AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 13 gennaio 2022, n. 19

Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Regno Unito. Applicazione della ritenuta convenzionale ai partecipanti a un fondo fiscalmente trasparente

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

Quesito

Alfa (in breve, “istante”) è una società di gestione del risparmio appartenente al gruppo Gamma, autorizzata e regolamentata nel Regno Unito dalla Financial Conduct Authority.

L’istante ha istituito un Pooling Vehicle, nella forma di Authorised Contractual Scheme, denominato Alfa Gamma ACS (di seguito, “AG-ACS”), al fine di consentire a una pluralità di investitori istituzionali la diversificazione dei rispettivi investimenti.

Un Authorised Contractual Scheme (ACS) è uno schema contrattuale disciplinato dalla normativa britannica, privo di personalità giuridica, consistente in una forma d’investimento collettivo di attività finanziarie, detenute e gestite per conto di più investitori che sono comproprietari delle attività stesse.

In base alla regolamentazione britannica, un ACS ha un soggetto gestore, responsabile della gestione della comproprietà e dei fondi apportati dai partecipanti in base al contratto. Inoltre, un ACS usufruisce dei servizi di un depositario, responsabile

della custodia delle attività dei partecipanti detenute in comproprietà e deputato all’acquisto e alla vendita delle attività per conto degli investitori su indicazione del gestore.

Sul piano fiscale, un ACS non è soggetto a imposta in quanto tale e non rientra quindi tra i soggetti passivi delle imposte sui redditi, risultando fiscalmente trasparente. Ogni partecipante, pertanto, è direttamente responsabile per le sue imposte (con le proprie aliquote), relative alla rispettiva quota dei redditi conseguiti attraverso l’ACS.

Conformemente al descritto schema negoziale, nella fattispecie in esame, gli investitori detengono quote di AG-ACS, anziché detenere direttamente le azioni in cui è investito il relativo patrimonio.

Tra gli investitori, figura anche Delta, una società fiscalmente residente nel Regno Unito.

Poiché AG-ACS detiene anche azioni di società fiscalmente residenti in Italia, il dubbio interpretativo prospettato dall’istante attiene al trattamento fiscale dei dividendi erogati dalle stesse, con particolare riferimento all’applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra Italia e Regno Unito, firmata a Pallanza il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329 (nel prosieguo, “Convenzione” o “Trattato”).

In applicazione della normativa italiana, infatti, i dividendi corrisposti ad AG- ACS, soggetto non residente, scontano una ritenuta del 26 per cento ai sensi dell’articolo 27, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Tuttavia, Alfa chiede se, tenuto conto della natura fiscalmente trasparente di AG- ACS, gli stessi dividendi possano essere assoggettati alla ritenuta del 15 per cento prevista dall’articolo 10 del Trattato, applicato nei confronti degli investitori fiscalmente residenti nel Regno Unito, in generale, e, nello specifico, di Delta.

Per completezza espositiva, l’istante tratta anche l’eventualità che ai medesimi dividendi possa applicarsi l’esenzione disposta dall’articolo 1, comma 631, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021), nonché il trattamento previsto dalla Convenzione direttamente nei confronti di AG-ACS.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

L’istante osserva come, nel caso di specie, non possa trovare applicazione l’esenzione introdotta dalla legge di bilancio 2021, che ha modificato l’articolo 27, comma 3 (ultimo periodo), del D.P.R. n. 600/1973, stabilendo che “la ritenuta di cui al primo periodo non si applica sugli utili corrisposti a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) di diritto estero”. L’esenzione, infatti, è riservata ai fondi esteri “conformi alla direttiva 2009/65/CE” o comunque “istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni, di cui non fa (più) parte il Regno Unito.

Alfa, inoltre, esclude che AG-ACS possa direttamente invocare l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato tra Italia e Regno Unito, non integrando la nozione di persona residente disposta dall’articolo 4 della medesima Convenzione.

A parere dell’istante, tuttavia, i benefici convenzionali potrebbero essere riconosciuti in capo agli investitori di AG-ACS, in ossequio ai principi elaborati dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria.

A tal fine, rinvia ai chiarimenti resi nella circolare 30 marzo 2016, n. 6/E, in cui si ammette che, stante in linea generale la natura di entità fiscalmente trasparenti dei fondi in base alla legislazione dello Stato in cui sono localizzati, al ricorrere di specifiche condizioni, gli investitori possono invocare direttamente i benefici convenzionali. La circolare, a sua volta, rimanda ai chiarimenti sulla cd. “trasparenza economica” e sulla “trasparenza fiscale” forniti nelle risoluzioni 27 gennaio 2006, n. 17/E e 21 aprile 2008, n. 167/E e, da ultimo, nella circolare 3 giugno 2015, n. 21/E.

In questi ultimi documenti, viene valorizzata la trasparenza economica al fine di ammettere l’applicazione del Trattato tra lo Stato della fonte e lo Stato di residenza dei partecipanti beneficiari finali dei dividendi.

Nello specifico, la trasparenza economica presuppone la distribuzione con cadenza almeno annuale della liquidità generata dai frutti o dal realizzo degli investimenti ai partecipanti e il loro assoggettamento a tassazione.

La trasparenza fiscale, invece, è connotata dalla imponibilità in capo ai partecipanti, nel rispettivo ordinamento, dei redditi conseguiti dal veicolo, a prescindere dalla distribuzione.

L’istante precisa che, nella fattispecie in esame, non sarebbe applicabile il principio di trasparenza economica, in quanto non sussiste alcun vincolo statutario che imponga ad AG-ACS la distribuzione con cadenza annuale degli utili di gestione ai sottoscrittori.

Tuttavia, Alfa ritiene che la condizione della distribuzione annuale non sia necessaria, ma debba intendersi come alternativa a un regime di trasparenza fiscale che implichi un’imputazione diretta e automatica dei proventi dal fondo ai suoi partecipanti, cui sono fiscalmente attribuiti.

In presenza di un regime di trasparenza come quello descritto, infatti, non occorre una sistematica distribuzione che garantisca l’assoggettamento a tassazione dei redditi materialmente percepiti, poiché tale assoggettamento è già realizzato dall’immediata imputazione ai partecipanti. Peraltro, la condizione dell’imposizione in capo agli investitori deve essere intesa conformemente al significato convenzionale, ossia come attribuzione del reddito ai fini della assoggettabilità a tassazione, anche solo potenziale.

A parere di Alfa, la verifica del diritto ai benefici convenzionali in capo all’investitore prescinde da un mero criterio di cassa, ma implica che lo Stato della fonte, in presenza di entità trasparenti, prenda in considerazione la tassazione del reddito nella giurisdizione del contribuente che invoca i benefici del Trattato come residente (come chiarito nel Commentario OCSE all’articolo 1 del Modello di Convenzione 2014, paragrafo 6.3).

Se tale ultimo Stato – come avviene nel Regno Unito – imputa il reddito direttamente al partecipante, allora quest’ultimo deve considerarsi come ivi assoggettabile ad imposta e quindi avente diritto al trattamento convenzionale (come precisato nel Report “The Application of the OECD Model Tax Convention to Partnerships”, in seguito “Partnership Report”, al paragrafo 53).

L’istante ritiene che la condizione del generico investitore istituzionale residente nel Regno Unito e, nello specifico, di Delta sia paragonabile a quella dei soci di società italiane cui si applica il regime di trasparenza, in quanto attraverso la partecipazione in AG-ACS, come attraverso la partecipazione nelle società trasparenti italiane, il reddito viene automaticamente attribuito e tassato in capo al beneficiario.

Peraltro, la caratterizzazione, l’imputazione a periodo e la fonte del reddito rispetto ai partecipanti sono determinate (ai fini dell’ordinamento fiscale britannico) come se il reddito originario fosse stato direttamente conseguito nel momento in cui e dalla fonte da cui l’ACS l’ha ricevuto. L’eventuale successiva distribuzione agli investitori darebbe, pertanto, luogo a una movimentazione finanziaria di somme che già hanno esaurito la propria vicenda reddituale.

Alfa osserva, quindi, come AG-ACS si ponga come mero veicolo interposto deputato a riscuotere le somme e a detenerle per conto dei partecipanti, senza poter compiere sulle stesse alcun atto dispositivo e senza sopportare alcun rischio economico.

Sulla base delle sue poste considerazioni, l’istante ritiene che rispetto ai dividendi di fonte italiana:

1. non si applichi l’esenzione da ritenuta introdotta dalla legge di bilancio 2021;

2. AG-ACS non abbia titolo autonomo a godere dei benefici convenzionali;

3. rispetto agli investitori istituzionali residenti nel Regno Unito (dietro presentazione di un valido certificato di residenza) e, in particolare, rispetto a Delta, trovi applicazione l’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), del Trattato tra Italia e Regno Unito.

Parere dell’Agenzia delle entrate

In via preliminare si osserva che il presente parere è reso con riferimento all’applicazione della Convenzione tra Italia e Regno Unito, avendo l’istante limitato il dubbio interpretativo a tale Trattato.

Inoltre, per quanto attiene agli ulteriori aspetti che Alfa ha rappresentato per completare la rappresentazione della fattispecie, si condividono le conclusioni prospettate nei punti 1) e 2) della soluzione proposta dall’istante, in merito alla esclusione:

– dell’esenzione da ritenuta disposta dall’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 27 del D.P.R. n. 600/1973, come modificato dalla legge di bilancio 2021, rispetto a cui l’istante dichiara che AG-ACS non integra le condizioni applicative;

– del trattamento convenzionale direttamente nei confronti di AG-ACS, poiché l’assenza di soggettività tributaria passiva impedisce di considerare tale schema negoziale come “persona residente” nel Regno Unito ai fini convenzionali. La conclusione è avvalorata dai paragrafi 2.1.1, 9.3.2 e 9.4 del Prospetto di AG-ACS, in cui si dichiara la natura trasparente dello schema e la conseguente inapplicabilità dei Trattati contro le doppie imposizioni.

Ciò premesso, si ritiene che, al ricorrere di determinate condizioni, i benefici convenzionali sui dividendi di fonte italiana possano riconoscersi in capo ai partecipanti ad AG-ACS residenti nel Regno Unito e, in particolare, nei confronti di Delta.

Risultano, infatti, applicabili i chiarimenti resi nel Partnership Report del 1999, mutuati dal Commentario al Modello OCSE ed estesi anche a entità diverse dalle partnership.

In particolare, il Partnership Report precisa che una partnership fiscalmente trasparente non può essere trattata come persona residente, ma che, in tal caso, si riconosce ai soci della stessa la legittimazione a invocare la Convenzione stipulata dagli Stati di cui sono residenti, in relazione alla quota di reddito loro imputata, a condizione che tale reddito sia agli stessi attribuito ai fini dell’imposizione nel rispettivo Paese di residenza.

I medesimi principi sono stati applicati dall’Amministrazione finanziaria nei documenti di prassi citati anche da Alfa, in cui è delineato il trattamento dei dividendi erogati da società residenti in Italia a fondi esteri che si qualificano come trasparenti.

Più precisamente, nelle risoluzioni n. 17/E del 2006 e n. 167/E del 2008, sono state indicate le condizioni in presenza delle quali la trasparenza economica può ritenersi equiparata alla nozione di trasparenza fiscale vigente nel nostro ordinamento.

I documenti di prassi trattano specificamente dell’applicazione della ritenuta convenzionale, prevista da ciascun Trattato in vigore con il Paese di residenza dell’investitore, su dividendi di fonte italiana che transitano attraverso un fondo interposto.

A tal fine, nelle menzionate risoluzioni, richiamate anche nella circolare n. 6/E del 2016, è stato chiarito che i partecipanti a un fondo che investe in Italia possono godere del trattamento convenzionale previsto dal Trattato concluso con il Paese in cui gli stessi risiedono, purché gli utili di gestione siano loro imputati ai fini dell’imposizione nel rispettivo Stato di residenza. Tale condizione si ritiene verificata sia nel caso in cui quest’ultimo Stato qualifichi il fondo come fiscalmente trasparente e assoggetti a imposizione gli utili in capo agli investitori, indipendentemente dall’effettiva percezione (c.d. “trasparenza fiscale”), sia nel caso in cui il fondo abbia natura di mero veicolo, attraverso cui i flussi di reddito transitano in favore dei sottoscrittori, a cui sono distribuiti con cadenza almeno annuale in base a vincoli statutari e in capo ai quali sono sottoposti a imposizione nello Stato di residenza (c.d. “trasparenza economica”).

Al riguardo, dall’istanza e dalla documentazione allegata si evince che, in base alla legislazione fiscale britannica, il reddito che deriva dagli investimenti è imputato a ciascun partecipante in proporzione alla sua quota, come se lo avesse ricevuto direttamente, prescindendo dalla distribuzione.

Più nel dettaglio, dall’istanza e dai documenti esibiti risulta che:

– il reddito conseguito da AG-ACS è considerato come pagato o maturato in capo all’investitore, in proporzione al valore delle quote di partecipazione allo stesso;

– il reddito resta invariato in capo all’investitore, che quindi non riceve distribuzioni da AG-ACS, ma direttamente la tipologia reddituale che promana dallo Stato della fonte come nel caso di investimento diretto;

– la tassazione dell’investitore sulla propria quota di reddito di AG-ACS prescinde da un’eventuale distribuzione di tale reddito.

Sulla base delle esposte condizioni, si ritiene integrata la nozione di trasparenza fiscale, nel senso chiarito dai precedenti di prassi.

Il trattamento convenzionale, tuttavia, può essere riconosciuto purché i partecipanti integrino tutti i presupposti di applicazione del Trattato, ossia possano essere considerati treaty entitled e beneficiai owner.

Il treaty entitlement dell’investitore presuppone, in particolare, il requisito dell’assoggettamento a imposizione, inteso conformemente al significato convenzionale, ossia come attribuzione del reddito ai fini della assoggettabilità a tassazione, anche solo potenziale.

Ne consegue che il riconoscimento del vantaggio convenzionale è sempre subordinato al riscontro (i) della qualifica di residente ai fini del Trattato, nel senso già chiarito di soggetto passivo d’imposta, nonché (ii) del fatto che il percettore sia anche beneficiario effettivo del reddito.

In merito, si osserva che l’istante ha prodotto un certificato di residenza fiscale ai fini convenzionali, emesso dalla competente autorità britannica, per la sola società Delta, per la quale, quindi, risulta integrato il predetto requisito sub (i).

Al ricorrere di tutte le menzionate condizioni – che, richiedendo l’esame di profili fattuali, non possono comunque essere verificate in questa sede – gli investitori fiscalmente residenti nel Regno Unito, inclusa la società Delta, possono beneficiare del trattamento previsto dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della Convenzione.

In base a tale ultima norma, i ” dividendi possono essere tassati anche nello Stato contraente di cui la società che paga i dividendi è residente ed in conformità alla legislazione di detto Stato ma, se la persona che percepisce i dividendi ne è l’effettivo beneficiario, l’imposta così applicata non può eccedere: (…) b) il 15 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi. Nello specifico, la ritenuta del 15 per cento trova applicazione in mancanza di un rapporto almeno pari al 10 per cento dei diritti di voto nella società erogante.

Si ricorda, infine, che per una costante interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, (cfr. risoluzioni 24 settembre 2003 n. 183/E, 24 maggio 2000 n. 68/E, e 10 giugno 1999 n. 95/E-VII-14-60866), l’applicazione della ritenuta ridotta prevista dal Trattato costituisce una facoltà e non un obbligo per il sostituto d’imposta italiano.