CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 settembre 2017, n. 20824
Fallimento – Ammissione al passivo – Istanza all’Inps di pagamento del TFR – Ricorso giudiziario – Dati anagrafici – Mero errore materiale – Non rileva – Non sussiste totale impossibilità della identificazione del soggetto ricorrente
Considerato in fatto che:
1. La Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rigettato l’opposizione dell’Inps avverso il decreto ingiuntivo con il quale veniva ingiunto all’Istituto il pagamento di Euro 1.359,48 a favore di A.T. a titolo di TFR con compensazione delle spese relative al giudizio del Tribunale e la condanna di quelle del giudizio d’appello.
La Corte ha rilevato che in appello il T. aveva chiarito e documentato, a fronte dell’eccezione dell’Inps, i suoi esatti dati anagrafici deducendo e provando di essere nato a Pozzuoli il (…) e non nel 1981 come erroneamente indicato nel ricorso per decreto ingiuntivo e nella domanda amministrativa con la conseguenza che potevano ritenersi accertati i dati anagrafici e che era possibile esaminare nel merito la domanda.
La Corte ha quindi rilevato che già in Tribunale il T. aveva depositato la sentenza del Tribunale fallimentare con cui era stato ammesso al passivo fallimentare della soc. E.P. e che, pertanto, da tale documento poteva trarsi la prova della fondatezza della richiesta.
Ha osservato che anche nella fase amministrativa vi erano tutti gli elementi per la corretta identificazione del ricorrente.
Ritenuto in diritto che:
1.L’Inps ricorre in Cassazione denunciando , con un primo motivo , violazione degli artt 633 e 414 c.p.c. rilevando che il T., a fronte delle eccezioni dell’Inps, avrebbe dovuto indicare esattamente le sue generalità fin dal giudizio davanti al Tribunale e non già solo in appello .
1.1 Con il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 414 n. 5 e 437, 2 comma cpc.
Rileva che la Corte avrebbe dovuto rilevare la tardività del deposito del certificato attestante le generalità; che in appello il T. non aveva fornito alcuna valida giustificazione della tardiva produzione e che pertanto, era da considerarsi decaduto dal diritto di produrre il documento.
2. Il ricorso è infondato.
Va affermato, infatti, che l’erronea indicazione dell’anno di nascita del T., contenuto nel ricorso monitorio, costituiva solo un errore materiale che, tuttavia, non incideva sulla identificazione del soggetto che aveva proposto la domanda amministrativa e poi il ricorso per decreto ingiuntivo.
Risultavano, infatti, correttamente individuati il nome e cognome, il giorno ed il mese di nascita nonché il nome della società fallita di cui il lavoratore era stato dipendente, nonché il provvedimento di ammissione al passivo.
Tali dati rendevano identificabile il soggetto ricorrente e, comunque, non sussisteva la totale impossibilità di una sua identificazione. Deve affermarsi, pertanto, che l’inesatta ed incompleta indicazione delle generalità del soggetto che agisce incidono sulla validità dell’atto solo ove si traducano nell’assoluta incertezza della sua identificazione (cfr, tra le tante, Cass. n. 19709/2015, n. 24441/2015). Nella fattispecie in esame gli elementi a disposizione dei giudici di merito consentivano di superare l’erronea indicazione dell’anno di nascita e dunque l’errore si risolveva in una mera irregolarità, sanabile attraverso gli atti a disposizione della Corte.
Quanto alla tardività della produzione del certificato di residenza con i dati anagrafici del T., prodotto solo in appello, deve rilevarsi che la Corte, sia pure implicitamente ha ammesso la produzione e tale decisione non è censurabile vuoi perché fin dal primo grado vi era documentazione che consentiva di ritenere identificabile il ricorrente quale il provvedimento di ammissione al passivo, sia in quanto in appello la Corte si è limitata a consentire l’integrazione del principio di prova già esistente, idoneo a giustificare l’attivazione dei poteri officiosi ex art. 437, comma 2, c.p.c ,( cfr Cass n. 22484/2016) ammettendo il deposito di documentazione, quale il certificato di residenza con tutti i dati anagrafici, al fine di emendare l’errore materiale che risultava evidente fin dal primo grado.
3. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna dell’INPS a pagare le spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Inps a pagare le spese processuali che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per compensi professionali, oltre il 15% per spese generali ed accessori di legge.
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