera di consiglio, il giorno 13 marzo 2017
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 808 depositata il 9 gennaio 2024 - Ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione la notifica della sentenza deve essere effettuata presso il domicilio reale o eletto del difensore, non già presso il…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 settembre 2020, n. 18391 - La variazione di domicilio regolarmente notificata radica la competenza territoriale a decorrere dalla dichiarazione contenente la variazione di domicilio e non è "retroattiva", non mancando…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 15314 depositata il 23 aprile 2021 - In tema d'imposte sui redditi, il citato art. 2, comma 2, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 richiede, per la configurabilità della residenza fiscale nello Stato,…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 10777 depositata il 21 aprile 2023 - La notificazione degli avvisi di accertamento tributario a soggetti diversi dalle persone fisiche non si sottrae alla regola generale, enunciata dal d.p.r. 29 settembre 1973, n.…
- COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Lombardia sentenza n. 1556 sez. 6 depositata il 10 luglio 2020 - E’ illegittimo l’accertamento successivo alla declaratoria di incostituzionalità della norma tributaria
- Corte di Cassazione sentenza n. 19067 depositata il 14 giugno 2022 - In tema di notificazione degli atti impositivi, il messo notificatore o l'ufficiale giudiziario, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall'art. 60, comma 1,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- La conciliazione è nulla se firmata in azienda e n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10065 depositat…
- Processo Tributario: la prova del perfezionamento
Nei casi in cui la notifica di un atto impositivo o processuale avvenga a mezzo…
- LIPE 2024: scadenze e novità per adempiere corrett
Per l’anno 2024 le LIPE (Liquidazioni Periodiche IVA) e rimasto invariata…
- Decadenza dalla NASPI: nel caso in cui il lavorato
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 11523 depositat…
- Il licenziamento per cosiddetto ‘scarso rend
Il licenziamento per cosiddetto ‘scarso rendimento’ costituisce un’ipotesi di re…