COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Toscana sez. 17 sentenza n. 676 depositata il 10 marzo 2017
Registro – Agevolazioni per acquisto prima casa – Ritardato trasferimento della residenza nel Comune entro 18 mesi dall’acquisto dell’immobile – Causa di forza maggiore – Sussiste solo se il ritardo non è dovuto al comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile al contribuente.
Massima:
La causa di forza maggiore, idonea ad impedire la decadenza dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa per il fatto che l’acquirente non ha trasferito nel termine di 18 mesi nel Comune ove si trova l’immobile acquistato, pur potendo riferirsi alla inutilizzabilità dello stesso per mancato compimento dei lavori o per mancato rilascio dei titoli abitativi, deve tuttavia essere caratterizzata dalla esclusione di un comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile al contribuente.
Testo:
………. e …………. impugnano la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pisa (n.185/2015) che ha confermato l’intervenuta decadenza dalle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa, non avendo i detti coniugi preso la residenza nel comune in cui l’immobile acquistato risulta ubicato.
Il primo giudice negava ricorresse nella specie un’ipotesi di forza maggiore, invece assunta dai ricorrenti come causa del ritardo, per aver essi stessi contribuito ad allungare i tempi di ultimazione dei lavori di ristrutturazione, avendo chiesto una variazione del prospetto e per non aver tempestivamente preso la residenza appena rilasciato il certificato di conformità.
I coniugi …….. appellano, evidenziando che i lavori di ristrutturazione si sono protratti oltremodo, che hanno in modo del tutto imprevedibile subito un arresto di oltre 4 mesi per intoppi burocratici, e che, in proposito, era stata prodotta una relazione di un professionista di fiducia proprio per chiarire le ragioni “tecniche” del ritardo.
Censurano l’addebito loro mosso in sentenza dalla commissione tributaria provinciale, per aver chiesto la variante del prospetto e non, invece, optato per una ristrutturazione “minimale” al fine di non sforare il termine di legge con complicazioni burocratiche. Evidenziano poi che il certificato di conformità, a differenza di quanto ritenuto dai giudici pisani, per i quali sarebbe stato rilasciato un giorno prima della scadenza del termine, in realtà era staro emesso il 12.1.2011, cioè tre giorni dopo lo spirare dei 18 mesi, chiarendo che gli ulteriori tre mesi circa, passati prima di stabilirsi nell’immobile acquistato, si erano resi necessari per arredarlo.
L’Ufficio appellato eccepisce la tardività dell’appello, nel merito rimarcando la non configurabilità di una ipotesi di forza maggiore nel caso di specie.
La questione pregiudiziale d’inammissibilità dell’appello è infondata alla luce della pacifica giurisprudenza sulla questione ex multis Cass. 24867/16, cui questo collegio intende aderire.
Nel merito l’appello è fondato.
Questo collegio è consapevole dell’orientamento espresso dal giudice di legittimità per il quale in tema di benefici fiscali cosiddetti “prima casa”, qualora il riconoscimento dell’agevolazione all’acquirente sia subordinato alla condizione che egli stabilisca la propria residenza nel territorio del Comune dove si trova l’immobile nei diciotto mesi successivi all’acquisto, il trasferimento costituisce un onere conformativo del potere dell’acquirente, il cui esercizio deve avvenire, a pena di decadenza, entro il termine normativamente previsto, sicché, ai fini del relativo decorso, nessuna rilevanza può essere attribuita ad impedimenti sopravvenuti, anche se non imputabili alla parte interessata (ex multis Cass. 2616/16). Né le sentenze indicate dagli appellanti in memoria supportano la tesi da loro invocata (salvo, ma solo in parte Cass. 864/16).
Tuttavia ritiene che ci siano ragioni d’ordine sistematico per rimeditare la linea interpretativa sopra riportata anche alla luce dei più recenti approdi del giudice di legittimità (Cass. 1314/16 e Cass.13346/16) e comunque ritenendo che la questione debba eventualmente essere decisa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sia per le oscillazioni interpretative che si registrano, sia per la massima importanza della questione per la vita sociale ed economica del Paese, in un momento storico di recessione e di crisi del mercato immobiliare e dell’accesso al credito.
Invero, l’orientamento ultimo del giudice di legittimità mostra un’apertura ed una diversa sensibilità nell’approcciarsi alla questione oggi in esame.
In particolare con le decisioni Cass.13148/16 (conf. 13346/16), dando continuità al consolidato orientamento, che consente il mantenimento del diritto all’agevolazione anche nei casi in cui il trasferimento della residenza nel Comune non sia stato tempestivo per causa di forza maggiore (Cass. sez. VI n. 864 del 2016; Cass. sez. VI n. 25 del 2016), precisa che il termine di mesi diciotto entro cui trasferire nel Comune la residenza è elemento costitutivo della fattispecie, non un termine entro cui esercitare un diritto a pena di decadenza secondo la disciplina prevista dall’art. 2964 ss. c.c. Il diritto all’agevolazione è stato cioè tempestivamente esercitato con la dichiarazione fatta al momento della registrazione della compravendita a mente dall’ad, 1, Parte Prima, Nota II bfs, lett. c), Tariffa allegata al D.p.r. n. 131/86 cit., mentre invece qui non si è realizzata la condicio Iuris prevista dall’art. 1, Parte Prima, Nota II b (s, lett. a), Tariffa allegata al D.p.r. n, 131 cit. per cui la prima casa deve essere ubicata nel Comune di residenza o quella alternativa del trasferimento della residenza nel Comune entro diciotto mesi.
Dunque cadono i rigori legati alla categoria concettuale della “decadenza” e si apre la diversa disciplina della condicio iuris.
Inoltre, il giudice di legittimità, nell’occasione, afferma il principio per il quale “è dall’ordinamento in effetti ricavabile una “generale regola” per cui non può essere preteso un comportamento quando lo stesso sia divenuto impossibile senza colpa di chi vi sia tenuto” (cfr. pag.4-5 motivazione), cioè ribadisce l’intramontabile principio di tradizione romanistica “ad imposibilia nemo tenetur”; in conseguenza conclude che “la forza maggiore è solo quella imprevedibile e sopravvenuta che non dipende da un comportamento addebitato anche solo a titolo di colpa”.
Dunque se la categoria dogmatica di riferimento, adottata dal giudice di legittimità è quella della “colpa”, che implica necessariamente un contributo causale anche minimo nella verificazione dell’evento in capo al contribuente, non si ritiene che essa possa essere evocata allorché sussistano ritardi dovuti a complicazioni burocratiche o a sistemi normativi antagonisti a quello fiscale (è il caso di Cass. n.13346/16 “…la circostanza che l’acquirente non abbia potuto trasferire la residenza nell’immobile per il mancato rilascio da parte del conduttore, nonostante la tempestiva comunicazione della disdetta, non costituisce causa di forza maggiore…”) che riducono all’impotenza il cittadino.
Neppure può adottarsi una interpretazione che non tenga conto del chiaro dettato, in tema di proprietà privata, dell’art.42 Cost, e mortifichi il relativo diritto fondamentale del cittadino, benché abbia copertura costituzionale; nella specie, infatti, viene addebitato, dal primo giudice, ai coniugi ……… di aver chiesto variazioni in corso d’opera per il loro miglior godimento dell’immobile acquistato, così contribuendo, con colpa, al superamento dei 18 mesi.
A tale proposito, preme ribadire l’antinomia ontologica e giuridica tra le categorie concettuali della “colpa” e dell’ “esercizio di un diritto”.
Neppure soddisfa la “via di fuga” offerta dalla decisione in commento, per la quale la condicio iuris si avvererebbe non solo con il trasferimento dell’acquirente nell’immobile de quo, ma anche con il suo trasferimento nel “comune” ove l’immobile è ubicato; cioè, per conservare il beneficio basterebbe “semplicemente” trasferire la residenza nel Comune dove la “prima casa” è ubicata, dimenticando il giudice di legittimità i “costi”, non solo economici, (pensiamo a famiglie con bambini e/o con anziani!) di un doppio trasloco, prima nel Comune in casa temporaneamente reperita e poi in quella acquistata.
Invece, deve condividersi, l’esegesi di Cass. 864/16 per la quale la causa di forza maggiore, idonea ad impedire la decadenza dell’acquirente che non abbia trasferito la propria residenza nel comune ove è situato l’immobile entro 18 mesi dall’acquisto, pur potendo riferirsi alla inutilizzabilità dello stesso per mancato compimento dei lavori o per mancato rilascio di titoli abilitativi, deve tuttavia essere caratterizzata dai requisiti della non imputabilità al contribuente, della necessità e della imprevedibilità. Detta linea interpretativa è propria anche di Cass. 8351/16 e in modo più esplicito di Cass. 14892/16, che espressamente indica il discrimen del mantenimento o meno dell’agevolazione nel comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile all’acquirente che ha determinato il ritardo. Nella specie è pacifico che il certificato di conformità è stato rilasciato dal Comune, in sostanza, a termine scaduto, altrettanto, pacifico che le pratiche urbanistiche sono state portate avanti correttamente dai proprietari impediti nei tempi dalla farraginosità delle pratiche burocratiche; infatti, l’addebito mosso ai contribuenti è di aver atteso qualche mese prima di stabilirsi nell’immobile, dopo aver ricevuto il certificato di conformità, circostanza questa irrilevante poiché, anche a prescindere dalla prospettata necessità di arredare l’abitazione di residenza, in ogni caso, i 18 mesi in questione erano già passati. L’accertamento in fatto, appena motivato, impone, dunque, di non individuare alcun elemento di colpa nelle condotte dei coniugi ……….., ai quali non è ascrivibile in alcun modo il ritardo, attese le risultanze processuali.
Considerata tuttavia la complessità delle questioni affrontate e la mancanza di una linea interpretativa limpida già consolidata, devono compensarsi le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
PQM
Accoglie l’appello; compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.
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