CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 giugno 2017, n. 14968
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Sentenza – Mancato esame di una questione puramente processuale – Vizio di omessa pronuncia – Esclusione
Fatti di causa
Il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, sez. staccata di Pescara n. 494/06/2015, depositata in data 19/05/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso, a seguito di rideterminazione dei ricavi per il periodo d’imposta 2004 sulla base dell’applicazione degli studi di settore ex art. 62 bis della L. n. 427/1993, per maggiori imposte IRPEF, IRAP ed IVA, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente. In particolare, i giudici di appello hanno accolto il gravame dell’Agenzia delle Entrate, in quanto, a fronte dei rilievi mossi dall’Ufficio (con riguardo specifico alla spiccata antieconomicità gestionale ed alle gravi incongruenze emergenti), il contribuente non aveva addotto alcuna prova contraria.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380-bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Ragioni della decisione
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 n. 4 c.p.c., dell’art. 112 c.p.c., denunciando l’omessa pronuncia sull’eccezione pregiudiziale dell’appellato di inammissibilità del gravame proposto dall’Agenzia delle Entrate, per tardività ed intempestività del medesimo, con conseguente temerarietà della lite ex art. 96 c.p.c in secondo grado.
2. La censura è inammissibile, alla luce del costante orientamento di questa Corte secondo il quale il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo a vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, potendo profilarsi, invece, al riguardo, un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 cod. proc. civ. se , ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data da detto giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. 3927/2002; Cass. 22860/2004; Cass. 4191/2006; Cass. 321/2016);
3. Il ricorrente, con il secondo motivo, lamenta, inoltre, la violazione e falsa applicazione degli artt. 54, comma 1 e 23, comma 1 del D.Lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., avendo la C.T.R. dichiarato tardiva la costituzione di esso appellato, in difetto dei presupposti di legge (atteso che l’atto di appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e notificato a mezzo servizio postale il 23/01/2013 era pervenuto il 25/01/2013, cosicché la costituzione in giudizio dell’appellato era avvenuta nel rispetto dei termine di 60 giorni normativamente previsto), e conseguentemente omesso di esaminare l’eccezione, sollevata con le controdeduzioni in appello, di inammissibilità del gravarne dell’Ufficio e di condanna dell’appellante per lite temeraria.
4. La suddetta censura è assorbita,. stante l’inammissibilità del primo motivo di censura, processualmente preliminare al secondo.
5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2.500,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 de 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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