Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 611 depositata il 12 febbraio 2016
N. 00611/2016REG.PROV.COLL.
N. 06285/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6285 del 2015, proposto dalla s.r.l. M. S. A. e C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Melucci e Italo Rocco, con domicilio eletto presso il signor Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;
contro
Il Comune di San Martino Buon Albergo, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Rigobello e Stefano Gattamelata, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Stefano Gattamelata in Roma, via di Monte Fiore, n. 22;
nei confronti di
La s.n.c. O. di B. M. e Co.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. I n. 385/2015, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio biennale di gestione dei cimiteri comunali;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Martino Buon Albergo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2016 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti l’avvocato Ettore Notti, su delega degli avvocati Antonio Melucci e Italo Rocco, e l’avvocato Stefano Gattamelata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di San Martino Buon Albergo aveva indetto una gara con il sistema della procedura aperta, per la gestione biennale dei servizi cimiteriali, da aggiudicarsi al prezzo più basso, gara cui partecipavano sette concorrenti.
La stazione appaltante, sottoposte a verifica le offerte delle prime due classificate, aggiudicava definitivamente la gara alla s.n.c. O. di B. M., prima classificata.
La s.r.l. M. S. A. e C., risultata seconda graduata con un ribasso del 26,914%, proponeva il ricorso n. 1439 del 2014 davanti al TAR del Veneto, deducendo tre motivi di censura.
2. Con la sentenza n. 385 del 10 aprile 2015, il TAR respingeva il ricorso, affermando in primo luogo l’infondatezza della prima censura con la quale la s.n.c. Melillo contestava il possesso dei requisiti tecnici da parte dell’aggiudicataria, poiché il certificato camerale di O. di B. M. S.n.c., depositato in atti, ne attestava l’attività riconducibile al Codice Ateco 96.03.00, codice che costituisce un’unica categoria di iscrizione per tutte le attività “cimiteriali”, categoria cui risultavano iscritte sia la controinteressata sia la ricorrente.
Poiché il bando di gara circa il possesso del requisito tecnico, in ossequio al principio della massima partecipazione, prevedeva unicamente l’iscrizione presso la camera di commercio per lo svolgimento dell’attività in questione (inquadrata nel codice Ateco riportato), la richiesta del possesso di ulteriori e più specifiche competenze professioni significava superare illegittimamente le previsioni del bando attraverso un’attività additiva dell’articolato di gara.
In secondo luogo il TAR ha respinto in fatto la censura sul mancato possesso da parte della controinteressata dell’autorizzazione per il trasporto per conto terzi di rifiuti (i resti umani provenienti da esumazione ed estumulazioni).
Il giudice di primo grado ha dato rilievo all’iscrizione della controinteressata nell’albo dei gestori ambientali con il codice CER 20.02.03, che abilita e si riferisce ad attività di smaltimento e trasporto relativo ai residui conseguenti ad esumazione ed estumulazione.
In terzo luogo, il TAR ha ritenuto infondato il motivo con il quale il ricorrente contestava le giustificazioni fornite dalla controinteressata in merito all’importo offerto.
La sentenza impugnata richiamava sia la pacifica giurisprudenza secondo cui il giudice amministrativo può censurare la valutazione espressa dalla stazione appaltante unicamente nel caso in cui tale giudizio sia, all’evidenza, contraddittorio, illogico, incoerente ovvero affetto da gravi e palesi errori di fatto, sostituendosi altrimenti alla discrezionalità propria della pubblica amministrazione, sia il principio secondo cui il giudizio positivo sulle giustificazioni non richiede una puntuale ed analitica disamina di tutte le ‘voci’ del contratto, costituendo altrimenti un’inammissibile integrale ripetizione delle operazioni valutative compiute dalla stazione appaltante.
3. Con appello in Consiglio di Stato notificato l’11 luglio 2015, la s.r.l. M. S. A. e C. impugnava la sentenza in questione, deducendo le seguenti censure:
a) Error in iudicando, carenza del requisito di iscrizione al registro della camera di commercio per le attività oggetto di appalto. Il bando di gara aveva come oggetto una serie di attività cimiteriali che andavano ben oltre i soli servizi di esumazione e dunque si deve specificare che il codice ATECO non era utile per identificare le attività richieste, né il disciplinare menzionava tale sistema di codifica, in quanto avente una funzione statistica una funzione statistica; esso è un elemento convenzionale che raggruppa per materia varie attività, ma in nessun caso legittima l’estensione oggettiva dell’iscrizione a tutte le attività astrattamente riconducibili ad un determinato codice, né autorizza un soggetto a svolgere tali altre attività difetto di autorizzazione ovvero di iscrizione nell’oggetto sociale.
b) Error in iudicando, errore di fatto, carenza del requisito di autorizzazione al trasporto rifiuti conto terzi. L’iscrizione nell’albo dei gestori ambientali con il codice CER 20.02.03 non dimostra il possesso del requisito in rubrica, poiché tale codice fa riferimento a rifiuti non biodegradabili, mentre i rifiuti provenienti dalle operazioni cimiteriali derivanti da esumazioni ed estumulazioni sono compatibili con altri codici.
c) Error in iudicando, errore di fatto. Venivano mosse una serie di critiche sulla ricostruzione dei poteri del giudice amministrativo operata dal Tar e veniva ribadita l’incongruità dei costi rappresentante della ditta aggiudicataria, precisando che al personale addetto ai servizi cimiteriali non va applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro degli addetti al servizio di pompe funebri, ma quello dei servizi di pulizia, disinfestazione, etc.; non si tratta di un errore meramente formale poiché i costi orari sono del tutto differenti e soprattutto rispetto a quelli rappresentati dalla O. di B. M. snc. Inoltre l’aggiudicataria per giustificare il proprio ribasso ha allegato una serie di preventivi non firmati del tutto indeterminati nel loro oggetto. E’ evidente che tali giustificazioni non potevano essere accettate.
L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.
Si è costituito in giudizio il Comune di San Martino Buon Albergo, sostenendo l’infondatezza dell’appello, mentre non si è costituita l’aggiudicataria s.n.c. O. di B. M..
All’udienza del 21 gennaio 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. L’appello è complessivamente infondato ed il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dalle conclusioni del giudice di primo grado.
L’art. 15, lett. b), del bando di gara, la cui violazione viene dedotta nel primo motivo di censura, stabilisce che le imprese partecipanti devono essere in possesso dell’iscrizione nel registro della camera di commercio, industria, artigianato, agricoltura per attività attinente l’appalto: l’aggiudicataria ed attuale controinteressata O. di B. M. Snc ha prodotto in gara il certificato camerale attestante quale propria attività prevalente quella dei «servizi cimiteriali di esumazione salme», attività che rientra inequivocabilmente nel codice Ateco 96.03.00, codice in cui rientrano le attività cimiteriali.
Il bando – nel prevedere il requisito per le imprese partecipanti dell’iscrizione alla camera di commercio per attività «attinente l’appalto» – non può che essere interpretato alla luce del principio della massima concorrenza, come l’essere esercenti almeno una delle attività tipiche del servizio posto in gara; e si deve anche aggiungere che l’indicazione dell’attività prevalente implica l’inclusione di altre attività tipiche del settore.
Poiché il bando non è stato impugnato, non si possono in questa sede porne in discussione i contenuti, eventualmente l’ampiezza dei requisiti rispetto ai servizi specifici, ma in ogni caso l’interpretazione letterale non può che confermare la legittimità della mancata esclusione e quindi, conseguentemente, dell’aggiudicazione.
Altrettanto infondato è il secondo motivo, concernente il codice CER 20.02.03 sotto il quale l’aggiudicataria è iscritta nell’albo dei gestori ambientali, codice che ad avviso dell’appellante non abilita allo smaltimento e trasporto di resti umani conseguenti ad esumazioni ed estumulazioni, visto che tale codice fa riferimento a rifiuti non biodegradabili.
Le imprese iscritte all’albo dei gestori ambientali con tale codice sono abilitate al trasporto ed allo smaltimento dei rifiuti non biodegradabili o non compostabili, derivati appunto da esumazioni ed estumulazioni, ed in primo luogo tra i derivati non sono certo compresi i resti umani che vanno traslati altrove o raccolti comunque altrimenti e naturalmente non possono essere considerati rifiuti.
Gli altri residuati di tali operazioni non possono che rientrare nella categoria del non biodegradabile, sia per ragioni di logica, sia perché la ricostruzione minuziosa operata dall’appellante circa i codici 17.01.07, 20.01.11, 20.01.38 e 20.01.40 appare una ricostruzione che non si basa né sulla lettera della disposizione – si vedano gli allegati al codice dell’ambiente – né a ragioni di sostanza, poiché i richiami a prodotti tessili, miscugli di mattoni o metalli, risultano essere una mera ipotesi, quindi la censura non appare nemmeno efficacemente provata.
Destituito di fondamento è il terzo motivo con il quale la s.r.l. Melillo sostiene che al personale addetto ai servizi cimiteriali non va applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro degli addetti al servizio di pompe funebri, ma quello dei servizi di pulizia, disinfestazione, etc., con innegabili conseguenze sull’offerta economica dell’aggiudicataria.
Al di là delle osservazioni svolte dal giudice di primo grado circa le correlazioni tra legge di gara e c.c.n.l. da applicare al personale addetto ai servizi e sui contenuti delle motivazioni sulla congruità di un’offerta economica, si rileva innanzitutto che la tesi dell’appellante non è suffragata dalle caratteristiche del servizio posto in gara, laddove i servizi di pulizia o di disinfestazione sono parte del tutto minoritaria dell’intera prestazione che viene richiesta.
5. Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere dunque respinto.
Le incertezze che possono derivare dall’uso dei codici camerale e del D. Lgs. n. 152 del 2006 permettono di compensare le spese di lite anche in questa fase di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 6285 del 2015, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate del secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Fabio Franconiero, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore
Oreste Mario Caputo, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/02/2016
IL SEGRETARIO
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