COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Emilia Romagna sez. 2 sentenza n. 976 depositata il 21 marzo 2017
Abuso del diritto – leasing nautico – condizioni – risparmio d’imposta sussiste – finalità carattere economico – sono necessarie – abuso di diritti fondamentali – pratiche abusive – non sussistono – onere della prova – incombe all’Ufficio.
Massima:
Al fine di accertare la sussistenza del carattere elusivo di contratti (nel caso di specie, di leasing nautico), tali da configurare la fattispecie dell’abuso del diritto, occorre verificare la presenza di pratiche elusive, consistenti nell’utilizzo di una forma giuridica finalizzata a conseguire, quale scopo principale, un risparmio d’imposta, anche se accompagnate da secondarie finalità di carattere economico. Ove il regolamento contrattuale asseritamente abusivo impinga diritti fondamentali, garantiti dall’ordinamento comunitario, trattandosi di tributi armonizzati, la prova dell’elusione è a carico dell’Ufficio cui incombe individuare e precisare gli aspetti e le particolarità che fanno ritenere l’operazione priva di reale contenuto economico diverso dal risparmio d’imposta e non limitarsi ad una mera e generica affermazione elusiva.
Intitolazione:
Leasing nautico – maxicanone iniziale – è tale – garanzia per l’intero costo – incombe all’acquirente – numero ridotto di canoni – prezzo finale di riscatto – irrisorietà – peculiarità del prodotto – esigenze del mercato – contratto – liceità – consegue – abuso del diritto – non sussiste.
Massima:
Nei contratti di leasing nautico, la presenza di un maxicanone iniziale in misura percentuale eccessivamente elevata in rapporto agli indici di normalità e dell’obbligo, posto a carico dell’utilizzatore, di prestare garanzie a copertura dell’intero costo dell’operazione di leasing, il ridotto numero dei canoni ed un prezzo finale di riscatto, tanto esiguo da rendere certa e non aleatoria la scelta finale dell’utilizzatore (facendo, con ciò, venir meno un elemento fondamentale del contratto di leasing) non implica necessariamente elusione fiscale, dovendosi tenere conto delle peculiarità del bene.
La difficoltà di collocazione delle imbarcazioni se non a fronte di elevato deprezzamento giustifica il maxicanone inziale volto ad evitare il pregiudizio del concedente che non potrebbe compensare, a fronte della sopravvenuta insolvenza del fruitore, la sua esposizione nei confronti del costruttore con la vendita del bene.
Intitolazione:
IVA – Leasing nautico – licenza di navigazione – non è necessaria – iscrizione nel Registro internazionale – non è necessaria – art. 8 bis, comma 1, lett. a) ed e), d.P.R. n. 633/72 – imponibilità – non consegue.
Massima:
L’assenza temporanea della licenza di navigazione dell’imbarcazione per la mancata iscrizione nel Registro internazionale, non ne comporta l’imponibilità ex art. 8 bis, comma 1, lett. a) ed e), d.P.R. n. 633/72: la norma, infatti, non pone quale condizione della non imponibilità, né l’ultimazione dei lavori di costruzione del bene né, tantomeno, che lo stesso sia fornito della licenza o iscritto presso il suddetto registro.
Sulla base dei rilievi emersi da un processo verbale di constatazione , l’Agenzia delle Entrate, Direzione regionale di Bologna, notificava, ad UL S.p.a., un awiso di accertamento per maggiore I.V.A. a debito, in relazione ad alcune operazioni di locazione finanziaria in campo nautico.
Testo
Nello specifico riteneva che i contratti ND759801, ND783541, ND795845, ND813971 e ND857255 fossero stati posti in essere con fini elusivi, mentre, relativamente al contratto ND780952, contestava l’emissione di fatture, da parte della società costruttrice nei confronti della contribuente e, da questa, nei confronti dell’utilizzatore, con applicazione della disposizione agevolativa I.V.A., prevista dall’articolo 8/bis, coma 1, lett. a) ed e), del DPR 633/72, non spettante in quanto relativa ad una imbarcazione per la quale non era stata ancora concessa la licenza di navigazione, né effettuata l’iscrizione al Registro Internazionale.
La maggiore imposta dovuta e l’applicazione delle correlate sanzioni erano conseguenti al disconoscimento dell’applicabilità degli articoli 7 ed 8 bis del D.P.R. 633r72.
La società proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna che lo accoglieva con sentenza n. 113/05/11 del 8 giugno 2011.
I giudici di prime cure fondavano il loro convincimento sul fatto che la società ricorrente aveva prodotto ragioni di prassi operativa da cui non era dato riscontrare motivi di illegittimità od irregolarità dei contratti oggetto di accertamento, mentre la ragioni addotte dall’Ufficio, circa il maxicanone iniziale e l’esiguità dell’opzione finale d’acquisto, che potevano ingenerare anche sospetti di elusione fiscale, non erano supportate da prove concrete ed incontrovertibili, atte a superare la condizione di mera presunzione.
Avverso la sentenza di primo grado, l’Agenzia delle Entrate ha proposto appello a questa Commissione Regionale chiedendone la riforma in una con la conferma della legittimità del proprio provvedimento.
Allo scopo, con primo motivo di gravame, deduce che i primi giudici hanno errato nell’accertamento della violazione di abuso del diritto atteso che le ragioni di prassi, considerate a discarico del contribuente, sostengono, invece, razione dell’Ufficio, poiché il vademecum 2010, unico elemento di prassi rinvenibile, considera indicatore di anomalia un’anticipazione finanziaria superiore al cinquanta per cento.
Contesta, altresì, l’erroneità di quanto affermato, nell’impugnata sentenza, circa il fatto che l’ufficio avrebbe dovuto produrre incontrovertibilmente prova che si versasse nella fattispecie di contratti di leasing simulati, poichè gli può essere richiesto solo di produrre, come ha prodotto, l’esistenza di elementi che portano ad escludere che la causa degli stipulati contratti consistesse nel fmanziamento a scopo di godimento del bene.
Con secondo motivo di gravame propone censura per il mancato riscontro della norma aggirata di cui all’articolo 7, comma 4, lett. f), del DPR 633r72, poiché il fatto che l’acquirente finale delle unità da diporto avesse già la necessaria disponibilità economica e l’avesse già messa a disposizione, con maxi acconto e coperture assicurative, dell’impresa costruttrice, fa emergere che la causa del negozio di leasing non era quella di ottenere finanziamenti, bensì di poter usufruire del vantaggio fiscale derivante dall’applicazione dell’IVA su un importo ridotto rispetto al valore imponibile della compravendita.
Con ulteriore motivo deduce l’erroneità della sentenza di primo grado per il mancato riscontro dei casi specifici contestati con l’avviso di accertamento.
Secondo l’ufficio appellante, infatti, a conte di numerosi elementi significativi, indicatori di una criticità permeava di sé le operazioni di leasing finanziario in contestazione, si da renderne evidente l’utilizzo meramente strumentale ai fini elusivi, i giudici di prime cure non hanno operato alcun riscontro in merito, limitandosi ad affermare che l’importo del maxi canone rientra nella sfera, meramente discrezionale, delle parti, non essendo normativamente prevista, sul punto, una specifica disciplina e l’esiguità del prezzo finale d’acquisto era conseguente alla copertura, della
quasi totalità dell’importo, dall’ammontare complessivo delle rate di canone.
Con ultimo motivo di gravame contesta, infine, l’omessa pronuncia sul recupero d’imposta, relativo al contratto ND780852, utilizzatrice la BE s.r.l., operato dall’ufficio relativamente alle fatturazioni riferite al periodo 01.03.2004/03.08.2004, poiché in tale periodo l’imbarcazione non era ancora dotata della licenza di navigazione e, pertanto, non versava nelle condizioni richieste per godere del trattamento di non imponibilità fiscale, previsto dall’articolo 8bis, coma 1, lett a) ed e), del DPR 633r72.
Resiste la contribuente UL S.p.a. e controdeduce sostenendo l’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio poiché fondato su fatti estranei al thema decidendum.
Secondo il contribuente, infatti, l’ufficio, per la prima volta nell’atto di appello, adduce che la Società altro non sarebbe che un mero soggetto interposto, con ciò modificando ed ampliando le ragioni fondanti la propria pretesa ed esplicitate nella parte motiva dell’avviso di accertamento. Quanto alla censura, proposta dall’ufficio appellante, alla sentenza di primo grado nella parte in cui ha assegnato, alla prassi operativa, l’idoneità a rappresentare un limite da opporre alla diversa interpretazione dell’Ufficio, oppone che la prassi operativa assunta come riferimento, altro non è che
quella proposta da UL nel proprio ricorso in primo grado ed ha, come riferimento, le disposizioni dettate dalle Circolari dell’Arnministrazione Finanziaria 76E1200 1, 49El2002 e, da ultimo, 39E12009.
Quanto alle clausole contrattuali, definite anomale dall’ufficio impositore, sulle quali il medesimo ha fondato il proprio convincimento circa il comportamento a fini elusivi posto in essere dal contribuente, ne oppone la perfetta compatibilità con la struttura e la fisionomia del contratto di locazione finanziaria, recando disposizioni contrattuali coerenti con il predetto schema negoziale, quali la previsione di clausole di inversione del rischio e di un diritto di opzione al termine della locazione.
Conclude, sul punto, osservando che l’ufficio ha fornito un’interpretazione parziale e riduttiva dei contratti,e, quindi, non aderente alla realtà effettuale, avendo considerato isolatamente i singoli elementi, anziché interpretare sistematicamente le disposizioni contrattuali , nella loro reciproca interconnessione.
Quanto alla contestazione di abuso del diritto sollevata dall’ufficio, oppone che siffatta fattispecie si concreta quando si pongono in essere operazioni che non rientrano nell’ambito di transazioni commerciali normali. bensì volte al solo scopo di beneficiare abusivamente di vantaggi previsti dal diritto.
Ma la clausola generale antiabuso non può mai essere opposta al contribuente per impedirgli di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permetta di limitare la sua contribuzione fiscale.
Pertanto, quando l’Ufficio ritenga che siano state poste in essere operazioni finalizzate al mero conseguimento di risparmi d’imposta, non può, come puntualmente osservato dai giudici di prime cure, limitarsi ad enucleare sospetti di elusione, ma deve fornire la prova sia del disegno elusivo, sia delle modalità di alterazione e manipolazione degli schemi negoziali classici, tali da doverli considerare irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale.
Sostiene, inoltre, la legittimità della sentenza appellata nella parte in cui ha annullato il secondo rilievo, recato nell’avviso di accertamento, circa l’inapplicabilità del regime di non imponibilità, di cui all’articolo 8bis, primo comma, lett. a) ed e), del DPR 633/’72, relativamente al contratto n. ND 780852 concluso con la società Blue Eyes.
A fronte dell’affermazione dell’uficio che l’applicazione dei benefici richiamati è subordinata al concreto ed attuale utilizzo dell’imbarcazione in attività commerciale, nonché all’iscrizione del bene nel registro internazionale, oppone che la richiamata disposizione normativa non prevede l’esistenza di alcuna delle condizioni poste dall’ufficio per l’applicazione dell’agevolazione tributaria richiedendo che l’imbarcazione sia, semplicemente, destinata all’esercizio di attività commerciale.
A sostegno delle proprie argomentazioni il contribuente richiama quanto riportato, in merito, dalla Circolare 381E12009 e quanto espresso dall’Agenzia delle Entrate nella guida ” Nautica e Fisco “, pubblicata nel mese di ottobre 2005.
In via subordinata, ove la Commissione ritenesse fondato l’appello dell’ufficio, propone appello incidentale sostenendo l’illegittimità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha, implicitamente, respinto la richiesta di annullamento dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione ed eccesso di potere per manifesta contraddittorietà della parte motiva, richiamando, allo scopo, le censure già proposte nel ricorso di primo grado.
In ulteriore subordine richiede, come già opposto in sede di ricorso introduttivo, la dichiarazione di di parziale illegittimità dell’avviso di accertamento in quanto recante una pretesa fiscale non correttamente quantificata e la dichiarazione di illegittimità delle sanzioni irrogate per omessa regolarizzazione delle fatture emesse dal fornitore ex articolo 8bis del DPR 633P72, e delle sanzioni complessivamente irrogate per esistenza di cause di non punibilità.
Osserva, il Collegio, che nella valutazione dei cinque contratti di leasing in contestazione, al fine di accertare la sussistenza del carattere elusivo, che tipizza l’abuso, deve farsi riferimento ai principi di diritto enunciati e, in più occasioni, confermati dalla Corte di Giustizia Europea e dalla Corte di Cassazione, secondo cui, in tema di I.V.A., le pratiche abusive, consistenti nell’utilizzo di una forma giuridica o di un regolamento contrattuale, finalizzate a conseguire, quale scopo principale, un risparmio d’imposta, anche se accompagnate da secondarie finalità di carattere economico, riguardano l’abuso di diritti fondamentali, garantiti dall’ordinamento comunitario, trattandosi di tributi armonizzati,e ” I’individuazione dell’impiego abusivo di una forma giuridica incombe all’amministrazione finanziaria, la quale non dovrà limitarsi ad una mera generica affermazione, ma dovrà individuare e precisare gli aspetti e le particolarità che fanno ritenere l’operazione priva di reale contenuto economico diverso dal risparmio d’imposta “(CASS. n. 25374 del 17.10.2008).
Non ogni risparmio d’imposta è, quindi, tout court qualificabile come indebito, versandosi in tale condizione quando ottenuto attraverso il superamento, od abuso, del vantaggio riconosciutogli espressamente da una norma, andando a perseguire un vantaggio disapprovato dal sistema, mentre non incontra censura quando il contribuente, fra due o più alternative che l’ordinamento gli mette a disposizione, sceglie la forma giuridica fiscalmente meno onerosa.
Secondo l’ufficio il carattere elusivo dei cinque contratti di leasing in contestazione sarebbe testimoniato dal fatto che le specifiche clausole pattizie applicate, nella loro anomalia snaturavano le caratteristiche proprie del contratto di leasing, facendo emergere che la causa dei negozi non era quella tipica di ottenere finanziamenti, ma di poter usufruire dei vantaggi fiscali conseguenti all’applicazione delle disposizioni agevolative recate dall’articolo 8 bis , comma 1, lett. a) ed e), del DPR 633r72.
In concreto sostiene che le anomalie riscontrate riguardano la presenza di un maxicanone iniziale in misura percentuale eccessivamente elevata in rapporto agli indici di normalità, l’obbligo, posto a carico dell’utilizzatore, di prestare garanzie a copertura dell’intero costo dell’operazione di leasing, il ridotto numero dei canoni ed un prezzo finale di riscatto tanto esiguo da rendere certa e non aleatoria la scelta finale dell’utilizzatore, facendo, con ciò, venir meno un elemento fondamentale del contratto di leasing.
Si rileva, sul punto, che le presenti contestazioni, sollevate dalla Direzione Regionale di Bologna dell’Agenzia delle Entrate, sono state formulate, in occasione di verifiche di contratti di leasing nautico, anche da altre Direzioni regionali e provinciali ed hanno dato origine a controversie sottoposte alla cognizione di numerose Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali, ivi compresa anche questa Commissione Regionale, che con giurisprudenza presso che costantemente uniforme, hanno riconosciuto la legittimità dei contestati contratti.
Invero, nella valutazione dei contratti di leasing afferenti il settore nautico, non può non tenersi conto della peculiarità e degli elementi caratterizzanti il settore che, proprio per queste motivazioni, è stato oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore che, con riguardo all’imposizione IVA, gli ha riservato particolari agevolazioni che, con la conseguente riduzione dei costi a carico del consumatore finale, hanno consentito, alle impresa del settore, di superare un periodo di gravi difficoltà, ritornando ad essere fortemente competitive nel mercato delle costruzioni di imbarcazioni, ove il prodotto finito, di un certo pregio, risponde ad esigenze eminentemente soggettive, diverse da cliente a cliente, sia con riguardo alle caratteristiche tecnico-strutturali, sia all’assetto medativo ed accessoriale.
Un siffatto prodotto, soprattutto, ma non solo, quando trattasi di un bene di rilevante costo, si rivolge ad una limitata clientela che, proprio per il sacrificio economico che deve sopportare, lo vuole pienamente rispondente alle proprie specifiche esigenze.
A ciò deve aggiungersi l’ulteriore considerazione che riguarda l’incessante procedere dell’innovazione tecnologica e dei materiali.
Tutti questi elementi conducono ad una condizione di mercato ove l’offerta di prodotti già finiti, non solo già utilizzati ma anche di nuova costruzione, trovano difficile collocazione se non a fronte di elevato deprezzamento, per cui, nei contratti de quibus, il concedente, a fronte della sopravvenuta insolvenza del fruitore, si troverebbe esposto ad un rischio economico di rilevanti dimensioni, non potendo compensare, con la vendita del bene, la sua esposizione nei confronti del costruttore.
Ne deriva, quindi, che, per accedere alla stipulazione di un contratto di leasing nautico, , il concedente, o locatore, in forza dell’autonomia prevista dall’articolo 1322 del cod. civ., in quanto contratto atipico, esiga l’apposizione di clausole che lo tengano indenne in caso d’insolvenza del fruitore.
E questa esigenza ha trovato, nei singoli contratti di leasing in contestazione, diversi livelli di risposta che coincidono con il punto d’incontro fra l’interesse del concedente e quello dei fruitori che hanno, probabilmente, ritenuto che gli oneri da sopportare per il maxicanone iniziale, per le coperture assicurative o per la non elevata diluizione nel tempo del numero dei canoni mensili, trovassero adeguata compensazione nel risparmio fiscale che ne conseguiva.
Sul punto il Collegio ritiene, quindi, che le circostanze evidenziate dall’ufficio non appaiono configurare condizioni di anomalia per i contratti di leasing nel settore della nautica per imbarcazioni di elevato valore e, pertanto, non significative di intento elusivo.
Quanto al contratto ND 780502, relativamente al quale l’ufficio, per le fatture emesse quando l’imbarcazione non era ancora dotata della licenza di navigazione e non era stata iscritta nel Registro internazionale, chiede la conferma dell’inapplicabilità del regime di non imponibilità fiscale, previsto dall’articolo 8his , comma 1, lett. a) ed e), del DPR 633/72, osserva, il Collegio, che quanto sostenuto dalllUfficio appellante non trova conforto nella disposizione della richiamata norma che non pone, quale condizione della non irnponibilità, né l’ultimazione dei lavori di costruzione del bene, né che lo stesso sia fornito della licenza di navigazione o dell’iscrizione al Registro internazionale, ed inoltre si pone in contrasto con quanto previsto dalla Circolare 381E del 22.07.2009, con la quale l’Agenzia delle Entrate, con riferimento ai canoni di leasing corrisposti antecedentemente alla materiale consegna dell’imbarcazione, perchè in fase di costruzione, od utilizzazione, perchè ancora sprovvisia di licenza di navigazione, ha disposto che anche a questi canoni, definiti di prelocazione, debbono applicarsi i parametri forfettari definiti con Circolare N. 4912002, secondo quanto indicato nella risoluzione n. 28512007, salvo eventuale recupero, della maggiore imposta, in caso di non utilizzazione dell’imbarcazione fuori delle acque territoriali comunitarie ovvero, all’interno di queste ultime, in misura maggiore rispetto da percentuale applicata nella fase di pre locazione.
La decisione sulle istanze principali esime dalla pronuncia sulle domande subordinate proposte dal contribuente con appello incidentale.
La natura interpretativa della controversia giustifica la compensazione, fra le parti, delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Respinge l’appello. Spese compensate.
Bologna, 25 marzo 2015
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