CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2773 depositata il 30 gennaio 2023

Tributi – Avviso di accertamento per imposte dirette e IVA – Operazioni prive di fatture e non contabilizzate – Allegazione e produzione in giudizio dei documenti sui quali si fonda l’atto impositivo – Errori logici e di calcolo commessi nella ricostruzione del reddito – Sottoscrizione degli avvisi di accertamento in rettifica – Rigetto

Fatti di causa

Z.A., esercente l’attività di autoriparazione, proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento, per imposte dirette e IVA, relativo all’anno 2007, con il quale l’Agenzia delle Entrate rettificava il reddito dichiarato, ai sensi degli artt. 39, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, a seguito delle risultanze emerse dalla verifica fiscale, nel corso della quale era stata rinvenuta documentazione extracontabile contenente annotazioni di operazioni, prive di fatture e non contabilizzate.

Dalla sentenza impugnata si evince che la Commissione tributaria provinciale di Caserta aveva rigettato il ricorso.

La Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello proposto dal contribuente, osservando che:

– le eccezioni riguardanti la violazione del diritto di difesa e il difetto di motivazione dell’avviso impugnato, per non avere l’Ufficio allegato all’avviso di accertamento il PVC e la documentazione richiamata, erano infondate, trattandosi di atti già conosciuti dal contribuente a cui il PVC era stato in precedenza notificato;

– nel merito, la pretesa era fondata, in quanto l’accertamento dei maggiori ricavi si fondava su documentazione extracontabile (costituita da annotazioni personali del contribuente), rinvenuta nei locali aziendali, dalla quale si desumevano operazioni di acquisto e vendita, non contabilizzate.

Z.A. propone ricorso per cassazione con tredici motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso, il contribuente deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 24, 101 e 111 Cost., 132 cod. proc. civ. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per difetto di motivazione, essendo la sentenza impugnata una mera riproduzione fotostatica della sentenza n. 10481/49/14, priva di valutazione autonoma.

2. Con il secondo motivo, il contribuente deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 24, 101 e 111 Cost., 132 cod. proc. civ. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per error in procedendo, avendo la CTR affermato che la CTP aveva rigettato il ricorso del contribuente, mentre il ricorso era stato parzialmente accolto.

3. Con il terzo motivo del ricorso, il contribuente deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per motivazione apparente circa un fatto decisivo della controversia, riguardante la mancata allegazione, all’avviso di accertamento, del PVC e dei documenti in base ai quali era stata effettuata la ricostruzione induttiva del reddito.

4. Con il quarto motivo, deduce la violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 132 cod. proc. civ., 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per motivazione mancante o apparente, non avendo la CTR elencato gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento.

5. Con il quinto motivo, deduce la violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per carenza assoluta di motivazione, avendo la CTR omesso di indicare ed esaminare i fatti storici e giuridici rilevanti, consistiti nelle contestazioni sollevate dal ricorrente nell’atto di appello con riferimento alla inattendibilità della documentazione posta alla base della ricostruzione induttiva del reddito e ad una serie di errori commessi dai verificatori.

6. Con il sesto motivo, deduce la nullità della sentenza, per violazione degli artt. 24, 101, 11 Cost., (ndr 111 Cost.) 132 n. 4 cod. proc. civ. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per motivazione incomprensibile.

6.1 I predetti motivi – che, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente, riguardando tutti l’assenza o l’apparenza della motivazione – sono infondati.

6.2 E’ stato più volte affermato che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., Sez. U.3.11.2016, n. 22232).

6.3 La motivazione della sentenza impugnata non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto esprime un nucleo di “valutazione autonoma”, con particolare riguardo alla questione della allegazione dei documenti richiamati nell’avviso di accertamento e al merito della pretesa, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto, per detta parte, il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053).

6.4 Occorre altresì rilevare che l’identità di motivazione riscontrabile nella sentenza impugnata e in quella recante il n. 10481/49/14, pubblicata dalla stessa CTR nel medesimo giorno, non integra il vizio di motivazione apparente, visto che le questioni esaminate erano simili e gli accertamenti – che riguardavano diversi anni di imposta, ma lo stesso contribuente – erano scaturiti dallo stesso PVC.

6.5 L’inesatta indicazione relativa all’esito della decisione di primo grado, poi, configura un evidente errore materiale che non incide sul contenuto della sentenza di appello.

7. Con il settimo motivo, denuncia “errores in procedendo” per omessa pronuncia sul motivo di appello, riguardante la dedotta violazione del diritto di difesa, per non avere l’Ufficio allegato all’atto impugnato il PVC e i documenti in base ai quali era stata effettuata la ricostruzione induttiva del reddito.

8. Con l’ottavo motivo, denuncia “errores in procedendo” per omessa pronuncia sul motivo di appello, riguardante la dedotta violazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., per non avere la CTR esaminato un fatto discusso tra le parti e decisivo, relativo all’inattendibilità degli atti presupposti al PVC e agli errori logici e di calcolo, commessi nella ricostruzione del reddito e rilevati dal contribuente.

9. Con il nono motivo, deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per omessa pronuncia sul motivo di appello, relativo all’illegittimità della sentenza di primo grado per mancata allegazione e produzione in giudizio dei documenti presupposti all’accertamento.

9.1 I suindicati motivi – che possono essere esaminati unitariamente, in quanto attengono alla medesima questione dell’asserita omessa pronuncia su alcuni motivi di appello – sono infondati.

9.2 La CTR ha esaminato, sia pure in modo conciso, sia la questione della mancata allegazione e produzione in giudizio dei documenti sui quali si fondava l’atto impositivo (“In via preliminare va disattesa l’eccezione avanzata dalla parte inerente la violazione del diritto alla difesa per non avere l’ufficio accertatore allegato all’atto ora impugnato la documentazione relativa al processo verbale redatto dalla polizia tributaria. L’assunto è infondato. Invero, orientamento consolidato della Suprema Corte vuole che non vanno allegati all’atto impositivo gli atti impugnati quando di essi il contribuente abbia in precedenza avuto integrale e legale conoscenza (Cass. n. 11722/2010). Invero, le risultanze dell’accertamento sono state notificate alla parte il 10.3.2010, così rendendo edotta la parte degli addebiti mossi dall’Amministrazione Finanziaria. Identicamente infondata appare l’eccezione di difetto di motivazione dell’atto impugnato, giacché lo stesso con il richiamo della complessa vicenda preliminare a posto in condizione il contribuente di difendersi. Ed infatti tanto è puntualmente occorso nel presente giudizio”), sia quella relativa al merito della pretesa e, quindi, all’attendibilità dell’accertamento (“il maggiore accertamento risulta emergere dal rinvenimento, nei locali aziendali, della documentazione extracontabile dalla quale è stato possibile verificare l’esistenza di attività, acquisti e vendite, non dichiarate e priva di valida giustificazione contabile. Sono state, ancora, rinvenute schede prive di documentazione contabile. Tale documentazione legittimamente reperita presso la sede dell’impresa, ancorché consistente in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e nell’adempimento degli obblighi di legge.

Qualora pertanto a seguito di ispezione, venga rinvenuta presso la sede dell’impresa documentazione non obbligatoria astrattamente idonea ad evidenziare l’esistenza di operazioni non contabilizzate, tale documentazione, pur in assenza di irregolarità contabili, pertanto, non può essere ritenuta di per sé problema probatoriamente irrilevante dal giudice. Ciò posto, l’art. 39, primo comma, lett. c), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 consente di procedere alla rettifica del reddito anche quando l’incompletezza della dichiarazione risulta “dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti”, da cui derivino presunzioni semplici, desumibili anche da documentazione extracontabile ed in particolare da contabilità in nero, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. cod. civ. Tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi e o monetari, i singoli atti di impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta. La mancata giustificazione del quadro economico emergente a seguito dell’accertamento e l’assenza di convincenti elementi in favore della prospettazione data dalla ricorrente inducono a ritenere infondato l’appello”), anche con riferimento agli elementi indicati dal contribuente.

9.3 L’ottavo motivo, poi, nella parte in cui viene formulato anche come omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., è inammissibile per il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134 (da considerarsi tale con riferimento alla parte della pretesa confermata in appello e oggetto di ricorso per cassazione), ed applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 31.10.2013.

9.4 La fattispecie di cui art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., nel testo novellato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, esige, in ogni caso, che l’esistenza del vizio denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

9.5 Si tratta di censura che impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (ex plurimis, Cass. Sez. U. 07/04/2014 n. 8053).

9.6 Questa Corte ha anche avuto modo di chiarire che “In tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa” (ex plurimis, Cass. n. 17761 del 2016);

9.7 Il ricorrente non si è attenuto alle suddette prescrizioni, in quanto ha richiamato alcune parti dei propri atti difensivi, formulando un motivo generico che mira ad attingere il giudizio di fatto operato dal giudice di appello con riferimento alla valutazione delle prove.

10. Con il decimo motivo, denuncia la violazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., non avendo la CTR considerato la violazione del principio dell’onere probatorio da parte dell’Amministrazione finanziaria, stante la mancata produzione in giudizio del PVC e della documentazione extracontabile sulla scorta dei quali è stato emesso l’avviso di accertamento, essendo stato prodotto solo un prospetto riportante le annotazioni effettuate nelle tre agende oggetto di verifica.

10.1 Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo il ricorrente trascritto o localizzato le parti degli atti difensivi e degli atti processuali, dai quali sia possibile desumere la mancata produzione della menzionata documentazione.

11. Con l’undicesimo motivo, denuncia la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, 39 e 40 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., non avendo la CTR compiuto una corretta valorizzazione delle presunzioni acquisite nel processo.

11.1 Il motivo è inammissibile, in quanto mira, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge e dell’error in procedendo, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U. 27.12.2019, n. 34476);

12. Con il dodicesimo motivo, deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per omessa pronuncia sul motivo di appello, relativo alla nullità della sentenza di primo grado per non avere la CTP dichiarato la illegittimità dell’atto impugnato per violazione dell’art. 53 Cost., in relazione al principio di capacità contributiva.

12.1 Il motivo è infondato, posto che non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. 6.12.2017, n. 29191); nella specie, avendo la CTR ritenuto fondata la pretesa, si è implicitamente pronunciata anche sul motivo riguardante l’asserita illegittimità dell’atto impositivo per violazione dell’art. 53 Cost.

13. Con il tredicesimo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, 56, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., e la nullità dell’intero procedimento amministrativo e giudiziale per inesistenza dell’avviso di accertamento, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 37 del 2015; aggiunge, inoltre, che l’avviso di accertamento, pur risultando sottoscritto dal Direttore provinciale, non ne indica il nominativo e reca una firma illeggibile, mancando la prova della titolarità del soggetto che si qualifica Direttore provinciale e del suo potere di firma.

13.1 Il motivo è in parte infondato, in quanto, come questa Corte ha più volte chiarito, “In tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002 – 2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012” (Cass. 26/02/2020, n. 5177; conformi, ex plurimis, Cass. 10/12/2019, n. 32172; Cass. 09/11/2015, n. 22800).

Ne deriva che, per il mero effetto della richiamata pronuncia del giudice delle leggi sulla legittimità della qualifica dirigenziale del soggetto che ha sottoscritto l’atto, non si produce la nullità degli accertamenti, eccepita dal contribuente;

13.2 Il motivo è per il resto inammissibile, in quanto l’eccezione riguardante l’asserita carenza di potere del funzionario sottoscrittore dell’atto impugnato, a prescindere dalla sua infondatezza, risulta sollevata per la prima volta in sede di legittimità, non avendo il ricorrente dimostrato di averla dedotta con il ricorso introduttivo e di averla riproposta in appello.

Il ricorso va, quindi, rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna Z.A. al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi euro 5.600, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.