Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sez. 10 sentenza n. 273 depositata il 18 gennaio 2018
COSTI PUBBLICITARI PER EVENTI SPORTIVI – DIFFUSIONE MARCHIO – SOCIETà CARTIERA – RESTITUZIONE SOLDI IN CONTANTI – CONTENUTO PEN DRIVE – ELEMENTO ATIPICO E INDIZIARIO – ACCORDO FRAUDOLENTO – NON SUSSISTE
FATTO
La presente controversia ha come oggetto l’avviso di accertamento n. X , emesso, per l’anno di imposta 2008, nei confronti della società “S SPA, società che si occupava della produzione e commercializzazione di utensileria e ferramenta professionale, della siderurgia e di prodotti per la pavimentazione stradale. E, al fine di diffondere la conoscenza del proprio marchio presso potenziali acquirenti, sponsorizzava eventi sportivi.
L’Ufficio, sulla base dei processo verbale di constatazione redatto in data 19/07/2013 dalla Guardia di Finanza – Compagnia di Benevento, riprendeva a tassazione, costi indeducibili a fronte di operazioni oggettivamente inesistenti, per un importo di €.100.000,00, e la corrispondente Iva (ad aliquota del 20%), indebitamente detratta, pari ad €. 20.000,00.
In particolare, tali costi erano afferenti a prestazioni di servizi ricevuti nel campo delle sponsorizzazioni sportive, e precisamente, si riferivano a quattro fatture (la prima n. 158 del 10109/2008, la seconda n. 165 del 01110/2008, la terza n. 178 del 03/11/2008 e la quarta n. 204 del 01/12/2008, tutte di imponibile pari ad E. 25.000,00 ed iva al 20%), emesse dalla società fornitrice ” P S.r.l.”, società che, a seguito di indagini condotte dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Alessandria, era risultata fare parte di un’associazione a delinquere, finalizzata al compimento di reati tributari che, nello specifico, consistevano nell’emissione e nell’annotazione di fatture per operazioni inesistenti.
La CTP di Roma, con la sentenza n. 27622/54/15, pur riconoscendo che, l’importo concordato per le sponsorizzazioni, nella misura concordata in fattura, apparisse “palesemente ed certamente eccessivo, rispetto ai corrente valore di mercato”, accoglieva il ricorso di parte, sostenendo che, l’Amministrazione “non sembra aver fornito una pluralità di elementi, pienamente convergenti in senso indiziario, sintomatici dell’inesistenza oggettiva delle operazioni riportate nelle fatture contestate, ma soltanto apodittiche affermazioni, non supportate dall’esibizione di documenti…”. Secondo i giudici di primo grado, le circostanze richiamate dall’Amministrazione, come la qualità di “cartiera” della “Proforma S.r.l.”, e la retrocessione delle somme ricevute da parte della società ricorrente, non erano fornite di prova.
Avverso detta sentenza propone appello l’Agenzia delle entrate DP I di Roma, per chiederne, mediante varie argomentazione, nonche’ mediante la produzione di documentazione, la riforma, insistendo nel sostenere di aver prodotto idonei elementi di prova a sostegno del proprio accertamento.
Si costituisce in giudizio la società contribuente per chiedere, con le proprie controdeduzioni, il rigetto del gravame.
La causa viene trattata in pubblica udienza, essendo stata presentata regolare istanza in tal senso.
All’udienza odierna sono presenti ii difensore del contribuente e il rappresentante dell’Ufficio.
DIRITTO
Questa Commissione ritiene che l’appello dell’Ufficio sia infondato e vada, pertanto, respinto.
E, invero, non puo’ condividersi l’argomentazione dell’Ufficio laddove afferma la natura di cartiera della P s.r.l., in quanto detta società sarebbe dedita, nel gestire il proprio conto corrente, a cambiare gli assegni ricevuti dai propri clienti e a restituire una parte del compenso incassato. La prova (o pretesa tale) dell’accordo fraudolento conclusa tra la proforma e la S e’ rappresentato dal contenuto di una pen drive rinvenuta dalla GdF dalla quale risulterebbe che tale OG aveva restituito dei soldi in contanti alla S.
Si tratta, infatti, di un elemento meramente indiziario che non raggiunge quel livello minimo di attendibilità richiesto dagli artt 39, comma 1, lett d) DPR 600/73 e 54 DPR 633/72 e dagli artt. 2727 e 2729 c.c. per ammettere l’utilizzo in sede tributaria delle presunzioni semplici.
Come e’ noto, in tanto un accertamento analitico-induttivo e’ legittimo in quanto il ragionamento inferenziale assuma a dato di partenza un fatto noto dal quale risalire al fatto ignoto, ed in quanto gli elementi Indiziari siano gravi, precisi e concordanti.
Nella specie:
– il dato di partenza noto non e’, essendo stato soltanto enunciato ma non dimostrato che il file contenesse l’indicazione fornita dalla Polizia tributaria;
– il fatto che qualcuno abbia scritto in un. file (di cui non si conosce meglio il contenuto) di avere restituito delle somme non prova di per se’ che la retrocessione delle somme sia effettivamente avvenuta;
– inoltre, a detta della stessa Polizia tributaria, non tutte le somme sarebbero state retrocesse alla Società ma solo alcune, senza neppure specificare di quale entità, in quale anno, ed a chi;
– non e’ dato meglio sapere chi siano i signori RC ed OG;
– non e’ dato sapere, inoltre, quale rapporto di lavoro legasse l’uno (il C all’altro (il G );
– la stessa, fantomatica pen drive e’ una prova atipica priva di per se’ di un valore dimostrativo univoco.
A fronte di quest’unico elemento, la società S ha potuto dimostrare, a sostegno delle proprie doglianze, tutta una serie di prove documentali (il contratto di sponsorizzazione del 31 marzo 2008; il contratto integrativo del 10 ottobre 2008; la visura camerale della P; le stesse fatture emesse da quest’ultima, i bonifici bancari effettuati dalla S ) e fotografiche attestanti, quest’ultima l’apposizione del marchio sulle monoposto partecipanti alle gare sportive organizzate dalla P
Sulla base della documentazione prodotta il Collegio ha potuto formarsi il convincimento che il costo sostenuto dalla Società era vero ed effettivo, ed era di conseguenza fiscalmente deducibile ai fini Ires come ai fini Irap.
Consegue pure che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio, questo stesso costo sia congruo.
E, d’altra parte, non potrebbe presumersi l’inesistenza delle prestazioni solo perche’ l’importo e’ elevato, tenuto conto dell’efficacia pubblicitaria degli eventi.
Infatti resta nell’ambito della discrezionalità imprenditoriale valutare l’adeguatezza del ritorno pubblicitario rispetto agli investimenti effettuati.
Infine, va ricordato che, anche ai fini IVA, l’imposta addebitata e’ fiscalmente detraibile. Cio’ anche tenuto conto del principio secondo cui il diritto di detrazione “costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e in linea con principio, non puo’ essere soggetto a limitazioni (CGCE, sentenza del 21 marzo 200, causa riunite C-110/98 e C-147/98, Galbafrisa, punto 43).
In conclusione, l’appello dell’Agenzia delle entrate DP I di Roma deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata la sentenza di primo grado.
Le spese del grado possono essere compensate tra le parti tenuto conto della natura della presente controversia e della peculiarità delle questioni trattate.
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale del Lazio – Sezione 10a, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, cosi’ dispone:
“La Commissione rigetta l’appello; compensa le spese dei grado”.
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